RADICALI ROMA

Bonino: reazione Usa comprensibile. Serve rigore

Ministro Emma Bonino, la vicenda Mastrogiacomo può avere un contraccolpo sul rinnovo della missione in Alghanistan? Per il centrodestra, per esempio, l’aver usato canali non istituzionali danneggia l’Italia sotto il profilo internazionale…

 

«C’è indubbiamente una componente emotiva in più nel dibattito politico. Ma non dovrebbe influire sul rinnovo della missione. Penso anche che quando si parla di questo sfortunato Paese ci sia ancora sempre troppa “Italia” e troppo poco “Afghanistan”. Vorrei che si smettesse di usare questioni internazionali per fini interni, in maniera ombeilcale e spesso con toni ansiogeni. Se vogliamo rimanere su un piano razionale di analisi, questo incidente conferma come i Talebani siano tornati a controllare impunemente una buona parte del territorio: nessuno può volere che l’Afghanistan torni ad essere l’incubo che è stato sotto il loro regime oscurantista e misogino, rifugio per estremisti islamici di ogni bordo. Sarebbe la garanzia di un futuro come “hub” di violenza, oppressione e illegalità internazionale».

 

 

 

Quindi, arrivando al nodo?

 

«Per evitare questo scenario bisogna mantenere saldamente i nostri impegni internazionali. E continuare ad agire per promuovere legalità e diritto, sempre e dovunque. Sarebbe auspicabile, per fare un esempio che mi sta molto a cuore, che il nostro ed altri governi si impegnassero per ottenere una moratoria universale della pena capitale, con determinazione ed intensità comparabile a quella dimostrata nella vicenda Mastrogiacomo. E non solo il governo: ma i movimenti, i partiti, le organizzazioni non governative, i pacifisti».

 

 

 

Ha visto la reazione Usa e della Gran Bretagna alla liberazione di Mastrogiacomo, ministro Bonino? Gli Stati Uniti «non approvano concessioni ai terroristi», parlano di «disappunto, preoccupazione, sorpresa»…

 

«La reazione pubblica Usa è comprensiblle, anche se non mi pare sia stata esplicitata così al ministro D’Alema. Certo, la liberazione di cinque Talebani, che le truppe Nato rischiano di ritrovarsi di fronte nei ranghi dei nemici armati, è una questione di cui vanno valutate le conseguenze. Per avere un assaggio basta andare a vedere i siti islamici che stanno inneggiando alla vittoria dei talebani contro gli “infedeli”. Per questo credo fermamente che occorra una buona volta uscire tutti, cioè governo, media, partiti e opinione pubblica, da questa specie di “trance” nazional-popolare che avvolge ll Paese ogni volta che si produce un episodio del genere. Tragedie ed orrori, sui teatri di guerra, avvengono purtroppo regolarmente, e non c’è un diritto all’esenzione per quelli che non sopportano l’idea che queste cose avvengano. È tempo di riprendere la strada del rigore se vogliamo evitare che i nostri connazionali diventino, per paradosso, ostaggi più “appetibili”».

 

 

 

Per lei è giusto, come principio assoluto, trattare nel caso di un rapimento come quello di Mastrogiacomo?

 

«Che sia doveroso tentare di salvare una vita umana, mi pare non controverso. In più tentare di garantire e proteggere la vita di un connazionale è per ogni governo un obbligo istituzionale. Bisogna vedere a che prezzo. È facile dichiararsi d’accordo con il principio che una vita non ha prezzo. Però “dialogare” può voler dire scendere a compromessi: è il punto di caduta di tale compromesso che conta. Devo ammettere che la gioia per la liberazione di Mastrogiacomo è stata in me molto mitigata dalla sorte raccapricciante subita dall’autista. E trovo che le espressioni di lutto nei confronti di un ostaggio che aveva il solo tratto distintivo di non essere italiano siano state poche, blande e tardive. Mi interrogo sulla sorte dei suoi quattro figli, della moglie…».

 

 

 

È giusto affidare la trattativa a un organismo come Emergency e sottrarla allo Stato? Il ministro Parisi, per esempio, dice di no…

 

«Organizzazioni non governative che hanno una credibilità da spendere possono agire da facilitatori. Ma il timone deve rimanere in mano allo Stato. Il motivo è semplice: lo Stato deve rendere conto politicamente della propria azione. Invece una Organizzazione non governativa, no. La differenza non è banale, mi sembra».

 

 

 

Cosa pensa del risultato finale ottenuto da Strada al costo di cinque talebani prigionieri? Il mediatore di Emergency è stato arrestato, l’interprete è ancora prigioniero.

 

«Non voglio entrare nel merito di chi abbia ottenuto cosa. Per il governo si è trattato di un gioco di squadra. Non mi impressiona l’idea dello scambio, che non è senza precedenti. Ricordo che anche Timor Shah, in cambio della liberazione di Clementina Cantoni, ottenne denaro e il rilascio della madre dal carcere di Kabul. Mi sembra però che cinque talebani appartenenti all’ala dura del movimento e dal passato sanguinano pongano problemi aggiuntivi…».