RADICALI ROMA

I Radicali, isolati, al centro del dibattito

nnanzitutto credo sia doveroso ringraziare segretaria, tesoriera e presidente, perché ci hanno portato a questa Direzione con alcuni appunti, non dico “grandi” idee, ma appunti precisi, puntuali, di cui io personalmente avevo bisogno per farmi un quadro della situazione, dei mattoni che sono messi in piedi oggi nel partito e di quelli che occorre mettere in piedi per arrivare strutturalmente adeguati – non “idealmente”, ma come “forma” delle piccole cose che formano il partito – al Congresso di novembre. Non si arriva al Congresso se loro tre non ci danno e giornalmente non lavorano – chiedo scusa se dico “loro”, invece di “me” – per mettere insieme i mattoni della preparazione del Congresso. Senza di questo loro lavorio il Congresso sarebbe – in partenza – impossibile.

Detto ciò, mi viene un po’ di stupore quando sento dire, qui: “Dobbiamo aprire il dibattito…”: io credo che non abbiamo fatto altro che dibattere, da mesi, da anni, da sempre forse, e quindi questa “apertura” di dibattito non ha per me senso…

Pannella: E’ questione di ‘decidere’!. [Risate]

Già, insomma, sembra sia così: come se, dopo 50 anni, non abbiamo deciso niente. Dobbiamo affrettarci a decidere! Se no perdiamo il congresso… Come approccio non lo trovo adeguato alla realtà: trovo molto più adeguata l’attenzione di Rita e delle sue due compagne per arrivare a ‘decidere’ quotidianamente come arrivare concretamente al Congresso. Altro stupore ho provato, poi, per il fatto che Giavazzi e Alesina abbiano scritto un libro in cui si parla di ‘mercato a sinistra’, di ‘liberismo a sinistra’. Lo stupore era nel fatto che finalmente – come viene detto – ‘si arriva a parlare di mercato a sinistra’ mentre noi radicali stiamo qui a lamentarci come se avessimo le pezze al culo! Ma noi dovremmo essere a cavallo del trionfo!”. Ma si vede che non avete in casa almeno uno dei libri di Ernesto Rossi, che cinquant’anni fa diceva queste cose – sul mercato e la sinistra – e poi noi su quelle cose, le stesse che dicono oggi Alesina e compagni, abbiamo vissuto, 50 anni! E c’è di noi chi si sente con le pezze al culo, con le pezze davanti… Ma c’è da stupirsi! Quindi lo stupore mio è che si sia arrivati oggi a dire queste cose, e non so come. Un altro mio stupore sta nel fatto che c’era chi vedeva Giavazzi come quello che avrebbe rotto la “struttura”, come l’anti-Prodi per eccellenza, con il suo attacco ai sindacati, con gli appoggi diretti e indiretti del giornale che lo ospitava, con altre forze che non nomino e che oggi… eccetera, lo ricordate?…E oggi Giavazzi smantella tutto questo e dice: “Ma no, il liberismo è a sinistra”. Mi ha stupito, ma saluto questa trovata.

Altro stupore è per l’articolo di Ostellino – non è stato abbastanza citato – che commentava il libro di Giavazzi e Alesina: Ostellino – uno che i libri li legge tutti, veramente dal primo all’ultimo, e più sono accademici e più li legge – dice: “Ma il liberalismo non è il liberismo! Il liberalismo è innanzitutto il rispetto, la regola della legge, il diritto; la “rule of law”, detto in altre parole. Il diritto, la legge viene prima dell’economia, che pure i liberali ritengono sia componente importante del liberalismo… ‘Perché – ricorda Ostellino – il liberalismo, quello storico, è innanzitutto il liberalismo del diritto’. Forse ho sbagliato a leggere la firma… Qua sotto andava bene la firma di Pannella, mi sembra..

Pannella: Scusa, Angiolo, devo dire che quando ho letto con stupore, con felicità, quell’articolo – non so dove stavo – in un aeroporto, in aereo… ho telefonato a Radio Radicale e ho detto, così di getto: ‘È un evento storico che nasce dalla cronaca: il fatto che il ‘giornale della borghesia’ e Mieli sbattano questo, che è il nostro dogma, in prima pagina…’ Io ho sempre detto: “Il liberalismo è il centro di propulsione, il liberismo storicamente è di sinistra, dalla tassa sul macinato in poi!

