RADICALI ROMA

Grosse Koalition, il sogno è finito

Durante la campagna elettorale la CDU aveva annunciato un aumento di 2 punti delle aliquote dell’IVA spiegando che le maggiori entrate avrebbero consentito di ridurre i contributi sociali. La SPD aveva attaccato questa proposta dicendo che non c’era bisogno di aumentare le aliquote. Il compromesso raggiunto nella Grande Coalizione è stato un aumento di 3 punti, uno in più di quanto aveva chiesto la CDU. Inoltre meno della metà dell’aumento dell’IVA che entrerà in vigore i 1 gennaio 2007 sarà destinato alla riduzione dei contributi sociali: il resto andrà a Laender per aiutare i loro bilanci ed evitare tagli di spesa.

Problemi e ambizioni
Nel marzo dello scorso anno, prima delle elezioni, la signora Merkel aveva chiesto una riduzione del carico fiscale sulle imprese, annunciando che questo sarebbe stato un tema centrale della campagna elettorale della CDU. Per non dare all’opposizione un punto di vantaggio nella competizione elettorale, il cancelliere Schröder si impegnò ad un accordo bi-partisan: dal 2006 le imposte sulle imprese sarebbe state ridotte dal 38,3% al 32%. Ma l’avvicinarsi della campagna elettorale non consentì di tradurre in legge quell’accordo. Dopo le elezioni, il programma della Grande Coalizione apparve all’inizio ancor più coraggioso: le aliquote sui redditi d‘impresa sarebbero state ridotte al 30%. Così la Germania–che oggi è il paese europeo che tassa le imprese più duramente—sarebbe diventato un paese normale, con una tassazione nella media europea. Ma poi si scoprì che la riduzione delle aliquote sarebbe stata finanziata, almeno in parte, eliminando la detraibilità di alcune spese e in particolare degli interessi sui debiti. Per un paese nel quale il credito bancario rappresenta la maggior fonte di finanziamento delle imprese, questa decisione avrebbe l’effetto di vanificare quasi del tutto l’apparente beneficio fiscale.
Durante la campagna elettorale la CDU aveva attaccato il disegno di legge con il quale i socialdemocratici si apprestavano a recepire una direttiva europea in tema di eguaglianza di trattamento sul posto di lavoro, sostenendo che le nuove norme avrebbero ulteriormente aumentato il costo del lavoro per le imprese tedesche. Il progetto della grande Coalizione è, se possibile, ancor più estremo. Là dove la direttiva parla di “non discriminazione” riferendosi solo alla razza e al sesso, la legge di recepimento specifica in grande dettaglio i diritti dei disabili e quelli degli anziani e degli omosessuali. Inoltre un articolo della legge consente al sindacato di portare in giudizio un’azienda anche se il dipendente apparentemente discriminato è contrario a citarla i giudizio—un “mostro” come ha detto il presidente cristiano-democratico della Bassa Sassonia, Christian Wulff.
Gli esempi potrebbero continuare. La riforma del mercato del lavoro,la cosiddetta Hartz IV era stata criticata dalla CDU che proponeva mutamenti radicali. Nulla o quasi è accaduto: finora i cambiamenti alla Hartz IV sono stati del tutto marginali.
A un anno dalle elezioni la riforma della sanità–altro cavallo di battaglia della CDU–rimane in stallo. Il compromesso raggiunto tra CDU e SPD non modifica i pilastri di un sistema i cui costi stanno crescendo esponenzialmente e si limita a porre un tetto alla spesa sanitaria. Come sia possibile evitare che la spesa aumenti se non si modificano i diritti dei cittadini rimane un mistero che nessuno ha il coraggio di affrontare.

