RADICALI ROMA

Rete legale per i migranti in transito: report 2017

(Foto di Francesco Pistilli)


La rete di supporto legale – promossa da A Buon Diritto, Action Diritti in Movimento, Baobab Experience, Consiglio Italiano per i Rifugiati e Radicali Roma – ha presentato oggi il terzo bilancio delle proprie attività, svolte da aprile a ottobre 2017 presso il presidio umanitario presso la stazione Tiburtina.
Gli operatori della rete legale hanno garantito una presenza continuativa, orientato e preso in carico 322 cittadini stranieri accompagnando i richiedenti nell’accesso alla procedura d’asilo e a quella di relocation e offrendo una più generale informativa sulla normativa italiana ed europea, con particolare riferimento ai rischi connessi all’attraversamento
irregolare della frontiera.

Nei mesi presi in considerazione, la maggior parte delle persone prese in carico proveniva dall’Eritrea e dal Sudan con una maggiore presenza dei migranti eritrei fino a luglio e dei cittadini sudanesi nei mesi successivi.
La rete legale ha preso in carico 223 cittadini di nazionalità eritrea nel periodo considerato, che nel 90% dei casi hanno dichiarato di aver raggiunto Roma subito dopo l’arrivo in Italia, senza aver ricevuto alcuna informazione adeguata in merito al programma di relocation. Chi ha raggiunto la Capitale lo ha fatto spinto dall’incertezza e dalla mancanza di informazioni precise sulla procedura: centinaia e centinaia di persone a cui non è stato garantito l’accesso ai propri diritti e che per mesi ha costituito un vero e proprio flusso atipico verso Roma. Sono state 139 le persone che hanno chiesto di aderire al programma, di cui 81 sono già riusciti ad essere trasferiti in altri Stati. Al tempo stesso, fra coloro che sono rimasti, alcuni, di fronte ai lunghi tempi d’attesa, hanno purtroppo deciso di provare a oltrepassare la frontiera, esponendosi a numerosi rischi. Com’è noto, il programma di relocation è andato in scadenza a settembre. Con la chiusura del programma, nelle ultime settimane, sono in aumento i profughi eritrei di passaggio a Roma e intenzionati a oltrepassare la frontiera verso
la Francia, senza prendere in considerazione la possibilità di fare richiesta d’asilo in Italia. Si è poi assistito a un aumento considerevole di richiedenti asilo c.d. “dublinati” e cioè provenienti da altri paesi europei a cui è stato notificato un invito ad allontanarsi o a cui è stato imposto il trasferimento in Italia, primo paese d’approdo, secondo quanto previsto dal Regolamento Dublino III.
Altri migranti seguiti dalla Rete legale sono stati accompagnati durante la presentazione e la trattazione della domanda di protezione internazionale: la situazione presso la Questura di Roma presenta infatti diverse criticità. Si esprime in particolare forte preoccupazione per le recenti segnalazioni pervenuteci in merito all’accesso all’ufficio immigrazione della Questura di Roma per la presentazione della domanda di protezione internazionale. Oltre alla ben nota prassi di accogliere all’incirca venti istanze al giorno (limitate anche in base alla nazionalità), nelle ultime settimane al momento dell’ingresso viene nuovamente richiesto, come non accadeva da tempo, il passaporto o, in alternativa, la denuncia di smarrimento o di furto dello stesso, obbligo non previsto a livello normativo. Inoltre gli uffici immigrazione, non solo a Roma, come già dati e statistiche sui migranti in transito evidenziato nei report precedenti, continuano a non essere sufficientemente dotati di personale incaricato a fornire informazioni e di un numero adeguato di interpreti, almeno delle lingue più rappresentate.
Il dato allarmante emerso poi in questi mesi è la richiesta sempre maggiore di sostegno da parte di coloro che sono fuoriusciti dal sistema di accoglienza per scadenza dei termini, senza aver avuto la possibilità di intraprendere un reale percorso di inclusione sociale. Il fenomeno riguarda sia persone già in possesso di una forma di protezione, pertanto titolari di un permesso di soggiorno, sia i destinatari di un diniego alla domanda d’asilo, a cui in alcuni casi è stato notificato anche un decreto di espulsione.

Dal 1 luglio di quest’anno i posti per richiedenti asilo e rifugiati nel sistema SPRAR di Roma Capitale sono stati ridotti di 786 unità, quasi il 30% in meno. Né sono aumentati i numeri del circuito cittadino di accoglienza, anche a bassa soglia, nonostante gli annunci ripetuti e l’impegno a realizzare un centro per transitanti entro dicembre 2017 presso il Ferrhotel, della cui realizzazione non si ha ancora notizia. Nello stesso tempo la Prefettura non riesce a soddisfare le legittime richieste di accoglienza da parte dei richiedenti asilo, con liste di attesa che, come già detto, si protraggono per mesi. Così le persone senza una dimora sopravvivono sulle strade, nelle piazze e nei parchi, e molti di loro, richiedenti, attendono in luoghi di fortuna l’esito della procedura di protezione internazionale.
Solo una forte ed effettiva inversione di tendenza potrà evitare che le tensioni sociali di cui siamo stati recentemente testimoni sfocino, nei casi più estremi, in istanze xenofobe. Per tali ragioni si auspica una riforma profonda delle politiche attuali nella direzione dell’inclusione sociale, dell’autonomia e dell’occupazione. Gestire un’accoglienza efficace nel
nostro Paese, in primis nella Capitale, significa offrire una vera opportunità per tutti.

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