RADICALI ROMA

Riportare lo Stato a San Lorenzo, senza propaganda e odio

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“La gravità del crimine che ha avuto luogo a San Lorenzo merita una risposta da chi oggi ha il governo della Città e del Paese: in quel quartiere, come in altri della Capitale, esiste un problema concreto di ordine pubblico che negli ultimi anni è divenuto tragico”. Così in una nota Alessandro Capriccioli, capogruppo di + Europa Radicali alla Regione Lazio e Simone Sapienza, segretario di Radicali Roma.

“Un quartiere storico e potenzialmente ricco di risorse come San Lorenzo, che ospita uno dei più grandi atenei d’Europa, è abbandonato nel degrado, nella sporcizia e allo spaccio notturno. A San Lorenzo la vendita di droga è di fatto libera a tutte le ore, a dimostrazione degli esiti paradossali del proibizionismo che i radicali denunciano da decenni. Poche sono le vie dove ancora non si sono verificati atti di violenza e molestie, in particolare contro le donne. È illusorio credere di risolvere problemi così radicati con ordinanze anti-movida, coprifuochi o chiudendo uno o due centri sociali. Lo Stato deve tornare a San Lorenzo come in altri quartieri degradati tramite investimenti per aumentare i presidi delle forze dell’ordine, la manutenzione delle strade, delle luci e la riqualificazione di edifici abbandonati da decenni. Ma è fondamentale anche la promozione delle tante esperienze positive di autogestione, molto spesso unico presidio civile, culturale e antiviolenza del quartiere, che vanno promosse e conformate a regole di partecipazione, come accade in tante metropoli europee. Il rischio, invece, è che si cavalchi l’onda dell’orrore e dell’odio e si faccia strumentalmente di tutta l’erba un fascio, accomunando fenomeni criminali che devono evidentemente essere repressi a esperienze di natura del tutto diversa, che se incentivate e messe a sistema con i residenti, che nella disperazione stanno dimostrando un crescente attivismo, possono contribuire alla rinascita del quartiere. Ad oggi, la propaganda di Salvini e del M5S ha nel governo delle città il principale banco di prova: il momento che vive Roma è troppo drammatico per trasformarlo nell’ennesimo strumento di propaganda politica”.