RADICALI ROMA

Congresso Radicali Roma: la relazione del Segretario Massimiliano Iervolino

Relazione di apertura del Segretario Massimiliano Iervolino

 

Care compagne, cari compagni, cari amiche e cari amici

è difficile scrivere una relazione dopo un anno e mezzo così pieno di avvenimenti e di iniziative politiche, si corre il rischio di essere troppo lunghi e di distogliere l’attenzione dovuta. Ma non posso esimermi dall’iniziare questa relazione attraverso un documento di archivio che non conoscevo e che, grazie al giornale telematico Notizie Radicali, ho potuto leggere ed apprezzare. Mi riferisco all’appello di Lorena D’Urso, figlia del giudice Giovanni D’Urso rapito dalle BR il 12 dicembre 1980. Lorena, grazie al Partito Radicale, che le concesse il suo pur esiguo spazio televisivo in una tribuna politica, si recò in televisione per appellarsi alle Br e ai direttori dei giornali. Il suo discorso iniziò con le seguenti parole: “Sono Lorena D’Urso. Stavo venendo con mia madre, ma purtroppo si è sentita male. Allora parlo io; il Partito Radicale ci ha concesso questi 4 minuti per parlare, a me e a mio padre, Giovanni D’Urso, e voi perché sappiate e ci aiutate. Siamo infatti agli ultimi minuti, contro una tragedia immensa, barbara; e possiamo forse ancora arrivare in tempo se tutti dopo avermi ascoltato vi muoverete, farete qualcosa. In primo luogo i direttori dei pochi, grandi giornali, dai quali dipende, oltre che dalle BR, la vita di mio padre”. Come ben saprete il giudice venne liberato tre giorni dopo, soprattutto grazie all’azione del Partito Radicale che contrastò quel gruppo di potere politico e giornalistico che voleva la morte di D’Urso per giustificare l’imposizione, in Italia, di un governo “d’emergenza” costituito da “tecnici”. Questo documento di archivio ha richiamato la mia attenzione per due motivi più che mai attuali.

In primo luogo, Lorena, come molti altri nella nostra storia, con il proprio vissuto portò a conoscenza di milioni di persone la sua tragedia familiare più che mai collegata alla tragedia di un Paese che, in quegli anni, rischiava il baratro. La mancanza di legalità e di stato di diritto faceva strage di persone, perseguendo il principio secondo cui il fine giustifica i mezzi. La nostra storia è la storia dell’individuo che, con il proprio corpo e con la propria esperienza di vita, ha incarnato un’iniziativa politica. Basti pensare ad Enzo Tortora e alla battaglia sulla “giustizia giusta”; a Leonardo Sciascia e ai “professionisti dell’antimafia”; a Sergio D’Elia che consegnò Prima Linea alla lotta non violenta del Partito Radicale; ai tanti altri individui che hanno fatto la nostra storia come Domenico Modugno, Maria Teresa Di Lascia, Adelaide Aglietta, Adele Faccio e, per arrivare ai giorni nostri, a Luca Coscioni che si è battuto per la libertà di ricerca scientifica e a Piergiorgio Welby per l’eutanasia. L’individuo, sì proprio lui, che si mette in gioco e trascina il Paese nel dibattito, nel dover decidere, nel vivere la quotidianità e quindi nel vivere la politica. Lo stesso individuo che venne messo al centro durante tangentopoli attraverso l’iniziativa radicale degli autoconvocati delle sette e mezza del mattino, dove coloro che ricevettero avvisi di garanzia, sì proprio loro, liberi da vincoli di partito, potevano dare il meglio di sé, perché oramai svincolati dal pensiero della rielezione, dal pensiero della disciplina, dal pensiero delle correnti e dal pensiero unico della partitocrazia, ritrovandosi così da soli, da individui liberi, a poter concepire, sotto varie forme, la libertà di associazione. Dico questo perché la tragicità dei giorni nostri ha bisogno di persone, di individui, che riescano a vedere oltre il proprio orticello, che riescano a dare corpo e forma al malcontento e alla speranze della gente. Tutti dobbiamo essere pronti a metterci in gioco per formare quella nuova classe dirigente pronta a guidare il Paese, di cui Pannella ha parlato all’ultimo Congresso. Non mi riferisco solo a noi radicali, ma faccio e voglio fare fiducia ai tanti individui capaci di vedere oltre il proprio naso e proprio a loro chiedo di liberarsi dalle paure, di liberarsi dai vincoli e dalle discipline di partito e di diventare loro stessi partito, di essere e divenire “speranza”. Abbiamo bisogno di ognuno di voi per mandare a casa un “regime a due gambe” che prima o poi, comunque, arriverà alla sua fine.  

