RADICALI ROMA

Democrazia in palestra 7/La democrazia à la carte dei 5stelle

“La democrazia à la carte dei 5stelle o della deriva plebiscitaria” di Leone Barilli

In questi giorni l’Assemblea Capitolina sarà chiamata a votare la proposta n.99 di revisione dello Statuto di Roma Capitale presentata dalla maggioranza monocolore del M5S. Si propone di introdurre il bilancio partecipativo, di abolire la commissione delle elette, si apportano modifiche all’iniziativa popolare con particolare riguardo alla materia referendaria, e viene rafforzato lo strumento della petizione attraverso il ricorso a tecnologie informatiche e telematiche.
Nello specifico della materia referendaria vengono apportate modifiche significative e sostanziali. Procederemo per articoli segnalando le novità ed eventuali criticità.

All’art. 8 comma 1 si enuncia che si favorirà “ogni forma di uso delle nuove tecnologie per promuovere una maggiore partecipazione degli appartenenti alla comunità cittadina al processo democratico e per facilitare l’esercizio dei diritti”.
Fin qui tutto bene. L’enunciazione di una ispirazione o di un auspicio non determina di per sè le modalità di attuazione e gli strumenti che verranno utilizzati per corrispondervi.

All’articolo 10 comma 1 viene modificato il quorum necessario per cui l’Assemblea Capitolina anche su proposta della giunta può indire un referendum consultivo. Se con l’attuale Statuto è prevista la maggioranza dei due terzi,  con la modifica proposta basterebbe la sola maggioranza del Consiglio. Ciò vuol dire che se a Statuto vigente lo strumento del referendum consultivo da parte dell’amministrazione può essere utilizzato solo a fronte di un largo consenso in Assemblea e quindi con la partecipazione anche di parte dell’opposizione, con la modifica proposta una giunta può indire il referendum forte della propria maggioranza non tenendo in alcuna considerazione l’opposizione.

Al comma 2 dell’articolo 10 viene introdotto il referendum propositivo escludendo dai campi di applicazione: a) Statuto di Roma Capitale; b) Statuti di enti, istituzioni, organismi o comunque soggetti controllati o partecipati da Roma Capitale; c) Regolamenti con efficacia meramente interna.
Allo stesso comma si aboliscono i quorum di partecipazione al voto per tutte le tipologie di referendum e rimangono invariati tempi e numero di sottoscrizioni necessarie per i cittadini per attivare lo strumento.

Al comma 5 dell’articolo 10 viene introdotta la facoltà per l’Assemblea Capitolina, che può esercitare anche su proposta della giunta, di presentare una contro proposta di referendum. Non viene specificato se il quesito debba passare il vaglio di ammisibilità da parte della Commissione referendum né se sia necessario il voto dei due terzi dell’Assemblea o solo la maggioranza.
La votazione avverrà constestualmente al referendum popolare e prevarrà la proposta che avrà conseguito la maggioranza dei voti validamente espressi indipendentemente dal numero dei partecipanti al voto.


Al comma 8 si specifica che nel caso di risultato favorevole del referendum propositivo l’Assemblea debba deliberare nel senso espresso dal referendum stesso entro 120 giorni dalla data di proclamazione dei risultati.

In ultimo viene modificata la disciplina che riguarda i tempi di indizione del/i referendum, Se con l’attuale Statuto (art.10 comma 9) il/i referendum devono essere indetti in un turno unico entro i primi sei mesi dell’anno successivo rispetto alle richieste di referendum presentate, con il comma 10 dell’articolo 10 della proposta di revisione dello Statuto, i referendum potranno tenersi in giorni diversi nell’arco di tutto l’anno successivo alle richieste depositate.
Secondo questo comma potrà intercorrere anche più di un anno per l’indizione del referendum rispetto alla data del deposito della richiesta referendaria corredata delle firme necessarie. 

Alla luce di questo confronto tra Statuto vigente e proposta di revisione è evidente che così come impostato, il nuovo Statuto andrà a tutto vantaggio di chi governa la città indebolendo gli istituti a favore del cittadino.
1. Sarà molto più semplice per la giunta e la maggioranza promuovere referendum consultivi (maggioranza semplice e non più dei due terzi). Il combinato disposto di questa norma con l’abolizione del quorum a fronte dell’ assenza di una disciplina che tuteli l’opposizione o dia concreto spazio ai cittadini prefigura la poca democraticità dello strumento a vantaggio esclusivo dell’amministrazione.
2. L’inserimento della controproposta da parte della giunta e dell’Assemblea rispetto a un proposta referendaria presentata dai cittadini, rimanendo la facoltà per l’amministrazione di deliberare in senso contrario in caso di referendum consultivo, o di prevedere in sede di regolamento passaggi nelle specifiche commissioni come già previsto per quanto riguarda le delibere di iniziativa popolarea per il referendum propositivo,  demanda a una evidente prova muscolare tra i cittadini proponenti e l’amministrazione, di fatto creando le condizioni per disincentivare l’utilizzo dello strumento.
3. Inoltre se non si interviene sulla modalità di raccolta firme, come per esempio prevede la proposta di Radicali Italiani con la PdL “Più sovranita al cittadino”, ovvero la previsione dell’autentica a carico del comitato promotore o la possibilità di sottoscrivere referendum o delibere con modalità elettronica o telematica, è evidente la sproporzione di forze tra chi, comitati di cittadini in assenza di consiglieri disponibili ad autenticare, debbano sostenere decine di migliaia di euro di costo per pagare cancellieri che autentichino le firme dei sottoscrittori e un amministrazione che può a semplice maggioranza in assemblea senza nessuna raccolta firme contrastare la proposta dei cittadini con una controproposta.
4. La previsione che una proposta di referendum possa essere indetta oltre un anno dopo il deposito con le firme richieste lede il principio di effettività dello strumento di iniziativa dei cittadini. Principio che dovrebbe al contrario essere rafforzato per equilibrare la democrazia rappresentativa a fronte di elezioni locali con elezione diretta del sindaco e relativo premio di maggioranza.

I referendum e le iniziative popolari sono e dovrebbero continuare ad essere strumenti di iniziativa dei singoli cittadini atte a svolgere  funzione di contrappeso  a una democrazia rappresentativa ampiamente maggioritaria.
Se vengono depotenziati nella loro capacità di incidere e indirizzare le politiche, questi strumenti già così poco utilizzati, per via degli ostacoli che ne impediscono un uso più diffuso, risulteranno nella disponibilità esclusiva delle amministrazioni trasformandoli in strumenti à la carte per le amministrazioni stesse, prefigurando uno svuotamento di senso delle assemblee elettive e una conseguente deriva plebiscitaria.

La democrazia a Roma non è mai stata in pericolo come in questi giorni.