RADICALI ROMA

I Democratici che non votano con Rutelli

  Il Partito democratico ha votato a maggioranza a favore della ricerca sulle cellule staminali embrionali. Non si tratta però di quello italiano, che sui temi della bioetica s’è diviso prima ancora di nascere e che appare ben lungi dal risolvere a maggioranza le proprie controversie interne, bensì di quello europeo. Il fatto non è per questo meno significativo, considerato che l’European Democratic Party, che è altra cosa dal progetto italiano in corso d’opera e che a Strasburgo è accasato nel più ampio gruppo dei Liberali (Alde), è la creatura politica fortemente voluta da Francesco Rutelli e fondata poco più di un anno fa sull’asse privilegiato con i centristi francesi dell’Udf di François Bayrou e col supporto di altre piccole forze di ispirazione moderata. Ma andiamo con ordine, che sul fronte della bioetica la giornata è stata convulsa e ricca di spunti anche sul fronte nazionale.

 

 

 

 A cominciare dalla prima estemazione istituzionale di colui che la baruffa bioetica scatenò. Audito in commissione Sanità al Senato, il ministro dell’Università e Ricerca Fabio Mussi ha difeso in Parlamento la sua scelta di ritirare in Europa la pregiudiziale italiana contro la ricerca sulle cellule staminali embrionali e ha spiegato che la legge 40 sulla fecondazione assistita, che sarà regolarmente «applicata», non costituiva un vincolo rispetto al suo operato. “Siamo viaggiatori alla ricerca di possibili convergenze”, ha concluso Mussi non prima di aver ironicamente replicato all’intervento di un senatore dell’opposizione che si diceva preoccupato “per l’anima degli embrioni e per quella del ministro” («Penso che non si debba sollevare il sospetto che qualcuno non abbia l’anima, perchè diventa dura. Bisognerebbe istituire una commissione speciale per la verifica»).

 

 

 

 Nella stessa sede il ministro della Salute Livia Turco ha cercato a sua volta di cucire lo strappo invocando un «orizzonte condiviso di valori che faccia di questa materia, sempre più ingrediente del bene comune, parte di un’etica condivisa». Qualche ora prima delle concilianti audizioni dei ministri, nelle sale dell’altra Camera veniva ufficialmente varato, seppure in tono minore e con qualche pezzo mancante (la pattuglia di An), l’intergruppo cattolico Persona e bene comune, il cui primo vagito era un appello a Romano Prodi: «Il presidente del Consiglio dei ministri garantisca il voto contrario dell’Italia al finanziamento nell’ambito del programma europeo di ricerche che implichino la distruzione di embrioni umani». Ma di fatto, e qui torniamo al punto europeo di partenza, la riposta indiretta aIl’appello dell’intergruppo partecipato da 110 parlamentari tra cui i margheritini Renzo Lusetti, Luigi Bobba e Paola Binetti era già arrivata da Strasburgo.

 

 

 

 Nella mattinata di ieri l’euro parlamento ha dato via libera ai finanziamenti per la ricerca sulle staminali sia adulte che embrionali. Voto trasversale, quello dell’aula, che ha preso in mezzo per prima proprio la delegazione della Margherita. Dopo la bocciatura netta di un emendamento restrittivo del forzista Giuseppe Gargani e quella di misura del compromesso avanzato dalla cristiano sociale Angelika Niebler, che chiedeva di limitare il finanziamento della ricerca alle sole cellule create prima del 31 dicembre 2003 (gli eurodeputati dl hanno votato entrambi), l’emendamento del socialista Philippe Busquin che conferma i fondi alla ricerca sulle staminali sia adulte che embrionali e il no alla clonazione e passato con un margine ampio (284 voti contro 248, con 32 astenuti), grazie al voto scontato della quasi totalità del gruppo socialista (solo una dozzina di austro tedeschi ha votato contro), al consistente contributo del gruppo liberale e a un nutrito drappello di popolari per lo più spagnoli.

 

 

 

 Su quest’ultimo emendamento, il paletto più basso nella definizione dei limiti etici della ricerca, i Dl si sono divisi in due: a favore hanno votato il capo delegazione Lapo Pistelli, il vicepresidente dell’europarlamento Luigi Cocilovo e l’ex sindaco di Venezia Paolo Costa. Contro si è espressa la maggioranza dei margheritini: il fratello del premier, Vittorio Prodi, l’ex ministro Patrizia Toia, i deputati Susta, Andria, Veraldi, Losco. Una pattuglia finita in minoranza non solo nell’ampio e variegato gruppo dell’Alde, di cui fanno parte anche i radicali e dove in complesso solo 15 dei 70 membri presenti in aula hanno votato no, ma persino nel più ristretto circolo del Partito democratico europeo (25 membri), dato che sia l’Udf che i lituani del Darbo Partjia, la terza costola dell’Edp, hanno votato in gran parte a favore.

 

 

 

 In nessun altro paese come in Italia il pronunciamento di Strasburgo, inserito nel più ampio programma quadro di finanziamento della ricerca, ha prodotto tante reazioni. Scontata l’indignazione a destra. Su tutti, Ignazio La Russa: «E’ stata calpestata la dignità umana». Il nodo politico però sta a sinistra: i cristiano sociali della Quercia chiedono l’avvio di un tavolo dell’Ulivo, per il radical socialista Marco Cappato il via libera europeo è uno «stop ai fondamentalisti»,Toia si dice «avvilita e sconcertata” e ribalta l’accusa («A questo punto mi chiedo chi siano i veri talebani in questo Parlamento”), il solo Pistelli prova a derubricare il caso: «Nel programma quadro che abbiamo approvato dice al Riformista i fondi per la ricerca genetica coprono lo 0,8 per cento e solo 8 linee di ricerca su 80 riguardano staminali embrionali. E alla fine il programma è stato approvato all’unanimità. Se era un tale scandalo perché l’hanno votato tutti? Di cosa stiamo parlando?». Una risposta a Pistelli si trova nelle dichiarazioni provenienti dal fronte sinistro della coalizione, e dai Ds in particolare, dove si invoca la revisione della legge 40 e si valorizza la trasversalità del voto di Strasburgo per suffragare la tesi secondo cui l’Europa ha bocciato, per dirla come Mussi e il capodelegazione ds Nicola Zingaretti, «la spaccatura tra laici e cattolici sui temi bioetici». Magari non stanno parlando di Rutelli. Di certo ci stanno pensando.