Il secondo motivo per cui ho iniziato la mia relazione attraverso il ricordo delle parole di Loredana D’Urso è dovuto al ruolo fondamentale che ebbe in quella vicenda l’informazione radicale, le visite dei nostri parlamentari nelle carceri di Palmi e di Trani, la non-informazione dei mass media ufficiali e le lettere di Leonardo Sciascia ai direttori dei giornali. Bene, tutto questo, anche se con le dovute proporzioni, mi ha richiamato alla mente la battaglia che i nostri parlamentari hanno portato avanti in questi ultimi quattro mesi, tramite occupazioni e mobilitazioni non violente. Mi riferisco al ripristino della legalità inerente alla nomina del Presidente della Commissione di vigilanza della Rai, tardata di molto tempo per l’irresponsabile gioco partitocratico dei parlamentari delle due fazioni. Questi ultimi si sono affrettati a dire: “Ma che volete che importi alla gente di questa nomina?” e la ragione risiede nel fatto che non si rendono conto, oppure fanno finta di niente, che l’illegalità crea strage di diritto e di persone, dove tutto alla fine è permesso perché sono proprio loro, i signori che ci rappresentano, i primi a non rispettare le leggi. E la legalità è il tema centrale del nostro Congresso e proprio per questo abbiamo scelto questo slogan: “Legalizzare Roma, si può, si deve!”. Basta entrare in aula consiliare per vedere come si comportano i consiglieri comunali per capire il loro rispetto delle istituzioni. Più che in Aula Giulio Cesare sembra di stare ad un mercato rionale, che, al momento delle votazioni, si trasforma nel “teatro” dei pianisti. Tale fenomeno è recentemente diminuito anche grazie alle nostre denunce e all’ordine del giorno da noi scritto, e presentato da Gianluca Quadrana, durante la discussione del bilancio 2006: la sua approvazione ha permesso la consultazione da parte dei cittadini, a partire da questa consiliatura, delle registrazioni audio-video delle sedute. Questione di legalità anche quella inerente alla proposta di delibera popolare sul Registro delle Unioni Civili. Ricordiamo tutti quanto è stato difficile far rispettare lo statuto, ricordiamo bene le parole dell’allora Presidente del Consiglio Comunale Mirko Coratti che, attraverso un comunicato stampa di risposta alle nostre richieste di calendarizzazione di quella proposta, rispose: “Rispetteremo lo statuto lì dov’è possibile”. Una frase detta da colui che venne nominato proprio per garantire il rispetto delle regole. Anche qui mancanza di legalità. Qualcosa di superficiale che non interessava alla gente? Che lo vadano a dire alle 10.263 persone che firmarono la nostra proposta nell’intento di vedere, dopo anni di promesse, finalmente discusso e votato in Campidoglio il Registro delle Unioni Civili.

L’illegalità diventa ancora più lampante quando c’è una campagna elettorale: manifesti di tutti, ripeto di tutti, i partiti, tranne il nostro, affissi ovunque, contro ogni rispetto delle leggi e del decoro urbano, aspettando la prossima sanatoria che cancelli tutti i peccati. Guardando i risultati delle ultime campagne elettorali romane, specie per le preferenze, mi verrebbe da chiedere come personaggi sconosciuti, o poco conosciuti, possano raggiungere una quantità di voti tale da fare invidia anche ad alcuni blasonati leaders nazionali. Mi chiedo e vi chiedo: ma esiste un magistrato che abbia la mia, o magari la nostra, stessa curiosità? Ad ogni elezione noi dobbiamo essere pronti ad autotassarci per finanziare la nostra campagna elettorale e quella del partito, mentre costoro hann
o la possibilità di avere soldi e finanziamenti in modi illegali. Quindi come meravigliarsi per il nostro 0.7% a Roma? Chi sapeva della presenza delle Liste radicali Bonino alle elezioni comunali, provinciali e municipali? Certo, poi ci sono tanti altri fattori che hanno influenzato quel voto e almeno due vanno annoverati. In primis l’assenza del simbolo a livello nazionale, regalo dei “democratici”, ed in secondo luogo la difficoltà di far accettare al nostro elettorato il candidato Rutelli, specie dopo pochi mesi dalla battaglia sulle unioni civili. Però questa scelta era obbligata visto che non potevamo certo allearci con il PD a livello nazionale e poi opporvisi a Roma. Ma, come sempre, noi siamo stati responsabili e ne abbiamo pagato abbondantemente il prezzo, mentre costoro ci hanno imposto di non presentare il simbolo a livello nazionale e allo stesso tempo ci hanno imposto a Roma un candidato dall’alto. Costoro hanno perso sia a livello nazionale che a livello locale, ma che prezzo politico hanno pagato? si sono dimessi? Hanno cambiato qualcosa nel metodo? Non mi sembra. Io avevo il mio candidato ideale a Sindaco di Roma e dissi il suo nome ad alta voce: Mina Welby.