Nel marzo dello scorso anno, prima delle elezioni, la signora Merkel aveva chiesto una riduzione del carico fiscale sulle imprese, annunciando che questo sarebbe stato un tema centrale della campagna elettorale della CDU. Per non dare all’opposizione un punto di vantaggio nella competizione elettorale, il cancelliere Schröder si impegnò ad un accordo bi-partisan: dal 2006 le imposte sulle imprese sarebbe state ridotte dal 38,3% al 32%. Ma l’avvicinarsi della campagna elettorale non consentì di tradurre in legge quell’accordo. Dopo le elezioni, il programma della Grande Coalizione apparve all’inizio ancor più coraggioso: le aliquote sui redditi d‘impresa sarebbero state ridotte al 30%. Così la Germania–che oggi è il paese europeo che tassa le imprese più duramente—sarebbe diventato un paese normale, con una tassazione nella media europea. Ma poi si scoprì che la riduzione delle aliquote sarebbe stata finanziata, almeno in parte, eliminando la detraibilità di alcune spese e in particolare degli interessi sui debiti. Per un paese nel quale il credito bancario rappresenta la maggior fonte di finanziamento delle imprese, questa decisione avrebbe l’effetto di vanificare quasi del tutto l’apparente beneficio fiscale.Durante la campagna elettorale la CDU aveva attaccato il disegno di legge con il quale i socialdemocratici si apprestavano a recepire una direttiva europea in tema di eguaglianza di trattamento sul posto di lavoro, sostenendo che le nuove norme avrebbero ulteriormente aumentato il costo del lavoro per le imprese tedesche. Il progetto della grande Coalizione è, se possibile, ancor più estremo. Là dove la direttiva parla di “non discriminazione” riferendosi solo alla razza e al sesso, la legge di recepimento specifica in grande dettaglio i diritti dei disabili e quelli degli anziani e degli omosessuali. Inoltre un articolo della legge consente al sindacato di portare in giudizio un’azienda anche se il dipendente apparentemente discriminato è contrario a citarla i giudizio—un “mostro” come ha detto il presidente cristiano-democratico della Bassa Sassonia, Christian Wulff.Gli esempi potrebbero continuare. La riforma del mercato del lavoro,la cosiddetta Hartz IV era stata criticata dalla CDU che proponeva mutamenti radicali. Nulla o quasi è accaduto: finora i cambiamenti alla Hartz IV sono stati del tutto marginali.A un anno dalle elezioni la riforma della sanità–altro cavallo di battaglia della CDU–rimane in stallo. Il compromesso raggiunto tra CDU e SPD non modifica i pilastri di un sistema i cui costi stanno crescendo esponenzialmente e si limita a porre un tetto alla spesa sanitaria. Come sia possibile evitare che la spesa aumenti se non si modificano i diritti dei cittadini rimane un mistero che nessuno ha il coraggio di affrontare.

Il ruolo della Merkel
Non c’è da sorprendersi se il consenso per la signora Merkel tra gli elettori della CDU è sceso dal 30% nei primi mesi successivi alle elezioni al 18% durante l’estate e se gli imprenditori tedeschi sono sempre più delusi dalla Grande Coalizione. Tiene meglio invece la SPD i cui consensi dal giorno delle elezioni sono rimasti essenzialmente invariati: evidentemente il partito si dimostra più abile dei cristiano-democratici nell’impedire che la politica del governo incida sugli interessi dei suoi elettori, in particolare degli iscritti ai sindacati.
Per alcuni mesi la signora Merkel ha supplito all’inefficacia della Grande Coalizione impegnandosi–spesso con successo, come nel negoziato sul bilancio dell’UE–sulle questioni europee e internazionali e ricoprendo un ruolo super-partes più simile a quello tradizionalmente svolto dal Presidente della Repubblica. Il gioco evidentemente non funziona più. E’ sintomatico che nelle ultime settimane persino il Presidente Koehler, abbandonando il silenzio che tradizionalmente accompagna i Presidenti della Repubblica tedeschi, abbia espresso pubblicamente i suoi dubbi sull’azione del governo Merkel.
“Ciò che sinora abbiamo fatto non è sufficiente: non lo è per me, non lo è per la coalizione, ma soprattutto non lo è per la Germania” ha detto alcune settimane fa la signora Merkel. Ma l’affermazione stenta ad essere seguita da alcuna svolta nella politica economica.
E i problemi si fanno via via più urgenti. In Germania vi sono 4 milioni di disoccupati, un numero che i buoni dati recenti sulla crescita non riescono a scalfire. La spiegazione dei recenti succ
essi delle esportazioni tedesche è l’outsourcing. Di fronte ad un mercato del lavoro interno rigido e particolarmente costoso, le imprese spostano le produzioni all’estero: questo consente loro di contenere i costi ed esportare Ma il “modello Nike”—un’economia che si limita ad organizzare produzioni svolte interamente altrove—non basta a risolvere i problemi della Germania e soprattutto non offre alcuna via d’uscita ai 4 milioni di disoccupati.

