RADICALI ROMA

Dal divorzio all’eutanasia. La lunga marcia dei Radicali. Trent' anni di disobbedienza

  Lì anche stavolta, nel posto giusto al momento sbagliato o viceversa se preferite. Loro, i radicali. Cassandre, mosche cocchiere, bastian contrari, pietre di scandalo. O forse testimoni scomodi, specchio dell’indicibile per la politica e la società. Anche stavolta, accanto al sudario  di morte voluto da Piergiorgio Welby, con determinazione e sempre in lotta politica. Par che ora non abbiamo violato alcuna legge, giusta o iniqua che sia, qualcuno giunge a dire che han dato a Welby quel che chiedeva papa Wojtyla giunto al culmine del suo calvario, ma non è improbabile che anche questa volta si mobiliti la macchina della giustizia. Comunque e di certo, sono nuovamente oggetto di polemiche. Disobbedienza civile, è il nome della colpa radicale. Quella colpa però che li porta sulle prime pagine dei giornali.

 

 

 

 Da sempre, sin dagli esordi della loro vicenda, quando salivano alla ribalta per campagne  solitarie e di totale marginalità, ignorati dalla politica. Profetici, talvolta. Perché non c’è dubbio che se l’Italia è infine giunta al riconoscimento dell’obiezione di coscienza, del servizio civile e a  far meno della leva obbligatoria, il merito è di quelle pattuglie che ogni 2 giugno mandato dal calendario, sul fluir degli anni ’50 e poi, si facevano trascinare a forza dalla polizia tentando di fermare la parata militare. Erano in tre o quattro, non di più. Col cartello al collo e le mani nude allora come oggi, nemmeno il tempo di sdraiarsi sui sampietrini dei Fori imperiali. Per anni ed anni l’Italia ha continuato a ignorare i carceri militari di Gaeta e Peschiera che in silenzio rinchiudevano i testimoni di Geova, e Roberto Cicciomessere bruciava la cartolina precetto per raggiungerli.

 

 

 

 Disobbedienti e non violenti. Che non vuol dire pacifisti, se nell’ignorata e lunga guerra che nei primi anni ’90 insanguinava i Balcani, Marco Pannella raggiunse il fronte indossando la divisa dei soldati croati. E le campagne contro la pena di morte, una vittoria ancora lontana ma testardamente perseguita da “Nessuno tocchi Caino”, che però ogni tanto e in qualche parte  del mondo porta a salvifiche moratorie? Come l’impegno contro la fame nel mondo, portato avanti a colpi di sciopero anche della sete, col rischio persino dell’autodistruzione. Pannella non mangiò per 40 giorni, schiere di radicali scesero in sciopero della fame, ma in Italia fu varato  il Fai e la legge 49, mentre la cultura della cooperazione è divenuta patrimonio internazionale. Tutto sommato, la battaglia più tranquilla e meno disobbediente è stata quella in difesa della legge istitutiva del divorzio. Vittoria principalmente radicale, quella del referendum nel giugno 1975. Sembrava dovesse spaccare la nostra società, ma ora si riconosce come conquista civile che consentiva a migliaia e migliaia di coppie l’emersione alla dignità e ai diritti civili. 

 

 Si rischia il carcere, se oltre ad affermare il diritto a una morte dignitosa, si aiuta pure ad esercitarlo. Ma non sono i tribunali a spaventare i radicali. Rita Bernardini, neo segretaria con 22 disobbedienze civili in bagaglio, offrì una stecchetta di hashish al giudice Caselli sollevando un pandemonio perché nessuno voleva arrestarla. Emma Bonino e Adele Faccio invece furono arrestate, durante una manifestazione contro l’aborto clandestino e a favore di quello legalizzato. La legge è giunta nel 1978, ma per anni i radicali avevano organizzato aborti assistiti col metodo Karman, per sottrarre mercato alle mammane e ai cucchiai d’oro.

 

 

 

 Shoccanti e provocatorie, le iniziative radicali. Come quella del novembre 1995 al Teatro Flaiano, era in corso la campagna per i 20 referendum e loro lamentavano l’oscuramento dei media. Forse ormai scontati e improduttivi i bavagli sulla bocca o l’incatenarsi ai cancelli della Rai, si presentarono nudi e crudi sul palco, con gran sofferenza e pudore. Perché accanto ai corpi ancor giovani della Bernardini e di Paolo Vigevano, si esibiva anche quello più anziano di Sergio Stanzani, e quello alquanto stanco di Lorenzo Strik Lievers. Quella volta però, nessuno osò denunciarli per offesa al pudore. E la foto, seppure in penombra rispetto a l’esibizione  originale, fu pubblicata da quasi tutti i giornali.

 

 

 

 Non è il carcere che spaventa i radicali: anzi se Pannella fosse arrestato ora, passerebbe  il miglior Natale della sua vita. Come nel ’75, quando fu arrestato per uno dei primi spinelli provocatori: ne scaturì la legge che depenalizzava il consumo, e 3.000 tossici uscirono di galera.