RADICALI ROMA

Beppe Grillo sullo stadio, smontato punto per punto

Di Paolo Violi.

Il nuovo accordo del Comune di Roma per lo stadio della Roma è stato molto criticato. Già l’intesa originale aveva dei bei problemi, come ad esempio la proprietà dello stadio, che non è della A.S. Roma ma di un’altra società che lo affitterà alla squadra. C’era molto da migliorare, e invece si è fatto peggio, solo per inseguire alcuni pregiudizi. A seguito delle polemiche, arriva la difesa di Beppe Grillo, significativamente intitolata “L’architettura nelle città secondo il Movimento 5 Stelle“. Un intervento molto colorito, ma anche pieno di ideologia e inesattezze. Proviamo a guardarlo da vicino.

Nella foga del risultato forse sono stati citati solo numeri legati ai metri cubi tagliati ed alla qualità energetica ottenuta.

L’incipit è già un piccolo capolavoro. Viene dato per scontato che i metri cubi tagliati siano una cosa positiva, sorvolando su cosa questa scelta comporti. Come prima cosa, elimina la parte privata più pregiata e interessante per la città, cioè le torri di Daniel Libeskind – ma su questo torneremo poi.
Contestualmente, diminuiscono le opere pubbliche di cui dovrà farsi carico il privato. Va da sé che le opere eliminate siano quelle più costose, cioè le più strategiche. Già il progetto originario sollevava molti dubbi in fatto di mobilità, per esempio per la mancanza di uno studio di fattibilità sul prolungamento della metro B e sul potenziamento della ferrovia Roma-Lido. Con queste premesse, ridurre ulteriormente le opere pubbliche non è stata una grande idea: una rogna in meno per i costruttori, una in più per i romani, quando proveranno ad andare nella zona nuova.

Forse e’ giusto fare chiarezza: il programma del Movimento ha una visione forse più ampia di quanto possiate comprendere.

Fa piacere che ci sia stima: siamo noi che non comprendiamo. Una captatio benevolentiae al contrario.

Mi rendo conto che le critiche accademiche (che parlano solo nell’emergenza), hanno taciuto decisamente di fronte a quello che le città italiane sono diventate negli anni passati: luoghi ingestibili, dove le speculazioni edilizie hanno creato interi quartieri, intere conurbazioni senza servizi (altro che oneri!!) e che ora le amministrazioni devono gestire, mantenere, strutturare, migliorare e rendere vivibili ed accessibili.

Che la critica accademica abbia taciuto i problemi delle città è fantasia. Al contrario, il dibattito degli specialisti da anni si occupa di come risarcire i danni di una crescita urbana disordinata. Piuttosto, mi sembra il tentativo di delegittimare le critiche razionali (e fondate, in questo caso) che può facilmente muovere chiunque abbia un minimo di competenza nei confronti di un pessimo accordo sullo Stadio della Roma, figlio delle contraddizioni interne al Movimento 5 Stelle, e non certo a una diversa visione di città.

Il passo più bello è dove afferma che le speculazioni edilizie hanno creato

intere conurbazioni senza servizi.

Vediamo un po’: come potrebbero essere ad esempio uno Stadio e un quartiere direzionale isolati dal resto della città e con scarsi collegamenti? Il taglio alle cubature tanto sbandierato, nel ridurre le opere pubbliche per la mobilità, diminuisce infatti proprio la capacità del nuovo intervento di collegarsi con il resto della città.

Il leader M5S, poi, approva il ‘taglio’ delle torri dal progetto del nuovo stadio.

Perché la verticalità deve essere sempre sinonimo di qualità? Chi lo dice? Esistono esempi di interi quartieri che si sviluppano in orizzontale senza smania di verticalità, che a fronte sello sviluppo orizzontale aumentano la qualità della vita il rapporto con l’uomo e migliorano l’impatto ambientale”, scrive Grillo facendo gli esempi del quartiere Kronsberg ad Hannover, dei quartieri Vauban e Riesenfeld a Fribugo e del quartiere Reinberg a Vienna.