Ma l’ennesimo stupore mio – non meravigliatevi di tutti questi miei stupori – è che Ostellino, dicendo questa cosa, non ha mica detto ‘Pannella’…Voglio dire, quello che mi stupisce è il fatto che ci si stupisca che questo avviene nel nostro paese. Il paese in cui avviene – l’ho vista oggi per la prima volta e giuro che non la compro – che esca, finalmente, una biografia di Salvemini: ma scritta da Gaetano Quagliariello. Come dire: questo è il paese dove s’inventa, dove si scopre il liberismo di sinistra, ma poi si torna sempre all’ inciucio, al trasfosmimo – chiamalo come ti pare – perché con un libro su Salvemini scritto da Quagliariello forse siamo a un livello solo un po’ migliore della biografia di Ernesto Rossi scritta da Giuseppe Fiori! Siamo a questo livello! Questo è un paese del trasformismo, tipico, di intellettuali di questo genere, che saltano di qua e di là… Quagliariello salta da Salvemini a Ratzinger, come se fosse un trapezista!.

Beltrandi: Angiolo, accetti una piccola interruzione? Il libro di Giavazzi si intitola ‘Il liberismo è di sinistra’; è ben diverso che ‘Il liberismo è a sinistra’…

Certo! Lui solleva un grande problema, che è il problema einaudiano, salveminiano, rossiano..

Pannella: Einaudi è ancora più moderno degli altri, perché lui era federalista, e federalista europeo, dal ‘18!

Sì, tra l’altro c’è anche questo…Allora quando io sento dire, proprio qui: ‘Ma noi siamo isolati’,… Beh, no, non lo accetto. Perché anzi noi siamo al centro della storia! Noi siamo l’alternativa a queste forme di inciucio; siamo gli antagonisti, l’alternativa vivente a questo modello di paese, che si inventa il Giavazzi di oggi ma poi si ritrova con il Quagliariello che scrive di Salvemini! E mi dimentico che quest’anno ci sono stati almeno due convegni su Rossi – al secondo non ci sono nemmeno andato – in cui ho cercato di far capire che Rossi non è il ‘democratico ribelle’ che ci viene ‘venduto’, ‘spacciato’, dai Fiore e da tutti gli altri pur di non dire che Rossi è il grande alternativo radicale, sui temi della chiesa, del liberismo, del liberalismo! È l’uomo dell’alternativa, che inventa i temi dell’alternativa! Macché, quelli dicono che lui è il ‘democratico ribelle’, cioè nulla… E’, sì democratico, ma è anche un po’ bambinone; tanto simpatico, ma… Al “Mondo” dicevano: “L’Ernesto è tanto bravo, ma non capisce niente di politica”. Era, ed è ancora questa, la logica dominante.

C’è un nostro amico, un radicale e coscioniano, che sta pensando a un convegno su Rosario Romeo, lo storico. Perfino in questo convegno c’è il rischio che il moderato Romeo divenga un’icona del conformismo italiano. L’uomo che ha scritto il libro che è l’anti-De Felice per eccellenza! Due cose importanti ha fatto Rosario Romeo, secondo me: la biografia di Cavour, che era il voler dire in termini intellettuali, colti: ‘Cavour è l’antitesi dell’Italia di oggi, perché è quello che tenta la via liberale, che poi viene realizzata in forme assai diverse, giolittianamente’: Romeo intuisce questo dato dell’antiteticità di Cavour rispetto allo svolgimento della storia italiana (è dunque l’anti-De Felice, perché De Felice invece cerca di dimostrare, e forse dimostra, che Mussolini incarna perfettamente questo paese…). L’altra cosa che va ricordata di Romeo – e non so se in quell’eventuale convegno verrà ricordata – è che condusse una battaglia eccezionale negli anni ‘50 e ‘60 sull’interpretazione del Risorgimento, quando il mondo cattolico e il mondo comunista parlavano, congiuntamente, di ‘Risorgimento mancato’ perchè non c’era stata la rivoluzione contadina…