Ma ritornando all’illegalità diffusa che ha contraddistinto anche le ultime elezioni, è mai possibile che non esista un magistrato che ci abbia convocato per recepire la nostra video-inchiesta sugli ospedali Romani e la “pillola del giorno dopo”? Filmato che documenta come il 50% degli nosocomi romani non prescrive questo farmaco di urgenza contro ogni legge: comportamento illegale che danneggia migliaia di donne che, il sabato sera nella paura di una gravidanza indesiderata, vagano per gli ospedali romani alla ricerca di un medico che faccia il proprio sacrosanto dovere. E’ una questione di legalità. Sicuro che anche questo non interessi ai cittadini? Voglio ringraziare repubblica.it che, pubblicandoci questo video, ha dato la possibilità a milioni di persone di vedere quanto da noi denunciato pubblicamente. Ripeto non c’è stato un pubblico ministero che ci abbia interpellati. Questo per voi è un paese normale? Da anni portiamo avanti, grazie all’Avvocato Alessandro Gerardi, delle denuncie contro questi medici obiettori, riscontrando sempre ostacoli sia dal Pm che dal Gip, mentre la situazione si aggrava anche all’interno delle oramai fatiscenti strutture consultoriali romane. Grazie ad un’inchiesta telefonica registrata a cura di Katia Jacobelli, inchiesta antecedente a quella video, abbiamo denunciato come sommando i consultori di Roma irraggiungibili telefonicamente e materialmente a quelli impossibilitati a fornire la prescrizione, 29 consultori su 51 (56.8%) per diversi motivi non offrano né informazioni, né i servizi richiesti. Secondo gli obiettivi previsti dalla legge 34/1996, dovrebbe esserci un consultorio familiare ogni 20 mila abitanti, ma anche se considerassimo tutte le 51 strutture romane funzionanti, nella nostra città avremmo all’incirca un consultorio ogni 49 mila abitanti. La situazione reale è ancora più allarmante, siamo vicini ad avere una struttura familiare ogni 80 mila abitanti, un numero quattro volte superiore rispetto a quello minimo previsto dalla legge. Anche questo è un problema di leggi non rispettate e quindi di legalità. Non si interviene per reale mancanza di risorse finanziarie, o come io credo, non lo si fa per paura di dar fastidio ad Oltretevere, bacino di voti, di clientele e quindi di potere. Noi non abbiamo timore a denunciarlo: lo dissi pubblicamente in aula Giulio Cesare durante la presentazione e discussione della delibera popolare sulle unioni civili. Certo non esiste solo il rapporto di “potere” con il Vaticano. L’ultima trasmissione di Report “L’oro di Roma” e quella subito precedente alle elezioni, intitolata “I Re di Roma”, dimostrano bene come esistano rapporti di concussione tra politica e affari. Questo comporta che durante le elezioni il singolo partito o il singolo candidato ha a disposizione milioni e milioni di euro per la propria campagna elettorale. Questo comporta che qualora una persona capace decida di fare politica non potrà fare altro che accodarsi al capo fazione di turno, nella speranza che lo serva bene e nella speranza che costui gli faccia iniziare una carriera politica partendo dal municipio, passando per il comune e magari arrivando un giorno ad aver dimostrato di aver un buon pacchetto di voti e allora sì che potrà anche pensare alla Regione. Alla faccia del merito! Volete che con questi metodi nasca da noi un Obama? Negli Stati Uniti non esiste il finanziamento pubblico dei partiti e quello privato è assolutamente trasparente. Tutti sanno che le due campagne elettorali di Bush sono state finanziate anche con i soldi delle industrie delle armi ed il cittadino americano su questo ha potuto farsi un’idea, certo secondo noi sbagliata votandolo, ma come spesso diciamo, l’unica democrazia che non ha vissuto né fascismi, né comunismi, né nazismi ha avuto anche questa volta gli anticorpi necessari per sconfiggere i propri errori. E proprio questi anticorpi hanno portato alla vittoria la speranza Obama. Invece da noi tutto il servizio pubblico è occupato, da quello dei trasporti a quello sanitario: è controllato dai partiti e da persone per la maggior parte incompetenti, ma che possiedono “tessere”. Queste “personalità” vengono piazzate in posti di primo ordine per decidere e governare servizi che influenzano la vita quotidiana di tutti noi, e quando c’è un minimo di privato ci troviamo di fronte non agli oligopoli, ma al monopolio assoluto, con commistioni politiche. In  questi giorni più che mai evidenti sulla questione rifiuti. Ma sia il “governo” della cosa pubblica, sia il monopolio dei privati garantisce ai partiti soldi e voti. Possiamo oggi affermare che questo sistema di governare appartiene solo ad una delle due parti politiche? Assolutamente no!  Proprio per questo l’analisi radicale, prima di tutto attenta al metodo e poi al merito, anche perché questo ultimo viene assolutamente influenzato dal primo (i mezzi prefigurano i fini), continua ad essere quella dei palermitani e dei corleonesi.

