RADICALI ROMA

Cari Mussi e Angius, chiariteci la linea politica

Negli anni della “rivoluzione conservatrice” di Reagan e della Thatcher molti becchini diedero per morto il socialismo europeo. Poi abbiamo assistito a smentite clamorose testimoniate dai successi dei partiti socialisti in quasi tutti i Paesi europei negli anni Novanta. Partiti che avevano aggiornato, anche attraverso una dura lotta politica, le loro piattaforme politiche e culturali. Oggi siamo in una fase in cui i partiti socialisti si ritrovano in difficoltà. La tardiva riscossa del socialismo francese, con Ségolène Royal, non aveva alle spalle una elaborazione critica e una piattaforma politica condivisa per sconfiggere un Sarkozy che, invece, aveva costruito un retroterra solido sulla base di un revisionismo conservatore cui si sono arresi Le Pen e lo stesso Chirac. Tuttavia la Ségolène ha creato le premesse, come notava Paolo Franchi ieri, per riaprire un discorso che non sia, come molti sperano, una “resa dei conti”.
Ma ecco che in Italia si rifanno vivi i certificatori della morte del socialismo democratico. Un pensatore della Margherita e teorico del Partito democratico, come Antonio Polito, che tifava Sarkozy, ha dichiarato che il risultato francese «mette in soffitta la funzione del socialismo di stampo classico anche nella versione della donna giovane e aggressiva». Lasciando stare le soffitte, bisogna invece ragionare su come reagire, come fecero i socialisti europei alla fine degli anni Ottanta, dopo la caduta del muro di Berlino, che seppellì il comunismo ma non il socialismo democratico. Il quale riuscì a mettere in campo politiche innovative conquistando consensi in una vasta area di centrosinistra. Su questa strada occorre andare ancora più avanti.
In Italia questo compito non potrà essere assolto dal Pd. Questo partito è destinato a perdere sia frange centriste perché considerato un partito di sinistra sia gruppi di sinistra che lo vedono come una forza centrista. La manifestazione con cui Mussi e Angius hanno inaugurato il loro percorso politico lo testimonia. Dico subito che la linea che è emersa nella assemblea di Sinistra democratica è confusa e contraddittoria. La proclamata adesione al Pse non può essere un distintivo da mettere all’occhiello, ma una politica nettamente distinta dalla sinistra antagonista. Una sinistra, questa, che nessuno vuole demonizzare, ma che deve fare i conti con se stessa, come partito di governo e forza che si definisce antagonista al sistema. Il pericolo che io intravedo è il congelamento di una sinistra pasticciata e di un Partito democratico asfittico, entrambi in cerca di identità all’interno di un quadro politico sempre più confuso e incerto. La costituente socialista, proposta a Bertinoro e a Fiuggi, potrebbe essere un’occasione per costruire un punto di riferimento (non per dare vita a un partito socialista del 3 o 4%) ovvero una forza in grado di offrire a tutti i socialisti che si riconoscono nel Pse una casa in grado di essere stimolo critico anche per il Partito democratico.
Dominique Strauss-Kahn, antagonista della Ségolène, fautore di una politica di centrosinistra non ha detto di «mettere in soffitta il socialismo» e di dar vita a un partito democratico ma di costruire la socialdemocrazia. Mussi, Angius e i loro compagni devono dirci quale è la loro prospettiva, dopo una manifestazione calorosa ma senza una chiara e comprensibile linea politica.