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Ceccanti: "Coppie di fatto, ecco la legge"

Come spesso accade in Italia, anche sulle coppie di fatto la polemica ha preso una piega ideologica, per “sentito dire”, più che in punta di fatto. Il professor Stefano Ceccanti, capo dell’ufficio legislativo del ministero delle Pari Opportunità, spiega punto per punto il testo della discordia che lui stesso – cattolico ed ex presidente della Fuci – ha scritto su incarico del ministro Barbara Pollastrini, ds, laica e femminista. «Il testo che abbiamo preparato e – che costituisce lo schema di discussione nel governo – non prefigura un simil-matrimonio come i Pacs. Il testo che abbiamo preparato pragmaticamente tutela le persone legate nelle unioni di fatto».

Proviamo a leggere la bozza, da dove si parte?
«Si parte dal “riconoscimento di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto, in quanto formazioni sociali ai sensi dell’art. 2 della Costituzione”».

Ma questo preambolo come fa a scacciare la preoccupazione principale dei cattolici tradizionalisti che temono l’introduzione di simil-matrimoni?
«Nel nostro testo non è prevista una “celebrazione” dell’unione di fatto. Nel matrimonio diritti e doveri nascono nel momento stesso nel quale si celebra quel rito. Noi proponiamo “un registro comunale” nel quale si va a certificare non qualcosa che nasce in quel momento, ma qualcosa che già esiste. I soggetti si registrano con una “dichiarazione congiunta che attesta l’esistenza previa di tale unione”. Il diritto nasce dal fatto precedente non dalla celebrazione».

L’obiezione più forte – questa condivisibile anche da chi cattolico non è – riguarda la possibilità che gli “uniti di fatto” potrebbero avere tutti i diritti degli sposati, ma non tutti i doveri, a cominciare dalla fedeltà in senso giuridico e dalla comunione dei beni. Morale della storia: un domani potrebbe esserci più convenienza a unirsi che a sposarsi…
«Certo, questa obiezione è fondata. Per questo nel testo che abbiamo preparato c’è un equilibirio tra diritti e doveri, ma con una formula che è diversa dal matrimonio».

Nel testo la questione del matrimonio omosessuale come si affronta?
«Non si affronta perché non esiste. Se non c’è una celebrazione e ti limiti a dichiarare ciò che già sei, non c’è matrimonio. C’è la presa d’atto di un legame affettivo che non è assolutamente equiparato al matrimonio».

E sull’adozione ad una coppia omosessuale, questione che tanto turba anche persone atee?
«La questione non esiste. Con l’adozione si dà un genitore ad un figlio, non si dà un figlio a genitori sposati o di fatto. Delle adozioni si occupa la normativa sulle adozioni, nel nostro testo non c’è nulla su questo».

Veniamo ai diritti. Cosa dice il suo testo?
«Oltre all’assistenza sanitaria e carceraria, si può – ma non si deve – “designare il convivente come persona di fiducia per l’assunzione di decisioni in materia di salute o riguardanti l’eventuale donazione di organi ovvero relative alle conseguenze della propria morte”, compresi i funerali».

Sin qui non è impegnato lo Stato come tale: come risolvete le questioni che riguardano un intervento di danaro pubblico, come le pensioni di reversibilità?
«Qui si concentrano le obiezioni più forti, anche per un problema di conti pubblici. Questo diritto andrà riservato alle coppie che si registrano e bisognerà valutare quali coefficienti adottare per le pensioni».

I benefici assistenziali – tipo una cassa mutua – che derivano dal contratto di lavoro si potranno trasmettere?
«Certo. Le dirò di più: oltre ai giornalisti, da decenni godono di questi diritti i conviventi dei parlamentari, anche quelli che si oppongono alle coppie di fatti».

Decenni? Dunque, dai tempi della Dc?
«Certamente. Di questi diritti i parlamentari godono senza che siano state sollevate obiezioni. A parte Pier Ferdinando Casini che a suo tempo annunciò che avrebbe rinunciato. Ma nessuno ha posto il problema di eliminare quei diritti. Neppure chi, come Casini, è stato presidente della Camera».

Lei è cattolico e conosce il fuoco sparato contro il suo testo…
«Il cardinale Carlo Maria Martini, in un bellissimo discorso pronunciato alla vigilia di Sant’Ambrogio del 2000 diceva che sulle coppie di fatto “l’autorità pubblica può adottare un approccio pragmatico e deve testimoniare una sensibilità solidarista”. E concludeva: “Al vertice delle nostre preoccupazioni non deve esserci il proposito di penalizzare le unioni di fatto, ma sostenere le famiglie in senso proprio”. Questi sono i canoni di Martini che di fatto andiamo a proporre».