RADICALI ROMA

Democrazia in palestra: 6/Principio di realtà

Di Leone Barilli.

La scorsa settimana sul Corriere della Sera è uscito un articolo di Giuseppe De Rita dal titolo “Meglio mettere i programmi in soffitta”. Sostanzialmente il sociologo fondatore del Censis ci illustra come l’usuale abitudine di stilare programmi politici, soprattutto in sede di campagne elettorali, o congressi di partito sia ormai desueto, poco efficace nel raccogliere consenso e lontano dall’essere strumento di governo. Poco efficace perché a suo dire, “non disponiamo di una generale interpretazione politica del periodo che stiamo attraversando”. Il ragionamento porta il professore ad invitare a mettere da parte i programmi per passare ad una “logica di agenda scadenzata nel breve periodo, articolata per specifici scopi, che quindi lavori sull’esistente più che sulle intenzioni”.
Ecco, se qualcuno mi chiedesse in cosa consiste il metodo radicale potrei rispondere con le medesime parole. De Rita conclude così: in Italia non servono programmi per mettere ordine nella realtà; perchè probabimente è vero il contrario, che è la realtà che alla lunga viene a mettere ordine alle parole, ai pensieri, ai programmi. Ancora, niente di più vero, ma questo non da oggi ma da almeno 40 anni. E non perchè oggi sia giusto ragionare in maniera diversa ma perché abbiamo una storia che ce lo testimonia. Forse che il divorzio e l’aborto erano scritti nei programmi dei partiti più rappresentativi? Forse che il passaggio dalla legge elettorale proporzionale all’uninominale maggioritario è stato un fattore di cambiamento determinato dal fatto che fosse un impegno “come da programma”? E per venire ai nostri giorni, c’è un qualche partito che ha inserito o ha intenzione di inserire nel suo programma il testamento biologico, o l’eutanasia o ancora la legalizzazione della cannabis? Oppure ancora idonei strumenti di iniziativa popolare che possano essere effettivi e a portata di tutti come vero contropotere alla democrazia rappresentativa? Eppure questi sono temi ormai di dominio pubblico che solo una classe politica inerte continua a non voler affrontare. Ma verrà il momento in cui la realtà, nella quale da sempre i radicali sono immersi, tornerà a giocare il ruolo che le spetta.