RADICALI ROMA

Dibattito radicale. «La Rosa ha deluso ma apre varchi liberali a sinistra

 

Al direttore – All’articolo di Christian Rocca sul «fallimento» elettorale, «clamoroso e ampiamente meritato», della Rosa nel Pugno ha già risposto Capezzone: si parla di un Silvio Berlusconi «astratto», come se non avesse deluso già le speranze di “rivoluzione liberale”. Certo, anche il centrosinistra è ben lontano da un livello adeguato di volontà e capacità riformatrici e liberali. Ma qui giungiamo al vero nodo. Il problema di certi commenti astiosi nei confronti dei radicali, quasi gongolanti per l’insuccesso della Rosa nel Pugno, è che scaturiscono da un retropensiero che andrebbe discusso. L’incontro con lo Sdi, e il conseguente apparentarsi con l’Unione, sarebbe stato un «errore». Chiariamoci allora: si rimprovera ai radicali l’insuccesso elettorale o un «errore» strategico? Sono due critiche diverse e spesso si cerca di far passare la seconda attraverso la prima.
Parlare di «errore» implica che tra diverse opzioni politiche, tutte più o meno praticabili, i radicali abbiano scelto quella dalle minori prospettive. In questo caso si sottintendono tre opzioni: allearsi con la CdL; entrare nell’Unione, ma senza la coppia di fatto con lo Sdi; andare alle elezioni da soli. Chi volesse sostenere che la strada intrapresa si sia rivelata sbagliata, dovrebbe dimostrare la praticabilità di una alternativa, o sostenere che fosse addirittura preferibile l’inazione.
Nella CdL ogni spazio per i radicali era chiuso, ormai l’ha ammesso anche Berlusconi che, stando a quanto si apprende dalle cronache, ha confessato il suo rammarico per aver sbagliato a non dedicarsi con più attenzione all’alleanza con i radicali, che ha riconosciuto essere determinanti. «Sapete – si è giustificato – che avevo contro l’Udc», e ha aggiunto che da «una serie di ambasciate d’Oltretevere si arguiva che da quelle parti un’alleanza del genere non sarebbe stata gradita». E se non è ingerenza questa! I radicali da soli sarebbero stati difficilmente accolti nell’Unione, come dimostra il veto alle regionali dell’anno scorso, e comunque ancor più ostracizzati. Di andar da soli neanche a parlarne (2001 docet).
Allora, dai Rocca e dai Diaconale mi sarei aspettato editoriali che, pur continuando a elencare i motivi di compatibilità dei radicali con il centrodestra, molti condivisibili, puntassero l’indice nei confronti di Berlusconi e della miopia degli alleati, che hanno fatto di tutto per espungere non solo Pannella & Bonino, ma qualunque forza liberale e libertaria dalla coalizione.
Prevedo la possibile obiezione. “E’ naturale, se non ci fosse stata la deriva laicista dei radicali e se Pannella non avesse optato per una linea libertaria che esaltava i contrasti con la CdL…” Ma ammesso e non concesso che nel centrodestra italiano non abbia cittadinanza un partito laico e libertario, non scordiamoci che da quando Berlusconi è sceso in campo, per tutti questi dodici anni, i radicali erano lì, con la loro «piattaforma elettorale liberale e liberista», pronti al dialogo, a fare tratti di strada insieme. Ricordiamo i referendum sull’articolo 18 e la separazione delle carriere, definiti «comunisti» da Berlusconi; il dialogo che vi fu per le regionali del 2000, un anno prima delle politiche; i “contratti” con il governo che Pannella proponeva di stipulare su singole iniziative; e ancora, un anno fa, l’iniziativa dell'”ospitalità”, l’ultima occasione non colta. C’è sempre qualcosa o qualcuno che convince Berlusconi che l’accordo “non conviene”.
Nel frattempo, andrebbe ricordato che i liberali della CdL si sono guardati bene dallo spendere la loro autorevolezza per aprire spazi ai radicali, per convincere Berlusconi. Come pure andrebbe registrato che alcuni radicali la strada della CdL l’hanno tentata in queste elezioni, andando incontro a un fallimento sul quale non ho letto altrettante attente analisi. I radicali “veri”, così li ha chiamati Berlusconi, anche a volerli votare era persino impossibile trovarli, perché neanche quelli Berlusconi ha avuto la grazia di “ospitare”. Così, i radicali che come Rocca non ce l’hanno fatta a votare le liste della Rosa chi hanno eletto al posto di Pannella? L’operazione che Berlusconi ha compiuto con il movimento di Della Vedova è sotto gli occhi di tutti e l’avrebbe tentata anche con Pannella & Bonino: offrire qualche seggio, ma inglobare l’elettorato radicale in Forza Italia.
Ebbene, è comprensibile che il simpatizzante radicale visceralmente allergico a Prodi e alla sinistra non ce l’abbia fatta a sostenerne, seppure indirettamente, la vittoria. Rispetto a questi voti mancati Christian Rocca espone molte buone ragioni che sicuramente hanno determinato una parziale erosione di elettorato radicale degli ultimi 10-15 anni. E’ stato sottovalutato l’impatto dello slogan statalista sulla scuola pubblica concesso allo Sdi ed erano fuori luogo i toni scontatamente anti-berlusconiani che a volte si sono sommati ai tanti cori già esistenti e, come si sa, controproducenti, senza aggiungere nulla in chiave “radicale”.
Tuttavia, il politico ha il dovere di ragionare in altri termini: da una parte di percorrere le strade praticabili nelle condizioni date, dall’altra di fare tutto il possibile per convincere l’elettore delle ragioni della sua scelta. Fallire nel primo compito vuol dire commettere un «errore» strategico; fallire il secondo spiega un insuccesso elettorale. Ammettendo pure che si assolvano al meglio questi due compiti, rimangono variabili imponderabili.
Il risultato della Rosa è nettamente deludente, perché la percentuale del 2,5 per cento è inferiore alla somma degli zoccoli duri radicale e socialista. Se soprattutto al Nord i radicali hanno perso i voti dei loro simpatizzanti più liberisti, anche i socialisti al Sud hanno disatteso le aspettative. Le indubbie doti comunicative di Berlusconi e la totale incapacità di Prodi nelle ultime fasi della campagna, giocate proprio sui temi sensibili a molti radicali, non hanno sicuramente giovato.
Non si può però disconoscere il risultato positivo del ritorno dei radicali in Parlamento con un numero di seggi cui da tempo non erano abituati. Di una necessità “disperata”, grazie alla loro abilità politica, hanno fatto virtù e speranza concreta, di nuovo sfuggendo alle maglie della partitocrazia. Alla Rosa nel Pugno si possono fare mille contestazioni, ma occorre riconoscergli di aver saputo, in questi mesi, aprire nel centrosinistra contraddizioni laiche e liberali – sia nei confronti del compromessino storico Ds-Margherita, sia della sinistra comunista – che nessuna forza liberale ha saputo aprire nel centrodestra. Ora la sfida è se sapranno tenere aperti questi fronti anche con la loro attività parlamentare. Qui si giocano il nome e la faccia. Vogliamo scommettere?