Nell’intento di far conoscere a più persone possibili i costi della non-democrazia abbiamo presentato sette interrogazioni di iniziativa popolare rivolte al Sindaco di Roma Gianni Alemanno, due delle quali proprio sui temi di sopra riportati. Infatti abbiamo chiesto innanzitutto a quanto ammonti il mancato introito annuale per il Comune di Roma dovuto al privilegio dell’esenzione ICI concesso agli enti ecclesiastici per lo svolgimento di attività di natura non esclusivamente commerciale (Causi lo stimava intorno ai 25 milioni di euro) ed anche come  pensa di reperire le risorse sottratte al bilancio per compensare l’ammanco, al fine di garantire i servizi che l’amministrazione capitolina deve fornire ai suoi cittadini. Inoltre vogliamo sapere se gli immobili in proprietà, diretta o indiretta, del Comune di Roma siano stati assegnati in locazione o comodato d’uso, oneroso o gratuito, a partiti politici, sindacati o associazioni ad essi collegati e quali siano nel dettaglio. Nell’eventualità in cui tali assegnazioni siano a titolo oneroso, vogliamo conoscere quale sia il canone corrisposto all’amministrazione cittadina per ogni singolo stabile.

Prima di consegnare questi testi s’è preferito temporeggiare per leggere la bozza del documento di programmazione finanziaria del Comune di Roma che, ricordiamo, andrà in discussione tra breve in Aula Giulio Cesare. Documento che evidenzia come questo anno vedrà per la collettività romana l’esborso di 620 milioni di euro per il pagamento di interessi sul debito. Argomento trattato dai politici e dai giornali subito dopo l’insediamento del nuovo Sindaco, ma assolutamente sottovalutato prima e durante la campagna elettorale. Fummo solo noi, a gennaio del 2008, prima delle ultime elezioni comunali, a chiedere, a nome dei radicali, un vertice di maggioranza per discutere su come abbattere l’elevato debito comunale senza diminuire
,  anzi aumentando, i finanziamenti a favore degli investimenti. Come spesso è accaduto, l’amministrazione Veltroni non raccolse l’opportunità che gli offrimmo, e nulla fece per aprire un dibattito serio su questi temi così importanti. Alemanno, da parte sua, sperando in un aiuto da parte dello stato centrale, che molto probabilmente si trasformerà da occasionale a strutturale, ha montato una campagna sul debito comunale. Ma tale debito, come ho più volte ripetuto e come ha confermato l’agenzia di raiting Fich, era già scritto nei bilanci e nei rendiconti. Il problema che noi allora avanzammo, e che Alemanno avrebbe fatto bene a condividere per apparire più credibile, fu sul come quegli investimenti furono coperti. Dal 2002 al 2007 la giunta di centro sinistra ha finanziato opere ed infrastrutture per circa 7 miliardi di euro, tutti sappiamo quanto la nostra città abbia bisogno di investimenti per renderla più vivibile e quindi più europea, quindi verrebbe da dire: “Bene, ottimo, di più!”. Ma la domanda sorge spontanea: dove sono stati trovati tutti questi soldi visto che la spesa corrente non è diminuita? Dai documenti a disposizione e dalle dichiarazioni dell’assessore Causi, si evince che queste spese sono state finanziate da più voci: proventi dalle alienazioni dei beni immobili del Comune (svendopoli?), oneri concessori (costuire, costuire e costruire?), dal margine operativo netto, dai trasferimenti nazionali e regionali e dall’accesso a nuovo debito. Considerando che bene ha fatto Veltroni a puntare molto sugli investimenti, il punto è un altro, i finanziamenti che ci sono stati potevano provenire da altre fonti? Per evitare l’indiscriminata vendita dei beni comunali, una cementificazione dilagante e rilevanti emissioni di nuovo debito si sarebbe dovuto aumentare in modo più consistente il margine operativo netto (entrate correnti – spese correnti al netto degli interessi). Questa ultima voce rappresenta il problema centrale: un maggiore margine operativo netto avrebbe evitato sia la necessità di ricorrere a un debito tanto ingente, sia all’esigenza di attuazione di politiche al quanto discutibili. Detto ciò, va però dato atto all’amministrazione Veltroni di aver aumentato questo parametro così importante, che finalmente dal 2000 ha un segno positivo, ma che per la mole di investimenti necessari alla nostra città è rimasto comunque troppo basso.