Pannella: Acchiappando anche un po’ di Gobetti…

…Sì, certo, ma lasciamo perdere
, altrimenti andiamo troppo lontano. Romeo diceva: “No, la pressione sui contadini, sulle masse, era il modo per fare accumulazione primitiva capitalistica, senza la quale non si fa la rivoluzione industriale, senza la quale non si faceva il Risorgimento, in termini europei”. Ma io voglio solo dire che temo che anche il moderatissimo Romeo rischia di diventare vittima di questo conformismo! Volete un’ultima cosa su questo paese? C’è qui accanto a me, questa gentile studentessa che ha un volume, un testo universitario: ‘Donatella Della Porta, Introduzione alla Scienza Politica’. Sono andato a sfogliare l’indice, dove c’è tutto: liberalismo, eccetera…Ma manca la parola ‘laicità’! In questo testo universitario: ‘Introduzione alla scienza politica’, nell’indice manca la parola ‘laicità’! E allora voi vi meravigliate: ‘Ma perché siamo isolati?’. E invece io vi dico che noi non siamo isolati, perché noi siamo al centro del dibattito! Perché siamo quelli che puntualmente, nel momento in cui il dibattito nasce, troviamo la chiave storicamente importante, non nell’immediato, non cronachisticamente! Perché il vero passaggio all’alterità, all’alternativa più che all’alternanza, passa – in questo paese – da qui! E non da oggi, ma da cinquant’anni. Credo che proverò a scrivere un articolo su questo, lo intitolerò…

Pannella: Destra storica e sinistra liberale…

…No, no… E mo’ tu Marco ti incazzi! Mi hanno detto: ‘Ma sei matto a mettere quel titolo?’, e invece io lo intitolerò: ‘La battaglia perduta di Pannella’.

Pannella: Io non mi incazzo, io mi tocco i coglioni…

…E’ lo stesso… lo facciamo tutti quel gesto… Partirò, nel saggio, dalla mozione di Torino del ‘71, che ricordo per motivi – ahimè – personali. Perché fu importante? Perché lì Marco arrivava per la prima volta a dare una definizione complessiva e completa del termine ‘regime’. Lì appare la parola ‘regime’ in termini strutturali: vi si prendeva in esame il ruolo dell’ENI, il coinvolgimento dei partiti in quel sistema di finanziamenti, la funzione di perno della DC, e tutto quello che poi ne è seguito. Ricordo quella mozione perché secondo me ha rappresentato un momento fondante della vita di questo partito. Su questa idea del ‘regime’ siamo vissuti e abbiamo costruito identità, battaglie, la stessa nozione di alternativa: purtroppo, però, quella interpretazione storica non è divenuta di dominio comune. E’ stata negata fuori del partito – e questo si capisce, perché accettandola si metteva in discussione tutto l’assetto dei partiti, si dava ragione alla condanna della ‘partitocrazia’ quale responsabile del ‘caso Italia’ – ma la si è respinta anche, da molti, all’interno del partito: e questo magari spiega molte defezioni, molti ripensamenti e fughe in avanti, anche recenti e recentissime: accettando fino in fondo la tesi del regime, del ‘caso Italia’, ci si preclude sicuramente molte speranze e ambizioni di successo immediato… Per questo ho parlato di ‘battaglia perduta’ di Marco.