Non c’è da sorprendersi se il consenso per la signora Merkel tra gli elettori della CDU è sceso dal 30% nei primi mesi successivi alle elezioni al 18% durante l’estate e se gli imprenditori tedeschi sono sempre più delusi dalla Grande Coalizione. Tiene meglio invece la SPD i cui consensi dal giorno delle elezioni sono rimasti essenzialmente invariati: evidentemente il partito si dimostra più abile dei cristiano-democratici nell’impedire che la politica del governo incida sugli interessi dei suoi elettori, in particolare degli iscritti ai sindacati. Per alcuni mesi la signora Merkel ha supplito all’inefficacia della Grande Coalizione impegnandosi–spesso con successo, come nel negoziato sul bilancio dell’UE–sulle questioni europee e internazionali e ricoprendo un ruolo super-partes più simile a quello tradizionalmente svolto dal Presidente della Repubblica. Il gioco evidentemente non funziona più. E’ sintomatico che nelle ultime settimane persino il Presidente Koehler, abbandonando il silenzio che tradizionalmente accompagna i Presidenti della Repubblica tedeschi, abbia espresso pubblicamente i suoi dubbi sull’azione del governo Merkel.”Ciò che sinora abbiamo fatto non è sufficiente: non lo è per me, non lo è per la coalizione, ma soprattutto non lo è per la Germania” ha detto alcune settimane fa la signora Merkel. Ma l’affermazione stenta ad essere seguita da alcuna svolta nella politica economica.E i problemi si fanno via via più urgenti. In Germania vi sono 4 milioni di disoccupati, un numero che i buoni dati recenti sulla crescita non riescono a scalfire. La spiegazione dei recenti successi delle esportazioni tedesche è l’outsourcing. Di fronte ad un mercato del lavoro interno rigido e particolarmente costoso, le imprese spostano le produzioni all’estero: questo consente loro di contenere i costi ed esportare Ma il “modello Nike”—un’economia che si limita ad organizzare produzioni svolte interamente altrove—non basta a risolvere i problemi della Germania e soprattutto non offre alcuna via d’uscita ai 4 milioni di disoccupati.

I vantaggi del bipolarismo
I problemi della Germania non hanno facile soluzione: il modello Nike ha salvato le esportazioni, ma dovrebbe essere accompagnato, come in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dalla crescita di un’economia dei servizi: servizi che impiegano capitale umano sofisticato, come istruzione, ricerca, finanza; e servizi che impiegano capitale umano poco istruito, come chi lavora da McDonald’s. Ma il mercato del lavoro tedesco offre poco sia su un fronte che sull’altro. Tra le prime 20 università al mondo neppure una è tedesca, e difficilmente quei 4 milioni di disoccupati—tutti ex-lavoratori dell’industria, altamente sindacalizzati—accetteranno un impiego da McDonald a pochi euro l’ora.
A un anno dalle elezioni ciò che soprattutto sembra mancare in Germania è una visione, un progetto di lungo respiro su come affrontare questi problemi. Quando governava la SPD, la CDU la incalzava e il cancelliere Shroeder avvertiva “il fiato sul collo” dell’opposizione. Oggi questa tensione si è dissolta. Le opposizioni, l’estrema destra e l’estrema sinistra, sono inesistenti. La Grande Coalizione è un duopolio incontrastato che si divide la rendita politica. Le prossime elezioni sono lontane, perché rischiare di avvicinarle affrontando i problemi del paese.
La grande Coalizione è stata una delle illusioni dell’estate italiana. Forse prima di abbandonarvisi sarebbe stata utile qualche buona lettura di ciò che davvero sta accadendo a Berlino.

I problemi della Germania non hanno facile soluzione: il modello Nike ha salvato le esportazioni, ma dovrebbe essere accompagnato, come in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dalla crescita di un’economia dei servizi: servizi che impiegano capitale umano sofisticato, come istruzione, ricerca, finanza; e servizi che impiegano capitale umano poco istruito, come chi lavora da McDonald’s. Ma il mercato del lavoro tedesco offre poco sia su un fronte che sull’altro. Tra le prime 20 università al mondo neppure una è tedesca, e difficilmente quei 4 milioni di disoccupati—tutti ex-lavoratori dell’industria, altamente sindacalizzati—accetteranno un impiego da McDonald a pochi euro l’ora.A un anno dalle elezioni ciò che soprattutto sembra mancare in Germania è una visione, un progetto di lungo respiro su come affrontare questi problemi. Quando governava la SPD, la CDU la incalzava e il cancelliere Shroeder avvertiva “il fiato sul collo” dell’opposizione. Oggi questa tensione si è dissolta. Le opposizioni, l’estrema destra e l’estrema sinistra, sono inesistenti. La Grande Coalizione è un duopolio incontrastato che si divide la rendita politica. Le prossime elezioni sono lontane, perché rischiare di avvicinarle affrontando i problemi del paese.La grande Coalizione è stata una delle illusioni dell’estate italiana. Forse prima di abbandonarvisi sarebbe stata utile qualche buona lettura di ciò che davvero sta accadendo a Berlino.