Ripeto, su questa questione chiedemmo un incontro con il centro sinistra, così come lo chiedemmo sulle unioni civili. Infatti su questo secondo fronte, fummo molto attenti a ricercare una collaborazione con l’amministrazione, ma loro alla fine spezzarono il dialogo per fortissime pressioni esterne. La nostra iniziativa di dicembre dimostrò, per chi avesse ancora bisogno di conferme, che l’influenza delle gerarchie ecclesiastiche coinvolge tutti i livelli politici. Infatti mentre i consiglieri comunali della precedente maggioranza sembrarono inizialmente interessati ad approvare la delibera, in seguito cambiarono idea definendola demagogica. Un articolo del Riformista del 26 novembre 2007 sottolineò come le nostre motivazioni iniziali fossero giuste, visto che erano proprio quelle che preoccupavano al Vaticano. Infatti in quell’articolo si poteva leggere: “E’ inutile dire che si tratta di un voto che preoccupa il Vaticano, ma soprattutto il vicariato di Roma e la Conferenza episcopale italiana timorose, nella sostanza, che possano rientrare  dalla finestra (e proprio a Roma) quelle unioni civili che la Chiesa ha tanto osteggiato, innegabilmente con successo, almeno in Parlamento, e continua ovviamente ad osteggiare”. Le vicende dei venti giorni antecedenti al voto dimostrarono in modo lampante la genuflessione dei politici romani nei confronti della Curia Si potrebbe e dovrebbe scrivere un libro per far conoscere ai cittadini i particolari di quanto accadde a Roma in quei giorni. Lo voglio ricordare a Pino Battaglia e a tutti i consiglieri comunali del Pd, si passò da una posizione di dialogo e di lavoro condiviso su una seconda delibera ad una posizione di netta chiusura. In quel frangente si lessero dichiarazioni di  esponenti del partito, dell’allora maggioranza, denunciare l’ideologismo e l’inutilità della delibera sulle unioni civili. Peccato che venti giorni prima, tranne alcune note eccezioni, non la pensavano così! Cambiar opinione era lecito, ma la giusta domanda da porsi è perché lo fecero? Cosa  accade nelle ultime tre settimane per far fare marcia indietro ai democratici? Forse si accorsero che la nostra delibera era inutile e demagogica? Ma allora perchè l’Avvenire gli dedicò tre prime pagine? E perché il Card. Bertone ne parlò con l’allora sindaco Veltroni mettendolo in guardia? La verità era sotto gli occhi di tutti: a novembre sia il sindaco Veltroni, sia il partito democratico si sentivano con le mani libere e quindi trattavano per far approvare il Registro delle Unioni Civili, ma non appena l’Oltretevere ordinò di bocciare le delibere, il primo cittadino e i consiglieri comunali del Pd fecero subito marcia indietro genuflettendosi all’imposizione del Card. Bertone. Io ho potuto parlare in Aula Giulio Cesare ed in quella occasione denunciai pubblicamente che parecchi di questi consiglieri avevano paura di votare secondo coscienza per timore di vedersi sottratti quei contributi che ricevevano, e ricevono, dalle gerarchie ecclesiastiche durante le elezioni. Il potere economico di oltre-Tevere influenzava ed influenza la scelta dei singoli e dei partiti. Un centro sinistra che bocciò le unioni civili a Roma, un centro sinistra assolutamente immobile su questioni eticamente e laicamente sensibili in Regione Lazio. Sono tre anni che il Presidente Marrazzo governa la nostra regione ma non abbiamo potuto vedere un provvedimento “laico”: nulla sulle coppie di fatto, nulla sulla RU486, nulla sulla “pillola del giorno dopo”, nulla sulla cannabis terapeutica, nulla sulla mancanza di medici non obiettori per l’aborto, nulla sulla questione oratori e finanziamenti per la costruzione di nuove chiese. Vi esorto a prendere le leggi finanziarie della giunta Storace e confrontatele con quelle Marrazzo: vi accorgerete che i finanziamenti diretti o indiretti alla curia vaticana sono rimasti quasi gli stessi, alla faccia dei tagli, dei ticket e di tutto il buco economico! Mi chiedo come sia possibile non reagire dinanzi a tutto questo. Mi chiedo se si debba aspettare un’altra sonora sconfitta per poi riempire i giornali di recriminazioni, insulti e quant’altro. Com’è possibile che il presidente della Regione Lazio, nonché commissario alla sanità, Piero Marrazzo non abbia avuto l’accortezza di riceverci e di acquisire il filmato sugli ospedali romani e la pillola del giorno dopo? Mi chiedo come sia possibile che forze di sinistra e/o forze laiche presenti alla Pisana non abbiano detto una parola su questo scandalo reso pubblico grazie a Repubblica.it? Dobbiamo denunciare a gran voce l’inesistenza “laica” di questo centro sinistra, dobbiamo renderci conto che la questione delle unioni civili al Campidoglio e le non riforme 1aiche alla Pisana dimostrano nei fatti come ci sia una continuità conservatrice e vaticana tra il centro sinistra ed il centro destra. Proprio per questo motivo, nei giorni successivi al filmato ho consigliato ai miei compagni “la non collaborazione”, primo atto della non violenza, nei confronti della giunta Marrazzo. Dobbiamo avere la forza politica ed organizzativa di far comprendere a costoro che andando avanti così nel 2010 si verificherà un’altra sonora sconfitta. Proprio per questo motivo all’inizio ho detto che abbiamo bisogno di individui che con coraggio e consapevolezza si candidino a cambiare le cose.  Che contrastino quella massa che viene considerata non per la sua bravura, ma per il potere posseduto, quindi per i pacchetti di voti garantiti, voti che generalmente non derivano dall’alto spessore politico e amministrativo, ma provengono da meccanismi al limite della legalità. Gli italiani, o almeno la part
e riformatrice di essi, speravano che questi meccanismi potessero essere superati e la speranza di un nuovo partito, come quello democratico, andava in questa direzione. Invece la lotta tra bande continua, si chiede la partecipazione popolare solo quando il risultato è scontato, e Veltroni Segretario ne è un chiaro esempio. Infatti si ha paura di ricorrere alle primarie non appena si sente aria di uno scontro vero, vedi Morassout Cuperlo, ci si preclude esperienze esterne che potrebbero portare “freschezze ed idee”, vedi il rifiuto alla candidatura di Pannella, oppure quando si accettano candidature non espressione di “bande” non si dà la possibilità ai candidati di poter concorrere ad armi pari. Significativo è uno stralcio di intervista uscita pochi giorni fa su Il Giornale:  “Mi sono candidato l’11 novembre. Dovevo raccogliere 386 firme entro la sera del 17. Ho chiesto l’elenco degli iscritti, mi hanno detto che non era disponibile: avrei potuto copiarli a mano, oppure dare 12.500 euro per spedire altrettante lettere. Allora ho chiesto che inviassero le mail ai 4.500 iscritti con posta elettronica, ma hanno detto che c’erano problemi al sever. L’alternativa alle firme era il sostegno di almeno 46 componenti dell’Assemblea cittadina. La sera del 14 vado all’Assemblea, chiedo il sostegno, ma mi trattano con sufficienza, dicendomi di cercare altrove”. Costui che parla non è il solito rompicoglione radicale, ma il Prof. Gianfranco Pasquino (prestigioso docente dell’Università di Bologna e della John Hopkins University) che parla, dopo la sua esclusione dalle Primarie Pd per il sindaco di Bologna. Conclude amaramente: “Volevo portare aria nuova ma mi hanno fatto fuori. Questo partito è nato male, cresce peggio, non è affatto aperto e non ha nessuna voglia di rinnovarsi. E’ anche disorganizzato. E’ organizzato per garantire i posti di potere sempre agli stessi”. So che a Roma è crescente la rabbia nei confronti di questa classe dirigente, infatti io sto con coloro che vorrebbero rovesciare questo sistema, ma attenzione a non cadere nell’errore di cercare di sostituire un gruppo di potere con un altro. Per fare un’operazione giusta, va denunciato in toto il sistema illegale che dà potere a questi signori, altrimenti senza questo non riusciremo a riformare la politica italiana. A queste persone che cercano maggiore partecipazione nella vita del Partito Democratico, voglio dire di non fermarsi alla sola richiesta di primarie sempre, ma di cercare anche altri metodi di partecipazione che permettano al popolo, non solo del proprio partito, di esprimersi e di influire. Voglio ringraziare Roberto Giochetti che con la sua iniziativa non violenta sta portando avanti una battaglia per le primarie a Roma, anche se rimango dell’idea che questo metodo resta ancora molto diverso da quello americano. Credo che Roberto, da buon radicale, è molto sensibile alle questioni di legalità e di partecipazione. Partecipazione che è stata sempre storicamente ricercata dai radicali attraverso i referendum. La seconda scheda era, ed uso “era” e poi dirò anche perché oggi non è più come prima e quindi non si può dire più “è”, uno strumento che ci ha permesso di fare molto: innanzitutto di dettare per anni l’agenda politica ai partiti, in parte di sostituire quella che era (ed è) la non-informazione dei mass media e di fare, perennemente, campagna elettorale e politica nelle strade. Nonostante l’assenza di informazione dei giornali e delle televisioni e nonostante la Corte Costituzionale, attraverso i quesiti referendari eravamo comunque riconoscibili perché presenti nelle piazze con il nostro simbolo, con i nostri tavoli e con le nostre storie. Conseguentemente a questo, ma non solo, eravamo anche capaci di presentarci alle elezioni come lista autonoma, equidistanti dalla maggioranza e dall’opposizione, eravamo, anche elettoralmente, visibili agli occhi di molti quali i “diversi”, ovvero la vera opposizione sociale ed istituzionale al monopartitismo imperfetto. Le leggi elettorali che man mano si sono susseguite fino a quella attuale ed i conseguenti proibitivi sbarramenti che si sono delineati ci hanno reso impossibile l’autonomia elettorale. Un anno di svolta per la resistenza radicale è stato sicuramente il 2005, anno che meriterebbe sicuramente più attenzione ed una maggiore riflessione tra di noi. In quei dodici mesi accaddero due cose importantissime. In primo luogo il referendum totalmente abrogativo della legge sulla fecondazione assistita fu bocciato dalla Corte Costituzionale, mentre gli altri 4 referendum che passarono il vaglio della Corte risultarono agli occhi della gente troppo scientifici e conseguentemente di difficile comprensione, infatti gli elettori rimasero a  casa e delegarono la materia ai “tecnici”. In secondo luogo Marco Pannella, durante un Comitato Nazionale all’Ergife, lanciò l’idea dell’“ospitalità”. A mio avviso quello fu un passaggio fondamentale: per la prima volta i radicali, rendendosi conto della manifesta inagibilità democratica (vedi referendum, corte costituzionale, quorum e legge elettorale), in occasione delle elezioni regionali del 2005 chiesero ospitalità agli “occupanti”, cioè al centro-destra e al centro-sinistra. Questo è un passaggio importante, storico, le cui argomentazioni meriterebbero l’attenzione dovuta, magari con conseguente stesura di tesi di laurea da parte di qualche studente. Ricordiamo bene come andò a finire quel tentativo: l’ospitalità fu negata sia dall’una, che dall’altra coalizione. Ed in quella occasione i radicali ruppero ogni trattativa con il centro sinistra che, sul nome di Luca Coscioni presente nel nostro simbolo elettorale, misero un odioso e stupido veto. Anche se quella operazione per le elezioni regionali del 2005 non andò a buon fine, per il sottoscritto, tutte le competizioni elettorali che si sono man mano susseguite, con le conseguenti alleanze di coalizione, hanno sempre avuto una chiave di lettura politica e sociale riconducibile alle ragioni dell’ospitato. Analizzando le ultime elezioni politiche, mi chiedo se il rifiuto del Partito Democratico alla presentazione della lista Radicale non sia stato un rifiuto paragonabile a quello del 2005, quando l’operazione ospitalità tramontò sul nome di Luca Coscioni. Proprio rispetto a quanto accaduto durante gli ultimi anni dobbiamo ragionare su una cosa molto importante, mi riferisco al rischio sempre più consistente di non poter presentare più il nostro simbolo. Noi, a Roma, alle ultime amministrative ne abbiamo già pagato un prezzo alto, quello è stato un segnale che dovrebbe portarci a riflettere anche nell’ottica delle prossime elezioni europee. Qualora in occasione di queste ultime non dovessimo presentare il nostro simbolo, sarebbe la seconda importante partita elettorale dove saremmo irriconoscibili, riconoscibilità che non potremmo cercare nella mobilitazione referendaria per tutti i motivi che ben conosciamo e con questo rischieremo di far percepire alla gente che i radicali sono confluiti nel PD.