Ma grazie a quella lontana intuizione e a quel che ne è seguito, noi siamo ancora qui, in questo momento – e si pensi a quest’anno, con Welby e le cose che ne sono scaturite – al centro, in senso quasi europeo, della situazione. Perdenti? Soli? Ma, se è vero che la chiesa cattolica ci osteggia, cerca di isolarci, è la chiesa cattolica a trovarsi in difficoltà, ben più di ieri! Quando un Ruini, addirittura, non essendo più presidente della CEI, e quindi formalmente in qualche modo fuori dal gioco per rispetto del suo successore (che fai, Ruini, vai a togliergli la sedia da sotto il sedere?), si pronuncia sulla vicenda Welby in quei termini, come ha fatto recentemente, vuol dire che in qualche modo là dentro c’è uno sconquasso. All’epoca della presidenza Ruini nessuno – cardinale, vescovo, monsignore, prelato – avrebbe fatto qualcosa di simile. Forse il cardinal Martini ne aveva l’autorevolezza e forse anche quel gruppo bolognese di studiosi – interessantissimo – che era intorno al prof. Giuseppe Alberigo, con Alberto Melloni ed altri, che non sono i Dom Franzoni di un tempo…Sono secondo me molto di più, perché non fanno grandi apparizioni nelle piazze, non vanno a cadere nelle braccia del PCI che fece la puttanata di accogliere quelli, i vari don Franzoni, per poi smorzarli e spegnerli, come con Don Mazzi. Questa è gente più silenziosa ma molto più resistente…Insomma, quando si dice: “Oggi la chiesa è…”, stiamoci attenti, perché la chiesa è in enorme difficoltà, proprio grazie alle nostre battaglie! Anche perché, più il dibattito va avanti e più diventa europeo, internazionale! Quando papa Ratzinger va a Vienna per parlare all’Europa, l’Europa – figurati – dall’altra parte come gli risponde? Gli risponde con la “chimera” di Londra, con la scienza che va avanti…e non è Zapatero! Molti di quelli che hanno incensato Blair, che si sono riempiti la bocca di Blair, adesso devono scappare via perché i blairiani gli fanno lo scherzetto di approvare la chimera o quel che sia. L’Europa è anche questo, non è solo la Polonia. Questi polacchi che quando parlano di letteratura sono molto bravi, ma quando parlano di politica sono rimasti alla Dieta, alla Dieta seicentesca, che impediva di governare al re di Polonia, perché lì c’erano i baroni feudali, i partitocratici di oggi, in fondo. La Polonia è questo; però poi in Europa, per fortuna, c’è l’Inghilterra, c’è Zapatero e altro. E voglio vedere anche questo Sarkozy, che io continuo a detestare, ma che ora sulla Turchia pare che ‘apra’ in qualche maniera. No? Comunque mi basta Blair, che pure mi era tanto antipatico…

Pannella: Il quale da due anni sta lì lì per convertirsi, e adesso…

E ora parliamo un po’ della faccenda del Partito Democratico. Ma come si fa a mettersi a tavolino con loro, come alcuni anche qui chiedono? Lì c’è la tradizione democristiana, cattolica, comunista… Che possiamo aggiungere, noi? Beh, se le cose sono in queste condizioni noi, per sederci al tavolo con loro, per discutere con loro, dovremmo rinunciare alla tradizione radicale! Però, anche senza sederci al loro tavolo, noi con loro stiamo stiamo discutendo sul serio: li abbiamo costretti a scoprire le loro difficoltà. Forse non siamo i soli, sicuramente lo hanno fatto anche altri, anche Macaluso li attacca da giornalista e saggista: ma noi, con l’iniziativa di Marco e con la loro risposta negativa, li abbiamo costretti a scoprire la loro debolezza fondamentale! Se quelli lì vanno a costituire quel partito, sarà un partito la cui debolezza non è quella che denuncia Pannella, o quella che denuncia Macaluso. È una debolezza storica, a causa della quale questi non sfonderanno, in un paese che ha bisogno di altro e che sta chiedendo altro! Qui ha ragione perfino Padoa Schioppa, che ha detto: “Noi andiamo incontro alla rivolta fiscale”. Questo è il vero problema. Veltroni…(se volete fare una critica al sindaco di Roma, chiamate me, piuttosto che insistere sulla faccenda degli affitti scandalosi…)…Veltroni è pericoloso, ma anche intelligente. Capisce che la strada da seguire è più o meno quella… Il problema è: ce la farà? La mia impressione è che sia impossibilitato lui stesso.

Noi ci troviamo di fronte a un paese in cui le grandi alternative sono due: da una parte c’è la nostra, testimoniata da 50 anni di lotte e con cui quelli là devono fare i conti. La chiesa deve fare i conti con noi, mica con Rutelli, mica con altri. Siamo noi i loro interlocutori! Ma vi rendete conto? E li teniamo in scacco, bene o male, tra una sconfitta e una vittoria…Quando dicono: ‘C’è gente ideologicamente anti… contro la chiesa, ecc.’, ebbene, pensano a noi! Poi non è esattamente così, magari, perché il nostro discorso è un po’ più complicato… L’altra alternativa è quella che io temo, forse ora un po’ meno, ma che quest’estate ho temuto a lungo: il tentativo
sarkoziano sintetizzato nella “rupture”: il tentativo di creare la rottura traumatica dello schema del finto bipolarismo, del continuum attuale che è l’ossatura della partitocrazia; un continuum che sembra essere un modello, o un gioco, di alternativa tra ‘più statalismo’ e ‘più liberismo’, ma resta un vero e proprio continuum nel quale si passa piano piano, ma senza strappi, senza gap, dallo statalismo al liberismo.