L’elogio dell’orizzontalità. Qui siamo nel regno dell’intrattenimento. Non esiste un modello di edificio perfetto, né verticale, né orizzontale. Ci sono mille ragioni per scegliere l’una o l’altra tipologia, o le infinite varianti che ci sono nel mezzo. La storia dell’architettura degli ultimi due secoli non ha ancora detto una parola definitiva. Ma evidentemente il Movimento ha visto più lontano. La Scuola di Chicago, Louis Sullivan, Mies van der Rohe (tanto per citare alcuni gloriosi protagonisti della storia del grattacielo) – non avevano capito. O forse erano anche loro erano legati alla vecchia politica, chissà.
Che le costruzioni basse riducano l’impatto ambientale è del tutto fuori luogo, ma ci torno più avanti.
Anche qui, il discorso sembra una semplice giustificazione di un pessimo accordo. Stavolta per aver eliminato le torri di Daniel Libeskind, la parte più qualificata del nuovo intervento. Considerato che l’amministrazione non ha neanche verificato l’effettiva collocabilità del business park sul mercato, non è una buona idea disfarsi degli immobili che più di altri possono suscitare interesse. Inoltre, nella competizione globale, le opere architettoniche di architetti famosi sono un attrattore per gli investimenti migliori, e quindi aumentano le possibilità di sviluppo economico. Le torri avrebbero dato un respiro internazionale al nuovo intervento, ridando lustro a una città screditata che ne ha un disperato bisogno.

Poi si cita

il nuovo quartiere di Trento con il suo museo delle scienze, di Renzo Piano, che non ha certo necessità di torri per essere goduto e visitato.

Certo. C’è uno splendido progetto a Trento fatto senza torri. Non vuol dire che le torri non si possano fare altrove. E così, per la cronaca: lo studio di Renzo Piano fa anche grattacieli.

La visione futura più sensata in uno Stato che non riesce neppure a tenere puliti i bagni pubblici, che non sa parlare di energia se non per propaganda, che non ha la capacita’ gestionale di un territorio complesso, che non riesce a gestire appalti perché corrotti è di iniziare a controllare, a fare un passetto indietro per andare avanti meglio, con più sicurezza

insiste Grillo, secondo il quale

il consumo di suolo per generare oneri e servizi non può essere il motore continuo di sviluppo.

Sorvoliamo per brevità sulla miscela di argomenti usati per descrivere la condizione dell’Italia (bagni pubblici, energia, corruzione). Nella conclusione, arriva l’arma ideologica finale: il consumo di suolo. Ammettiamo pure che questa sia la priorità per Roma (e chi scrive non lo pensa affatto): scegliere edifici bassi invece che edifici alti non riduce affatto il consumo di suolo! Basta pensare a quanto terreno può occupare un grattacielo, e poi immaginare quanto ne serve per lo stesso edificio, ma messo per orizzontale. Le cubature tagliate sono in gran parte quelle dei volumi aerei (cioè l’estensione verticale delle torri): se volevano proteggere il suolo dovevano eliminare gli edifici bassi, non le torri!

La conclusione, però, è seria. Affermare che bisogna

fare un passetto indietro per andare avanti meglio

mi sa, nel migliore dei casi, di decrescita felice. Che poi così felice non è, come abbiamo potuto sperimentare in questi anni di crisi. Nel caso peggiore, invece, sembra solo un artificio retorico per giustificare una continua involuzione, e scelte irresponsabili dettate dalle contraddizioni interne al Movimento 5 Stelle che proiettano un’ulteriore ombra sul futuro della capitale, già ampiamente compromesso.
La retorica fantasiosa, piena di immagini e suggestioni, ha un suo innegabile fascino. Ma quando è slegata dalla realtà, e viene usata da una persona che ha smesso i panni di un semplice uomo di spettacolo, per vestire quelli del leader politico, cambia tutto. Perché gli argomenti di cui si parla in questo caso, e cioè la città e i luoghi dove vivono le persone, non sono una gag.