RADICALI ROMA

Da Letta a Pannella, interessante disordine sotto il cielo del Pd

C’è molto disordine sotto il cielo del Partito democratico, il che può essere di buon auspicio. Di sicuro è svanito il rischio che intorno a Veltroni si realizzasse un plebiscito che non sarebbe stato positivo per nessuno, nemmeno per il diretto interessato. Il nuovo soggetto non ha bisogno di ingessature o di vecchi stili politici presentati come inediti. Veltroni ha tutto da guadagnare da primarie il più possibile autentiche, in grado di provocare una scelta fra candidature molteplici e magari innovatrici.
Sotto questo aspetto le ipotesi legate ai nomi di Rosy Bindi e Furio Colombo potevano, entro certi limiti, risultare gradite al sindaco di Roma. Nel momento in cui era in atto, da parte sua, una strategia “centrista”, volta a sedurre una parte dell’elettorato della Casa delle libertà, una sfida «da sinistra» gli era senz’altro utile in termini politici. L’anti-berlusconismo intransigente di Colombo e la passione cattolico-sociale della Bindi servivano a mettere ancora di più in luce la ragionevolezza e l’equilibrio di Veltroni. La sua capacità di parlare un linguaggio pacato, senza demonizzare gli italiani che hanno votato a destra.
Ora con Enrico Letta le cose cambiano. Letta (come del resto il suo amico Bersani, che non si è candidato) è un sincero riformatore, un uomo che sa parlare il linguaggio delle cose concrete. E sa farlo soprattutto rivolgendosi al Nord, a quella parte del Paese sfuggita di mano al centro-sinistra, ma che è decisiva in qualsiasi confronto elettorale. Inoltre Letta è realmente un «volto nuovo» della politica, benché cresciuto all’eccellente scuola di Nino Andreatta, che fu un vero modernizzatore. Il suo punto debole riguarda l’aspetto mediatico, cioè l’essere relativamente poco conosciuto dal grande pubblico. Qui Letta è sovrastato da Veltroni; ma in compenso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio gode di ottimi legami nel mondo economico e produttivo. Senza dubbio il suo profilo è quello di un personaggio credibile.
Forse non è un caso se ieri, mentre il nuovo candidato dava l’annuncio, il sindaco di Roma era a Milano, a proporre la sua ricetta per uscire dalla paralisi: un complesso di riforme volte a rafforzare il governo, da un lato, e la funzione di controllo delle Camere, dall’altro, sullo sfondo di un Pd «a vocazione maggioritaria». Obiettivo, un sistema «capace di decidere». Programma interessante, peraltro impraticabile in questa legislatura. Preso alla lettera, costituisce una spinta per tornare presto alle urne. In ogni caso, Veltroni dovrà guardarsi da Letta, che compete con lui sul terreno riformatore e ha una capacità non inferiore alla sua di parlare ai ceti medi e agli italiani del Nord. Ma un’altra insidia da ieri incombe sul sindaco.
La candidatura di Marco Pannella sarà anche una «provocazione», come si è detto. Ma è soprattutto una trappola politica. Nasce per mettere in luce l’appartenenza di Veltroni a un apparato, anzi per dimostrare che l’intero Partito democratico è in realtà un mondo chiuso, figlio della vecchia logica partitica. L’immediato «no» burocratico opposto alla candidatura sotto questo aspetto è un evidente errore. Si dà ragione a Pannella, si dimostra che il Partito democratico è ancorato a vecchie logica e non sa balzare oltre le solite barriere. Se è vero che il vecchio leader radicale ha voluto mettere in difficoltà Veltroni, non gli si risponde con ironia o con argomenti formali. Molto meglio aprirgli le porte del Pd. Sarebbe nello spirito del nuovo soggetto. O no?