RADICALI ROMA

Da Marco: contro la fobia antiradicale

  Qualche anno fa, un politico italiano denunciò “il genocidio culturale dei radicali” in corso in Italia; era il Presidente della Commissione di Vigilanza sulla RAI-TV. Si chiama Francesco Storace. Aveva profondamente ragione, aveva individuato, lui, non Umberto Eco, i termini giusti, appropriati, per definire un aspetto costitutivo della realtà storica italiana. Giustificherò in altro momento i termini di questa mia affermazione. E’ necessario e urgente. La realtà odierna, italiana e radicale, è il portato di quel genocidio, sul punto di esser compiuto. Stiamo divenendo, antropologicamente, una realtà ancora, spero, in bilico fra un ammasso di rottami e di macerie, e l’annuncio, la prefigurazione del nuovo possibile, cioè dell’inverosimile e dell'”impossibile” nel presente di tutti (gli altri).

Da molti segni, come realtà collettiva, siamo oggi esposti alla riduzione al “verosimile”, quindi al “conforme”, allo “scontato” che connotano irrimediabilmente l’immensa palude dell’esistente, della logica delle cose, dei regimi, dell’Ordine e del Disordine stabiliti.

Vorrei che si riflettesse anche su qualche verità data per scontata, anche da tanti, troppi di … noi. Il proprio del “nuovo”, del suo “seme”, è la sua “inverosimiglianza”, fino al momento in cui si afferma e diventa coscienza, conoscenza, riflesso comuni. È la nostra storia, quotidiana, che ha connotato, e connota (ma qui il “nostra” si restringe, oggi, paurosamente) i quasi 200.000 giorni attraversati – e formati, non di rado – dalla storia radicale, cioè dalla storia del soggetto politico organizzato radicale, che ho deciso di poter e dover contribuire a salvare di nuovo, impresa forse possibile grazie ai tanti, tantissimi, “radicali silenziosi”, per decenni, ma che hanno “parlato” e sono ancor oggi “parola” con le loro esistenze misconosciute, solamente intuite, riconosciute, con riconoscenza troppo distratta o avara, da quelli fra noi che hanno fin qui dato e danno il loro nome alla storia ed alla vita radicale.

Ciò premesso (e sento di già molti strillare o mormorare contro il mio stile incomprensibile; e bacchettarmi dai tanti maestri di “comunicazione” che sempre più numerosi mi ritrovo, ma che di rado conosciamo per quanto hanno comunicato e comunicano, loro :-)! ) torno al genocidio politico e culturale dei radicali, nostro. Alla damnatio memoriae della quale siamo oggetto (noi e questo paese), e – anche, sempre più – vittime e coautori.

Ieri ed oggi telegiornali e giornali sono tutti mossi e commossi – giustamente – dalla denuncia e dalla riparazione che il Presidente Napolitano ha compiuto sulla storia (negata) delle foibe. Mi associo a lodare il Presidente per questo suo nuovo intervento, ottimo nel merito e quindi anche secondo la “Costituzione materiale” (contro la Costituzione scritta) vigente per ora in Italia.

C’è un piccolo “ma”. Ma, nel giugno 1978 (se non erro), un deputato italiano e consigliere comunale neo-eletto, con i suoi compagni triestini, si recò – “pubblicamente” – alla foiba di Basovizza, ne commemorò gli infoibati e gli assassini italiani, e chiese verità, giustizia, pietas erga lares et penates, verso l’Italia e la Trieste di quei giorni (e di oggi, si potrebbe aggiungere).

Quel deputato e consigliere comunale Triestino non era Giorgio Almirante, e i suoi compagni non erano affatto camerati del MSI. No. Anche per loro le foibe, dove fossero, erano sconosciute. Da più di trent’anni. Certo, era pericolosissimo recarvisi, commemorarne, ricordarne vittime e assassini. Non di rado, “comunisti” de sinistra: GLI UNI E GLI ALTRI. No. Eravamo noi, Radicali. Telequattro di Chino Alessi fu il solo organo “di stampa” ad accennarne, e Radio Radicale.

Su una vicenda del genere, che sollevai procurandomi una denuncia alla Procura di Roma per vilipendio della Resistenza da parte di Giorgio Amendola e Lama, un anno dopo accadde il finimondo: quando ricordai che le famigerate SS uccise con l’attentato terroristico di via Rasella non erano altro che militari tedeschi di origine alto atesina, costretti ad arruolarsi dai tedeschi dopo l’annessione di quella zona alla Germania nazista. Ora, si tratta quasi di revisionismi “storiografici” di moda. Ma i “revisionisti” di oggi, allora si confusero con il coro “partigiano”.

Forse sei al corrente della mia decisione di preparare in questo periodo atti che non potrebbero non rivelarsi conclusivi della storia del Partito, piuttosto che lasciare che vadano in putrefazione la sua/nostra storia, la NOSTRA IMMAGINE, appestando definitivamente la intera storia del tempo e della società che sono i nostri, italiani (e non solo).

So bene che non pochi compagni si chiederanno: ma come? Proprio ora quando in meno di un solo anno, abbiamo DA SOLI costituito quel che era stato individuato come “l’unico nuovo evento della politica italiana”; eppoi il “caso Welby” di una profondità e di una estensione che tutt’ora stanno creando difficoltà senza precedenti al Vaticano e dintorni oligarchici del regime italiano; e poi il “Nessuno tocchi Saddam” e la conseguente iniziativa in corso per la moratoria universale della pena di morte?
Affronterò in altre mail che ti invierò questi temi, con i grandi “casi” radicali, ad es. Luca Coscioni e Piergiorgio Welby, dei quali poco e male si è compresa la realtà, l’accaduto. Così come il mio essermi mobilitato per rilanciare la vita e la forza (SE non è troppo tardi) del Soggetto Politico Radicale, ridotto in condizioni impossibili, fallimentari proprio dopo un lungo periodo di grande esposizione comunicativa senza precedenti nella nostra storia.

Per ora, ti confermo, con fiducia, che il Partito “porterà i libri” in Tribunale, come estrema risposta nonviolenta al “genocidio” del quale è oggetto. Questo se non raggiungeremo nelle prossime settimane almeno 5.000 iscritti, fra i quali almeno 100 parlamentari italiani, e 300 da altri paesi. Siamo, per ora, giunti a soli un migliaio di iscritti. Potremmo farcela solo se in poco tempo riuscissimo a quintuplicarci.

E’ una situazione folle? Certo. Ma, se puoi e vuoi ancora farmi fiducia e mobilitarti, possiamo farcela. Ne sono convinto. Sono folle, io, piuttosto che la situazione?
Speriamo bene. Scusami per averti richiesto tanto tempo, tanta attenzione. Come sempre, ti ringrazio se potrai e vorrai rispondermi. Io posso solo per ora assicurarti che comunque ti leggerò. Personalmente. Ciao.
MARCO
pannella@radicali.it