Il  Comitato Nazionale di Radicali Italiani svolto a giugno diede mandato ad Antonella Casu, Michele De Lucia e Bruno Mellano di promuovere tramite la democrazia diretta e quella istituzionale la riforma radicale inerente l’anagrafe pubblica degli eletti. Un’iniziativa utile anche per riattivare le Associazioni radicali locali attraverso uno strumento così importante come le delibere di iniziativa popolare. L’Associazione Radicali Roma, di cui mi onoro di esserne il Segretario, in due anni ha raccolto le firme su ben due delibere: quella più famosa sul Registro delle Unioni Civili e quest’ultima sull’Anagrafe pubblica degli eletti, raccogliendo rispettivamente 10.273 e 6.722 firme. Le due iniziative sono importanti sia nel merito, sia nel metodo. Per quanto riguarda quest’ultimo, vanno sottolineati almeno due aspetti. Innanzitutto i cittadini, troppe volte interpellati solo per il voto, con questo strumento si vedono riconosciuti la possibilità di poter partecipare all
a vita democratica anche sotto altre forme. Inoltre questa procedura ancora poco utilizzata restituisce, finalmente e paradossalmente, centralità politica al Consiglio Comunale. Infatti oggi tutte le delibere strutturali, tranne quelle di bilancio, sono delibere di Giunta e questo comporta un’aula consiliare esautorata dei suoi poteri, in cui gli eletti votano solo mozioni sui massimi sistemi. Con le delibere di iniziativa popolare non solo facciamo partecipare i cittadini, ma diamo anche importanza al singolo consigliere comunale aiutandolo a riappropriarsi delle funzioni che gli sono proprie, attraverso il cui esercizio riesce ad incidere direttamente sulla vita dei cittadini. L’Associazione Radicali Roma in questa ultima campagna ha raccolto 6.722 firme con un grande sforzo da parte di tutti: 170 tavoli in 90 giorni di mobilitazione e 100 persone coinvolte, una vera dimostrazione di quanto ci siamo impegnati su questa iniziativa. E’ stata una campagna difficile perché, nonostante la firma del Sindaco di Roma, non c’è stata informazione. Neanche la sottoscrizione di Alemanno ha fatto sì che qualche giornale riprendesse la notizia (tranne un trafiletto del Corriere della Sera), né tantomeno ha rilanciato il dibattito sul tema. Come hanno votato gli “eletti” su ciascuna mozione, ordine del giorno o delibera? Quante e quali interrogazioni hanno presentato? Quali sono i finanziamenti ricevuti da ogni “eletto”? Quanto guadagna il Sindaco di Roma? Quanto guadagnano gli Assessori ed i loro staff? Quanto guadagnano i consiglieri comunali? Quali sono i bandi del Comune di Roma? Quali sono le commissioni aggiudicatrici e quali gli esiti di gara? Chi sono i consulenti esterni del Comune di Roma e quali sono i loro curricula? Quali sono le società controllate dal Comune di Roma? Qual è la loro Ragione Sociale? Quali sono i dati di Bilancio e gli emolumenti dei consiglieri di amministrazione? Quali sono gli immobili del Comune di Roma? A chi e per quanti soldi sono stati venduti? Per quelli ancora di proprietà qual è la loro destinazione d’uso? PER AVERE UNA RISPOSTA A CIASCUNA DI QUESTE DOMANDE ABBIAMO RACCOLTO 7.000 FIRME SULLA DELIBERA DI INIZIATIVA POPOLARE RECANTE “ANAGRAFE PUBBLICA DEGLI ELETTI”. VOGLIAMO DARE LA POSSIBILITA’, ATTRAVERSO UN SEMPLICE “CLICK”,  A CIASCUN CITTADINO ROMANO DI AVERE INFORMAZIONI DETTAGLIATE SULLA VITA POLITICA ED AMMINISTRATIVA DEL COMUNE DI ROMA. Si capisce che questa è una vera e propria riforma! Voglio qui ringraziare Elena Improta, Rosalia Grande e la sua associazione che ci hanno dato una grossa mano per raggiungere questo primo obiettivo.