Pannella: Angiolo, si chiama ‘affasciare’!

Esatto. Era il rischio montezemoliano, che io non ho sottovalutato, anzi forse ho sopravvalutato, perché non sono in grado di calclarlo, di misurarlo…Qualcuno ha parlato di ‘flat tax’, che per quanto mi consta è una gran cazzata: pare che funzioni in Irlanda, nei paesi sottosviluppati. Però è un discorso che va incontro ai desideri della gente di oggi, la quale vuole esattamente che gli si dica questo e nient’altro che questo! Perché dovunque andiate c’è questo senso delle tasse oppressive, eccetera…Ovvio che quando uno gli si presenta davanti e dice “flat tax”, aliquota al 20% per tutti, capirete che piglia voti a-gogò. E qualcuno c’è che vuole utilizzare quella chiave lì, cioè spaccare il paese partendo dall’ipotesi della rottura sulle tasse, dal malcontento, chiamatelo come vi pare… Badate, però, che da quella parte, da chi fa questo discorso, nessuno affronta la questione del debito pubblico: parlano, invocano, la riduzione delle tasse, ma del debito pubblico… mai! Io non ci capisco nulla, ma sicuramente anche il tema del debito pubblico va messo sul piatto della bilancia del dibattito economico. E chi va a mettercelo, oggi…! Il richiamo di Padoa Schioppa: “Non si possono ridurre le tasse se non si riducono le spese”… Ma che glie ne frega alla gente! E invece il dilagare di questo tipo di atteggiamento: ‘rompiamo sulle tasse, sulla flat tax o quello che sia, sul liberismo’…Sono parole, però politicamente hanno un enorme peso. Siamo forse a pochi mesi dalle elezioni e il gioco si farà sempre più duro, se le elezioni davvero ci saranno e non ci sarà il referendum.

Ho sentito parlare di “caso Italia”, della televisione, della negata presenza radicale. Certo, tutte cose che sappiamo da sempre, figuriamoci. Ma c’è qualcosa che oggi mi spaventa ancora di più: se voi guardate i telegiornali – tutti, dal Tg1 a quello di La7 – oggi non ce n’è uno che non inizi col ‘delitto di sopra…’ e non finisca col ‘delitto di sotto’! C’è un martellare continuo in questo senso, allarmistico, e questo non può essere un fatto casuale, perché non è solo il Tg2 – filoberlusconiano – o Mediaste, a farlo!

Pannella: È un fatto ideologico! Miguel de Unamuno diceva: “I fascismi sono innanzitutto necrofili”.

No, no, Marco, questo è un dato preelettorale, amici miei. Qui si sta scaldando l’opinione pubblica, partendo dal primo telegiornale, che dovrebbe essere quello governativo ed è non dico il più berlusconiano, ma quasi… Perché la TV è tutta uniformata…e se andiamo alle elezioni con questo clima, tra questo allarmismo e il clima della flat tax o della riduzione delle tasse, del cosiddetto liberismo ideologico… Questo è il vero problema del caso Italia: C’è un rischio, gravissimo..

Bonino: E’ incontrovertibile anche un altro dato, però. Forse tutto si svolgerà sulle tasse, sulla flat tax e tutto quello che vi pare, rimane il fatto che i comportamenti sostanziali di buona parte dell’opinione pubblica che evadeva le tasse cambiano e la gente comincia a pagarle…

Non è che comincia: vi viene costretta, perché qualcuno finalmente viene a guardargli i conti, a certa gente, perché per 5 anni c’è stata – e questo nessuno lo vuol dire – una politica…Mi ricordo quando all’inizio del governo Berlusconi al Ministero delle Finanze ci fu lo smantellamento di non so quale struttura di controllo delle tasse: la smantellarono completamente. Cioè, il gioco berlusconiano era: le tasse sono alte, perché non riusciamo a fare la diminuzione strutturale delle spese e i tagli…Chi ce lo fa fare?!? Con i dipendenti pubblici, la scuola, i professori, eccetera…Però. non le pagate le tasse! Questo è il paese in cui non dico che siamo al livello unico del 20%, ma siamo quasi lì, per la maggior parte dell’imprenditoria e non solo! Paga tasse da flat tax, o quasi!

