RADICALI ROMA

Il Manifesto – Bonino e Civati per le delibere che annientano la Mafia capitale

di Eleonora Martini

È al Roma Pride che i Radi­cali hanno comin­ciato a rac­co­gliere le firme sulle due deli­bere di ini­zia­tiva popo­lare pre­sen­tate ieri che pia­ni­fi­cano, «come finora non è mai stato fatto», il supe­ra­mento dei campi rom e la riforma dell’accoglienza ai rifu­giati. Per­ché, come dice durante la pre­sen­ta­zione in Cam­pi­do­glio il pre­si­dente di Cild Patri­zio Gon­nella, «i diritti di uno sono i diritti di tutti». «Anche que­sto ha un senso. Pro­fondo. Chi si sente escluso, mar­gi­na­liz­zato, sot­to­rap­pre­sen­tato, ha una bella occa­sione per farsi sen­tire», incita Pippo Civati.
14desksotto destra bonino manconi romaNella sala della Pic­cola Pro­to­mo­teca Emma Bonino cita Man­zoni: «Il buon senso ancora c’era ma se ne stava acquat­tato, com­ple­ta­mente tra­volto dal senso comune». Come al solito i Radi­cali hanno scelto il lavoro più sporco e impo­po­lare, quello più dif­fi­cile: uscire in strada per con­tra­stare il senso comune costruito e fomen­tato da anni di cam­pa­gne media­ti­che raz­zi­ste con­tro i rom e i «clan­de­stini» e che, con le rive­la­zioni sulla Mafia capi­tale, si arric­chi­sce ora di un «vele­noso sil­lo­gi­smo», come lo chiama il sena­tore Pd Luigi Man­coni, «di for­mi­da­bile sug­ge­stione»: «Se sui ser­vizi ai rom e sull’assistenza ai pro­fu­ghi si sono costruiti sistemi di cor­ru­zione e di spe­cu­la­zione, allora basta eli­mi­nare rom e rifugiati».
Così, invece di con­fi­dare ancora sull’impegno del con­si­gliere Ric­cardo Magi, pre­si­dente di Radi­cali ita­liani, o sul buon senso di (pochi) altri, un comi­tato di asso­cia­zioni — A buon diritto, 21 luglio, Cild, Arci Roma, Asgi, Un ponte per, ZaLab e Pos­si­bile (di Civati) — hanno dato vita con i Radi­cali Roma alla cam­pa­gna «Acco­glia­moci, per una capi­tale senza ghetti né ruspe». E al sin­daco Marino, Bonino e Magi «riba­di­scono la richie­sta di pre­sen­tarsi in Assem­blea capi­to­lina con una rela­zione poli­tica sul mal­fun­zio­na­mento dei con­trolli interni dell’Amministrazione e di descri­vere in modo chiaro pochi punti di riforma e di reale rot­tura che intende perseguire».

Cin­que mila firme da rac­co­gliere in tre mesi per por­tare le deli­bere in Assem­blea capi­to­lina. Che dovrà votarle, anche dopo un even­tuale rin­novo elet­to­rale, pena dif­fida presso la pre­fet­tura (azione a cui dovette ricor­rere Magi per costrin­gere l’allora pre­si­dente Mirko Coratti a calen­da­liz­zare la deli­bera sul testa­mento bio­lo­gico). La prima deli­bera pre­vede un’indagine cono­sci­tiva per ana­liz­zare le esi­genze di cia­scun nucleo fami­liare rom e sinto che vive negli otto vil­laggi di soli­da­rietà, nei quat­tro vil­laggi non attrez­zati e nei tre cen­tri di rac­colta defi­niti «discri­mi­na­tori» nella con­danna inflitta il 30 mag­gio scorso dal Tri­bu­nale di Roma al Cam­pi­do­glio, e che costano milioni di euro l’anno. Un’indagine neces­sa­ria per avviare per­corsi spe­ci­fici di vera inclusione.

È pre­vi­sta inol­tre l’elaborazione di un piano per la chiu­sura dei campi che «defi­ni­sca i tempi, i modi e gli inter­venti di accom­pa­gna­mento all’inserimento abi­ta­tivo e sociale, attin­gendo agli stan­zia­menti già pre­vi­sti e, lad­dove pos­si­bile, alle linee di finan­zia­mento euro­peo». Una serie di azioni, que­ste, che «nem­meno l’attuale asses­so­rato alle Poli­ti­che sociali sta met­tendo in atto», afferma Magi che smen­ti­sce quanto rife­rito al mani­fe­sto dall’assessora Fran­ce­sca Danese: «Un piano pronto per l’autorizzazione della giunta? A noi non risulta. Da novem­bre invece hanno in mano le nostre pro­po­ste, ma non ne abbiamo saputo più nulla».

Nem­meno i conti ripor­tati da Danese tor­nano al con­si­gliere comu­nale: «Siamo pas­sati dai 22 milioni di euro spesi effet­ti­va­mente nel 2013 nel busi­ness della “soli­da­rietà” ai campi rom (e non un euro alle fami­glie), al di là delle pre­vi­sioni ini­ziali e in nome degli inter­venti emer­gen­ziali, agli attuali 8 milioni pre­vi­sti nel bilan­cio pre­ven­tivo di cassa: come fanno a far par­tire un piano in attua­zione alla stra­te­gia nazio­nale di inclu­sione senza pre­ve­dere qual­che risorsa in più, neces­sa­ria per il lavoro di media­zione cul­tu­rale e per l’assegnazione degli alloggi?».

La seconda deli­bera pre­vede il moni­to­rag­gio e la rior­ga­niz­za­zione, attra­verso l’istituzione di una cabina di regia, del sistema di acco­glienza dei richie­denti asilo e dei tito­lari di pro­te­zione inter­na­zio­nale a Roma. «Un sistema — rife­ri­sce Clau­dio Gra­ziano di Arci Roma — che nell’ultimo anno e mezzo si è decu­plicto, pas­sando da 300 a 3 mila strut­ture di acco­glienza: resi­dence, alber­ghi, grandi cen­tri che hanno alte­rato il senso anche del sistema Sprar». E invece la solu­zione sta in un’accoglienza più dif­fusa sul ter­ri­to­rio e integrata.

Ed è urgente. Per­ché, come ammo­ni­sce Bonino, «l’Europa e l’Italia non pos­sono più sot­to­va­lu­tare il pro­blema strut­tu­rale di milioni di pro­fu­ghi che desta­bi­lizza il Sahel e tutta l’Africa. E noi non pos­siamo dimen­ti­care di quante car­rette del mare piene anche di ita­liani sono spro­fon­date tra la Prima e la Seconda guerra mondiale».