RADICALI ROMA

"Io, processato dalla Chiesa per il mio libro su Gesù"

Ho assistito nei sontuosi palazzi lateranensi al “processo” contro i libri che pretendono di esaminare la figura di Gesù fuori dall’ortodossia della Chiesa: imputati impliciti o dichiarati Il Codice da Vinci e l’Inchiesta su Gesù che ho scritto con Mauro Pesce. Naturalmente non è stato un processo vero e proprio, ma una reprimenda. Affidata alla grande dottrina di monsignor Romano Penna che credo di poter così condensare: non si può parlare di Gesù senza misurarsi con le fonti.

Queste fonti sono al 99 per cento scritti di fede; ergo non si può parlare di Gesù senza la fede. Più volte, nel corso di questi mesi, ho sentito ripetere la tesi che non si può capire Gesù se si prescinde dalla fede, cioè valutandolo solo in base ai documenti e alla storia.
La mia idea è opposta: ritengo che Gesù si capisca molto meglio proprio se si prescinde dalla “fede” ovvero dalla teologia che nel corso dei secoli è stata costruita su di lui fin quasi a nasconderlo sotto un pesante mantello. La costruzione di una dottrina ha richiesto lo sforzo immane di rendere coerente ogni dettaglio della sua esistenza, anche nei periodi meno documentati.

<!–inserto–>La dottrina è complicata, ma Gesù è semplice. Egli parlava agli umili, per la gran parte poveri contadini analfabeti, il suo messaggio era diretto, le sue metafore prese dalla vita dei campi, dal succedersi delle stagioni. Si prova un profondo sollievo quando si esce dai fumi della teologia per avvicinarsi direttamente a lui. L’approccio di tipo storico è del resto giustificato dalla straordinaria riscoperta, negli ultimi sessanta anni, di molti documenti ebraici e cristiani antichi. Anche i vangeli canonici, letti alla luce di questa nuova documentazione, acquistano un senso diverso. Opporre la ricerca storica alla fede, renderle per così dire, nemiche, non è un giusto. Ha scritto il professor Pesce: “La ricerca storica non dipende né dalla fede, né dalla non-fede. Non impedisce di credere e non costringe a credere. E’ una cosa diversa. Negare una conoscenza razionale indipendente dalle fedi, significa condannare la nostra società a una radicalizzazione dello scontro tra credenti e non credenti o tra credenti di fedi diverse”.

Trovo appropriate queste parole del professor Norelli (Università di Ginevra): “La conoscenza storica ha le sue regole. Una di esse è che non è lecito allo storico pronunziarsi sulla realtà di Dio e sulla sua azione nella storia”.

Un’altra accusa che mi è stata rivolta più volte è di aver insinuato la possibilità di rapporti omosessuali nella cerchia intorno a Gesù. Io ho fatto solo domande su un tema da qualche tempo ipotizzato. Il professor Pesce ha risposto che le voci sono infondate. Era mio dovere di cronista fare anche domande scomode. Insistere sull’argomento rivela a mio parere la difficoltà di trovare obiezioni più fondate. Ma la cosa che forse ha offeso di più il professor Pesce e me è averci accomunato nel biasimo a Dan Brown. Il suo libro è un romanzo, a mio parere mediocre. Il nostro è stato un tentativo di ritrovare in Gesù un affascinante connotato umano che spesso proprio la teologia gli ha sottratto.