Mettete insieme tutte queste denuncie che ho fatto su alcuni temi specifici, aggiungete a questo la mia introduzione sulla nuova classe dirigente e sugli individui, bene, credo che ci sia molto per concepire insieme una nuova e grande battaglia politica, dobbiamo prenderci la responsabilità di aggregare persone capaci di portare avanti queste sfide, da subito. In questi due anni e mezzo, anche se con i nostri esigui numeri, siamo stati capaci di produrre politica, siamo l’esempio vivente, insieme a tutta la galassia radicale, dell’uso di mezzi legali per scopi utili alla collettività. Questo metodo di fare politica ci ha permesso di vincere tante battaglie e di non rinnegare mai la nostra storia, non abbiamo mai avuto motivo di dover cambiare nome, come invece tutti gli altri partiti politici hanno fatto. Come dice spesso Marco, loro ci danno sempre per finiti, ma poi siamo sempre noi che li accompagniamo al loro stesso funerale politico. Abbiamo dinanzi a noi molte iniziative da dover intraprendere. Come parecchi di voi sapranno, io non mi ricandiderò alla segreteria dell’associazione, poiché ho ricevuto la delega ai diritti umani alla Provincia di Roma e la nomina alla Direzione di Radicali Italiani. Ma a parte questo, credo sia importante che dopo due anni e mezzo, nella migliore tradizione radicale, si dia la possibilità ad altri di prendere responsabilità di guida. In questi ultimi mesi ho imparato ad apprezzare la voglia e lo spessore politico del tesoriere Bacaro, quindi spero vivamente che voglia candidarsi alla Segreteria e che voi attraverso il vostro voto vogliate premiare questa sua scelta. Da parte mia, come già annunciato, collaborerò con la nuova dirigenza specie per portare avanti quel progetto che si può leggere nella mia relazione.