Bonino: Solo il 4% degli italiani denuncia un reddito superiore ai 100mila euro, il che vuol dire, se fosse vero, che non si venderebbe una macchina, non si comprerebbe un frigorifero, non si andrebbe in vacanza..

Appunto! Questo è il paese in cui la flat tax c’è attraverso questo meccanismo ‘tremontiano’. Gli hanno regalato l’assenza delle tasse, i condoni… e quando arriva un ministro un po’ ‘tardigrado’ come Padoa Schioppa, o come Visco, poveraccio, che dice: ‘Vabbè, insomma, cerchiamo di fare pagare le tasse’, paga lui pegno, il prezzo per tutti: l’omicidio è pronto, si butta dalla torre il capro espiatorio su cui riversare tutto l’odio dell’opinione pubblica. Questi, amici, sono i dati sui quali secondo me dobbiamo confrontarci, dati negativi, pericolosamente negativi. Il paese va verso il “law and order”… Rita ha cominciato il suo discorso dicendo: ‘Siamo il partito della legalità’ ed ha sciorinato tutta la strategia della nostra legalità. Ma questo è un paese che non vuole la legalità, in questo momento, perché gli viene insufflata da tutti, dalla stampa, dai media, l’idea ossessiva della ‘legge e ordine’.

Pannella: Un ordine contro la legalità!

Voglio dire: figuriamoci se non c’è bisogno di mettere un po’ d’ordine…Ma a mia moglie, se le tolgono i lavavetri, che fa? Si mette lei la mattina a pulire il vetro della macchina? Sarebbe un problema di organizzazione, di polizia, basterebbe un poliziotto, un vigile urbano…

Bonino: I lavavetri ci sono in tutto il mondo, non è che improvvisamente ci stanno solo a Firenze e a Firenze sono particolarmente aggressivi…

Emma, io con gli amministratori di Firenze ce l’ho poco, perché quelli si trovano a dovere andare, mi pare, alle elezioni comunali con la strizza, e allora si buttano sulla prima cosa…

Pannella: I lavavetri poi non votano…

Tra l’altro, appunto…E così lo prendono in quel posto loro, poveracci. Questo è il quadro di fronte al quale noi siamo, nel momento in cui siamo, o ci sentiamo, isolati. Ma noi siamo l’alternativa rigorosa a tutto questo. Con una – mia – preoccupazione: noi oggi stiamo scoprendo l’economia, ci diamo da fare con i ventisei punti e queste cose qua…Secondo me la nostra è un’azione ritardata e insufficiente. Perché, a meno che non abbiamo una enorme capacità di dare loro spazio e diffusione, le risposte che noi tendiamo a fornire sono tardive rispetto all’aspettativa – terrificante – dell’opinione pubblica, ed è questa aspettativa che noi non so se riusciremo ad affrontare, ad incontare. Non mi preoccupa il resto – se riusciremo a stringere alleanze o non alleanze – perché forse magari qualcuno verrà a cercarci, per fare con noi una alleanza per quei 500mila voti che dovremmo o potremmo portargli a un’eventuale elezione…

Pannella: Per ora il tentativo consapevole è di ridurci da 500 mila a 150 mila…

Certo, ed abbiamo poco da fare per opporci, con questa televisione, con questi media Ma, certo, il problema della televisione deve essere affrontato. Però il nostro modo di entrare nell’informazione è sempre stato uno e uno solo: il grande evento, lo sfondamento del grande evento. Certo, non è che si possono ripetere i casi Welby, però quel caso Welby ha creato per noi più e in modo più duraturo di quanto siano stati 50 o 100 passaggi di altri innominati, che abbiamo sopportato (ma che io non ho mai sopportato). Scusate la lunghezza.