RADICALI ROMA

Da Roma l'impegno contro la voglia di atomica

Voglia matta di atomica. A 17 anni dalla caduta della cortina di ferro, la minaccia nucleare torna a spaventare il mondo. E lo fa adesso più di quando a contrapporsi erano due superpotenze in equilibrio. Ora la bomba è (o rischia di finire) in mano a stati cosiddetti “minori”, poco democratici, animati da forti “pruriti” di rivalsa, ansiosi di far pesare le proprie posizioni nel consesso mondiale. Con la fine dell’Urss è saltato il coperchio. Non c’è più controllo. E persino network terroristici o gruppi politici possono pensare di minacciare il pianeta con la cosiddetta “atomica sporca”, non nucleare ma radiologica.

Contro la sete di uranio arricchito a fini bellici si sono ritrovati i Nobel per la Pace. Ancora una volta, la settima, in Campidoglio. Una tre giorni promossa dal Comune e dall’International Foundation for Socio Economic and Political Studies per discutere di geopolitica, del futuro del nucleare e delle energie alternative. Manca al vertice uno degli uomini chiave; Mikhail Gorbaciov, presidente della fondazione, ha accusato problemi di salute. Peccato, perché l’ex leader sovietico è ormai di casa a Roma, un’amicizia personale lo lega a Veltroni e fu lui, nel ’99, ad avere l’idea di riunire i Nobel per la Pace nella Capitale contro la guerra in Kosovo.

In compenso sono presenti uomini che hanno cambiato la storia come Willem De Klerk, Lech Walesa, monsignor Carlos Filipe Belo, Mairead Corrigan Maguire e altri. Tra gli ospiti d’onore Akiba Tadatoshi, sindaco di Hiroshima, Rita Levi Montalcini, Jeremy Rifkin e Jayantha Dhanapala, rappresentante della Commissione sulle armi di distruzione di massa. All’ordine del giorno del summit la discussione della prima “Carta per un mondo non violento”, un documento normativo fondamentale al pari delle convenzioni già adottate ad esempio per i diritti dei bambini o per i diritti dell’uomo. Un primo passo per passare dalla non violenza come ideale alla non violenza come stato di fatto sancito a livello internazionale. Per raggiungere questo obiettivo, uno dei primi impegni del Segretariato permanente dei Summit sarà quello di fare in modo che la Carta venga in futuro sottoposta all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

PETER GABRIEL, LA PACE NELLA MUSICA
Il vero protagonista dell’evento è il musicista Peter Gabriel, premiato dai Nobel per il suo impegno in favore della pace con il “Man of peace 2006”. In un inglese emozionato, la rockstar ringrazia tutti e dice: “Ho ricevuto molti riconoscimenti nella mia carriera, ma questo è quello che per me ha più significato, per le persone che me lo hanno assegnato, che sono un esempio con la loro opera. Un grazie particolare va a Gorbaciov”. Accompagnato dalla moglie, dai figli e dai genitori in prima fila nell’aula Giulio Cesare, l’artista ricorda che proprio dalla madre “ha ereditato l’amore per la musica” e dal padre “quello per la tecnologia”. “La musica – sottolinea Gabriel – non è un talento, è un linguaggio. E’ stato durante il tour promosso da Amnesty Internazional nel 1988 che ho avuto la consapevolezza della sofferenza del mondo. Più divento maturo e più credo nel valore dell’istruzione. Se tutti nel mondo avessero la possibilità di accedervi on line o via telefono, molto cambierebbe. Sono ancora così ingenuo – chiude l’ex Genesis – da credere nella bontà e nella generosità dell’essere umano. Mi auguro che riusciremo ancora a trovare quell’elemento magico conficcato nella profondità della nostra anima capace di trasformare i dati in informazione, l’informazione in conoscenza, la conoscenza in saggezza e quindi la guerra in pace”.

CON IL PENSIERO A COREA DEL NORD E IRAN
Gorbaciov non manca di inviare un saluto a Gabriel: “Lui usa la musica, un linguaggio universale, per costruire la comprensione tra le culture, qualcosa che forse oggi è più necessario che in
qualsiasi altro periodo della nostra storia”. Nell’aprire i lavori, Veltroni spiega invece che la minaccia nucleare si scongiura facendo in modo che “il Trattato di Non Proliferazione sia rispettato in tutte le sue parti e che sia rafforzato e adattato alla realtà odierna”. Il titolo della conferenza è: “Atomo per la pace o per la guerra?”. E il primo cittadino di Roma manifesta “inquietudine” per “i recenti test atomici compiuti dal regime nordcoreano. Un atto grave, pericoloso e destabilizzante, un atto che impone fermezza e al tempo stesso la faticosa ricerca del dialogo”. Per Veltroni, “fermezza e dialogo” sono le strade da seguire anche per la crisi nucleare iraniana, “per arrivare al rispetto delle risoluzioni dell’Onu da parte di Teheran, a una effettiva cooperazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica e alla sospensione dei programmi di arricchimento dell’uranio”. Quindi giunge in Campidoglio il saluto del presidente della Repubblica Napolitano, che patrocina il vertice e non manca di complimentarsi per le finalità della conferenza: “Voglio esprimere il mio particolare compiacimento per il fatto che sia stata presa la decisione di costituire a Roma il Segretariato permanente dei Premi Nobel per la pace”.

UN GRIDO DI DOLORE DA HIROSHIMA…
All’indomani della scelta del Giappone di dichiarare il proprio diritto, almeno teorico, al nucleare, è particolarmente toccante l’intervento del sindaco di Hiroshima, Tadatoshi Akiba, presidente dei Sindaci per la pace: “Il dolore della mia città non può accettare che una simile tragedia possa ancora accadere. Per risolvere i conflitti non serve la vendetta, ma lo Stato di diritto e il dialogo. I sopravvissuti sono degli eroi. Utilizzare le armi nucleari, ci hanno detto, vuol dire portare il mondo alla catastrofe”. Ma purtroppo, per Akiba, “la famiglia umana non ha recepito il loro messaggio. Oggi rispetto al periodo della Guerra Fredda, c’è una maggiore possibilità che si torni a utilizzare le armi nucleari. Forse al Qaida sta cercando o ha già l’atomica. Per questo siamo mobilitati in una campagna di sensibilizzazione perché si arrivi a eliminare tutte le armi nucleari entro il 2020”.

…E L’ALLARME DELL’AIEA
A conferma delle parole di Akiba, arriva l’allarme dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica, che ha ricevuto il Nobel per la Pace nel 2005, ndr). “Oggi è relativamente facile aver accesso alla tecnologia nucleare – dice Tariq Rauf, direttore relazioni dell’ente – Alcune stime indicano che 40 o più Paesi hanno il bagaglio di conoscenze tecniche necessario per produrre armi nucleari. Gli sforzi internazionali per limitare l’espansione di tale tecnologia, e i controlli sull’export, hanno lasciato molto a desiderare”. Secondo Rauf, “ci sono networks clandestini di approvvigionamento nucleare che, quanto alla domanda, sono chiaramente in crescita”. Per cui: “Si dovrebbe avere tolleranza zero verso i nuovi Stati che sviluppano armi nucleari”. Soluzioni? Una roadmap per un disarmo concreto e irreversibile, sostiene l’esponente Aiea, e un migliore controllo della proliferazione sensibile di parti del ciclo del combustibile nucleare”.

Il summit prosegue fino a domenica con diverse sessioni di lavoro. Per consultare il programma dettagliato dell’evento è possibile visitare il sito internet.