Per concludere voglio ringraziare tutti coloro che in questi anni mi hanno aiutato a portare avanti la mia segreteria e l’associazione. Ho sempre saputo di avere un carattere molto difficile, ma credetemi, in questo periodo abbiamo fatto cose grandi, abbiamo lavorato tantissimo anche se sono ben cosciente che dovevamo e potevamo fare di più. Lascio un’associazione in buonissima salute, risultato non immaginabile dopo il terremoto del 2006, questo lo devo a voi, alla vostra caparbietà, alla vostra voglia di essere radicali, alla vostra cocciutaggine nel raccogliere firme e nello stare per strada, alla vostra costanza nell’esser presenti durante la riunione settimanali. Sappiamo metterci in gioco sempre, viviamo l’illegalità diffusa ogni giorno sulla nostra pelle, ma a differenza di tanti cittadini italiani non la subiamo passivamente, ma lottiamo. Certo verrebbe da chiedersi, come dice Marco, fino a quando? Per rispondere a questa domanda uso una frase di Lavoiser: “nulla si crea, nulla di distrugge, tutto si trasforma”. In 50 anni di storia radicale siamo sempre stati capaci di concepire trasformazioni positive, rischiando sempre la nostra morte politica, seguendo le parole di Pasolini che ci chiedeva di essere irriconoscibili. Quindi compagne e compagni non molliamo, lo dobbiamo al Paese, lo dobbiamo ai cittadini. Buon Congresso a tutti e grazie davvero di tutto.