RADICALI ROMA

Il Referendum Atac, spiegato bene

Di Mario Pietrunti.

Premessa:
Atac è un’azienda tecnicamente fallita. Ogni anno perde centinaia di milioni di euro (110 milioni in media nel 2014 e 2015) e ha accumulato un deficit di 1,1 miliardi, totalizzando più della metà delle perdite del settore a livello nazionale. I problemi economici si riversano anche sulla qualità del servizio, che è in constante calo: gli automezzi sono carenti e spesso guasti, l’età media del parco bus è ormai pari a 10 anni e quella dei tram a 32 anni, mentre la mancata manutenzione delle metropolitane provoca continui ritardi e guasti.


Quali sono i costi di Atac per i cittadini?
La gestione inefficiente del trasporto pubblico ha un costo economico per i romani, che sovvenzionano l’azienda attraverso la tassazione generale, le addizionali comunali e regionali e il biglietto. Inoltre, ulteriori costi vengono dalla scarsa qualità del servizio, che costringe i cittadini a dover acquistare l’automobile o il motorino. I romani ne risentono quindi anche in termini di salute e di qualità della vita per via degli elevati livelli di smog e del traffico lento e congestionato. Per non parlare infine anche del calo delle attività economiche e dei flussi turistici determinato dalla somma di tutti questi fattori.


Perché si è arrivati a questo stato di cose e perché la politica non interviene?
La causa principale del dissesto Atac sta nel conflitto di interessi tra il controllore (Roma Capitale) e il controllato (Atac, di proprietà esclusiva di Roma Capitale), che è stata usata da tutte le amministrazioni di destra e di sinistra come bacino clientelare per ottenere voti. Il conflitto di interessi implica inoltre il Comune non vigila sulla qualità del servizio e sul rispetto delle regole da parte di Atac. Per fare un esempio: il contratto di servizio tra Atac e il Comune prevede che tutte le vetture in dotazione (autobus, tram e metropolitane) debbano complessivamente percorrere almeno un dato numero di chilometri ogni anno. Nel 2015, tuttavia, Atac non ha raggiunto i livelli pattuiti, ma non è stata sanzionata!


Ma quindi il problema non è l’evasione sui biglietti?
L’evasione è sicuramente un problema, ma secondo noi è anche una conseguenza della cattiva gestione dell’azienda di trasporti: se la qualità del servizio fosse migliore, un numero maggiore di utenti sarebbe disposto a pagare il costo del biglietto. Inoltre, anche se si riuscisse a eliminare l’evasione interamente, si otterrebbe un recupero di appena 80 milioni, insufficienti a sanare l’azienda.


E quindi cosa propongono i Radicali?
Noi pensiamo che il bene comune non sia l’Atac, ma il servizio di trasporto offerto ai cittadini. Quindi la soluzione sta nel mettere a gara il servizio, affidandolo in maniera trasparente e concorrenziale a imprese, pubbliche o private, che sappiano offrire un servizio migliore. Il servizio potrebbe essere offerto anche da più soggetti, rompendo così il monopolio: le gare infatti stimolano le imprese, pubbliche o private, a comportarsi in modo virtuoso, dato che la minaccia di sanzioni in caso di inadempimento è più credibile, e l’apertura alla concorrenza introdurrebbe anche forme più moderne e innovative di trasporto. Noi siamo contro i monopoli (sia pubblici che privati), ma anche contro le privatizzazioni agli amici degli amici. Teniamo presente che se non si liberalizza ora, la svendita di Atac sarà l’unica “soluzione” che, nei prossimi anni, verrà proposta alla città.


La gara sembra una bella idea, ma come realizzarla?
Noi vogliamo dare voce direttamente ai cittadini, mediante un referendum comunale di iniziativa popolare. Il testo su cui si esprimerebbero i cittadini sarebbe il seguente: “Volete voi che, a decorrere dal 3 dicembre 2019, Roma Capitale affidi tutti i servizi relativi al trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo ovvero su gomma e su rotaia mediante gare pubbliche, anche a una pluralità di gestori e garantendo forme di concorrenza comparativa, prevedendo clausole sociali per la salvaguardia e la ricollocazione dei lavoratori nella fase di ristrutturazione del servizio?”


Ma come si fa a indire un referendum popolare?
Innanzitutto occorre raccogliere mille firme sul testo del quesito, e depositarle presso gli uffici del Comune. Un’apposita Commissione ha poi un mese di tempo per verificare l’ammissibilità del quesito proposto. Dopo il via libera della Commissione occorre raccogliere circa 30mila firme (pari all’1% della popolazione residente) in tre mesi. Tanto le prime mille firme, quanto le successive, debbono essere autenticate a norma di legge. Una volta raccolte e depositate tutte le firme, il Sindaco indice il referendum consultivo nel periodo compreso tra il 1° marzo e il 30 giugno successivi al deposito.


Sembra un percorso a ostacoli! A che punto siamo?
Abbiamo già raccolto e depositato le prime mille firme. Ora siamo in attesa del responso della Commissione, che dovrebbe dare un parere entro la prima settimana di maggio.


Mi avete convinto, voglio darvi una mano. Io cosa posso fare?

Puoi attivarti in moltissimi modi, e il tuo aiuto è fondamentale! Prima di tutto, se sei iscritto nelle liste elettorali del Comune di Roma, quando cominceremo a raccogliere le 30mila firme potrai firmare la richiesta di referendum e invitare familiari e amici a firmare. Inoltre, puoi aiutarci a organizzare i tavoli per la raccolta firme o contribuire al finanziamento dell’iniziativa con una piccola donazione. Infine, non dimenticare di spargere la voce tra i tuoi conoscenti e sui social network, mettendo un like alla pagina Facebook Mobilitiamo Roma e condividendo l’iniziativa.