RADICALI ROMA

La metamorfosi del Professore L’anti Cavaliere diventa arbitro

Il tentativo di metamorfosi è vistoso: anche se più nei toni che nella sostanza. Da custode di una maggioranza autosufficiente e blindata, ieri Romano Prodi ha indossato gli abiti pacati ma ambiziosi di arbitro della transizione. Ed è con questo profilo inedito che stasera punta ad ottenere la fiducia del Senato. La previsione è che ci riuscirà: seppure con i numeri risicati che sono una costante e rischiano sempre di rivelarsi inadeguati. Sulla scommessa successiva, però, le opinioni appaiono meno omogenee: se non altro perché l’idea di un Prodi che da palazzo Chigi vuole «accompagnare» il Parlamento verso una riforma elettorale concordata, riscuote il gelo dell’opposizione. Il premier ha assicurato di non voler entrare nel merito. E tuttavia ha elencato una serie di capisaldi che sono sinonimo di un bipolarismo rafforzato e indiscusso.

Il suo schema compatterebbe gli attuali schieramenti e chi li guida, cercando di chiudere la possibilità di qualunque rimescolamento; in questo senso, non dovrebbe essere sgradito a Silvio Berlusconi. Il commento agrodolce del ministro Clemente Mastella, con l’invito a Prodi a «rispettare i partiti piccoli », indica semmai attriti striscianti nell’Unione. E l’invito del segretario ds, Piero Fassino, «a sedersi intorno al tavolo senza pregiudizi», fa capire che non esiste un modello precostituito. La vera incognita, dunque, è se il presidente del Consiglio che finora ha costruito la propria identità sullo scontro con Berlusconi, possa essere accettato come garante delle «larghe intese». La questione elettorale è centrale, lo sanno tutti. L’ha detto ai partiti il capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

E ieri Prodi si è fatto proteggere abilmente dall’ombra del Quirinale per invocare «le convergenze più ampie». Ha evitato qualsiasi accenno provocatorio nei confronti del centrodestra. Insomma, è passato all’aplomb istituzionale di chi cerca consensi oltre i confini della propria coalizione. L’impressione è che l’Unione sia pronta a garantirglieli. Siamo condannati a «essere stabili in una fase di instabilità», sostiene il segretario del Prc, Franco Giordano. Il fronte berlusconiano, invece, almeno per ora finge di ignorare le novità del discorso di Prodi. I leghisti ironizzano sul suo «testamento ». An scommette su una nuova caduta prima o dopo l’estate. E il Cavaliere ironizza sul «tirare a campare » del Professore. Ma intanto apre sulla riforma elettorale. La debolezza, infatti, non è solo del premier.

Se oggi il governo rispunta dalle macerie, si deve anche alle lacerazioni del centrodestra. L’insistenza dell’Udc sulle «quattro opposizioni», trasmette la sensazione di una minoranza divisa. Si tratta magari di una versione esagerata per polemiche interne; ma è un fatto che il cartello berlusconiano si sia presentato al Quirinale in ordine sparso. Così, le «ampie convergenze » che oggi appaiono impossibili, potrebbero diventarlo meno se dietro ad un’aggressività impotente, gli avversari saranno tentati da una trattativa separata. Anche perché un nuovo equilibrio non c’è.