RADICALI ROMA

Sull’ex-centro accoglienza di via Scorticabove occorre far chiarezza

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Dal 2015, insieme ad altre organizzazioni che già si erano avvicinate a quel contesto, siamo entrati in contatto con i rappresentanti del comitato dei sudanesi che vivevano a via di Scorticabove.
Era un momento delicato in cui la cooperativa “Casa della solidarietà”, che gestiva il progetto di accoglienza all’interno dello stabile, stava interrompendo il rapporto con il Comune di Roma. Fu tentata una mediazione con l’ente gestore, a cui parteciparono anche le persone rifugiate accolte, senza ottenere risultati apprezzabili.
L’istanza principale portata avanti -da anni- dai rifugiati sudanesi è la richiesta di uno spazio in cui mantenere quel tratto comunitario che ha contraddistinto e rafforzato la permanenza a via di Scorticabove: un’organizzazione davvero esemplare, che tuttavia non è mai riuscita a essere trasferita in un luogo al riparo da minacce di sgombero. Uno dei limiti incontrati, purtroppo, è legato alla precarietà lavorativa degli inquilini, che non ha permesso loro di portare avanti il proposito di versare la rata mensile dell’immobile in cui si trovavano.
Dal 2015, infatti, non è stato saldato l’affitto al proprietario dello stabile, che ha provveduto a recuperarlo seguendo la procedura dello sfratto a carico della cooperativa: quest’ultima, da parte sua, non si è mai preoccupata di avvisare gli inquilini (80  sudanesi titolari di protezione internazionale), che ieri mattina all’arrivo della polizia sono rimasti basiti.
Il Comune, a questo punto, è intervenuto come può, ovvero offrendo posti in emergenza, sicuramente poco dignitosi per chi vive da anni in Italia, oltre che spaventosamente temporanei: posti che però, in questo preciso momento e considerando che l’unica alternativa valida è quella della strada, sarebbe opportuno prendere in considerazione. Il periodo di accoglienza, infatti, potrebbe essere utile a pianificare seriamente e concretamente quel progetto di convivenza, valorizzando gli aspetti positivi della vita comunitaria.
Non è di alcuna utilità raccontare parzialmente i fatti senza tentare di promuovere e appoggiare soluzioni già individuate e disponibili, per quanto minime e provvisorie: e il tempo trascorso per strada è inversamente proporzionale alla possibilità di portare avanti veri e propri progetti di autonomia.