RADICALI ROMA

Il Patto in Comune.

La legge finanziaria chiede molto agli enti territoriali nel 2007; circa 3 miliardi di euro di risparmi alle Regioni sulla spesa sanitaria, e altri 4,6 agli altri enti territoriali (compresi 1,8 miliardi alle stesse Regioni per la spesa non sanitaria). I sindaci, in particolare, protestano molto e si preannuncia una difficile contrattazione con il governo. Ma chi ha ragione, chi ha torto? Sono i sacrifici richiesti veramente insostenibili? E come sono ripartiti tra gli enti locali?

 

La sostenibilità macro dei sacrifici

 

Nel discuterne, conviene concentrare l’attenzione sui soli comuni. Le regole per le regioni sono infatti in parte diverse (in particolare, mantengono per il 2007 i vincoli sulla spesa), mentre le province sono state singolarmente beneficiate dalle riforme degli ultimi anni, ragione non ultima del loro minor grado di conflittualità.
Gli argomenti di critica dei sindaci alla finanziaria sono sostanzialmente due. C’è “l’argomento Cofferati” che denuncia il fatto che con la finanziaria il governo ha preso la parte di Robin Hood, lasciando ai comuni quella dello sceriffo di Nottingham, costretto (dallo stesso Robin Hood) a tassare di più i cittadini per offrire i servizi. C’è poi “l’argomento Chiamparino”, secondo il quale anche se i sindaci utilizzassero a pieno i nuovi spazi tributari loro concessi, non sarebbero comunque in grado di finanziare i servizi.
Sul primo argomento, qualche ragione i sindaci ce l’hanno. Dei quattro comparti di spesa su cui il Dpef preannunciava interventi strutturali – pubblico impiego, previdenza, sanità e enti locali – gli interventi sui primi due, di stretta competenza statale, sono stati rinviati al prossimo anno, mentre si è intervenuti su Sanità e Enti locali. Inoltre, mentre con le Regioni si è trovato un accordo, almeno sulla Sanità, non così è avvenuto per i comuni.
Il secondo argomento però non sembra fondato, almeno per l’aggregato. Ai comuni si richiede un miglioramento dei saldi di 2,2 miliardi di Euro; in cambio però il governo mette sul tappeto la possibilità di un incremento della addizionale Irpef comunale fino allo 0,8% (+0,3% rispetto allo 0,5% offerto in precedenza), la possibilità di istituire tributi di scopo (imposte straordinarie e temporanee sulla base Ici), una tassa di soggiorno, miglioramento nell’accesso ai fondi, oltre che la gestione autonoma del catasto. Anche concentrandosi solo sulla prima imposta, e anche supponendo che un comune abbia esaurito in passato tutti gli spazi pre-esistenti sull’Irpef, lo 0,3% di addizionale in più vale quasi 3 mld di euro, più che compensando in media il sacrificio richiesto (1).
Naturalmente, questa è la storia del pollo di Trilussa; il fatto che la manovra sia sicuramente sostenibile per l’aggregato non significa che lo sia per il singolo comune. La scheda riportata qui sotto stima che per i comuni in disavanzo questo aggiustamento sia nel 2007 attorno o superiore al 5% della spesa complessiva dell’anno precedente. Il 5% del bilancio anno su anno non è uno scherzo per nessun governo. Si tenga conto che l’aggiustamento previsto dalla finanziaria per il complesso del settore pubblico (i 15 mld di euro destinati alla riduzione dell’indebitamento netto) rappresenta solo circa il 2,4% della spesa pubblica. Questo aiuta a comprendere le forti critiche avanzate dai sindaci alla legge finanziaria. Mentre in media, con l’ampliamento della addizionale Irpef, ciascun comune ha sicuramente risorse sufficienti per finanziare l’aggiustamento richiesto, per un comune in disavanzo, soprattutto se caratterizzato da elevati livelli di spesa corrente, il riequilibrio richiesto è veramente elevato, difficilmente raggiungibile solo con tagli alla spesa e in particolare alla spesa corrente.

 

Le sanzioni

 

In una manovra che impone un riequilibrio così forte, il sistema sanzionatorio gioca un ruolo fondamentale nell’incentivare e garantire il rispetto degli impegni. Sfortunatamente, questo è probabilmente l’elemento più debole dell’intero meccanismo proposto. Per i comuni che dovessero disobbedire al Patto, si prevede come sanzione un incremento automatico dello 0,3% dell’addizionale comunale sull’Irpef, a carico dei cittadini residenti nel comune inadempiente, risorse, sembra, che sono poi incamerate nel bilancio dello stesso comune. Ci sono almeno due problemi con questa formulazione. Primo, la sanzione scatta per qualunque violazione del Patto, indipendentemente dall’entità della violazione stessa. Questo non solo non è ragionevole, ma può avere anche effetti controproducenti. Se un comune è punito nello stesso modo sia se viola il patto di un euro, sia se lo fa per 100 milioni di euro, perché dovrebbe limitarsi a sfondare solo per un euro? Secondo, e ancora più preoccupante, sono i cittadini, piuttosto che il sindaco, ad essere puniti per la violazione del Patto; la “punizione” per il sindaco arriva, se e solo se, a fronte dell’incremento dell’addizionale, i cittadini non lo rieleggono più in futuro o ne puniscono la parte politica. Un po’ poco.
E’ necessario rendere la sanzione commisurata al danno (come nel caso delle regioni, dove è previsto che le addizionali crescano quanto necessario per finanziare i disavanzi sanitari), e penalizzante anche per i governanti e non solo per i governati (come nel caso delle regioni, dove è prevista una perdita di sovranità sulla sanità per le regioni inadempienti). Se non si possono “commissariare” tutti i comuni inadempienti, si può perlomeno pensare a strumenti alternativi. Più che ai soliti vincoli sulle assunzioni, spesso rivelatesi inefficaci e controproducenti in passato, si può pensare a meccanismi premiali. Per esempio, perché non rendere alcuni dei nuovi spazi di autonomia offerti ai comuni (per esempio, sul catasto o sui tributi di scopo) accessibili solo ai comuni adempienti?

1) Si osservi inoltre che con il 2008, queste risorse aumenteranno ulteriormente e automaticamente; la sostituzione delle deduzioni con le detrazioni, prevista dalla riforma Irpef, comporta infatti un incremento automatico della base imponibile dell’addizionale comunale.

Si osservi inoltre che con il 2008, queste risorse aumenteranno ulteriormente e automaticamente; la sostituzione delle deduzioni con le detrazioni, prevista dalla riforma Irpef, comporta infatti un incremento automatico della base imponibile dell’addizionale comunale.