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Le “vie europee” per il rispetto dei nostri diritti. Manuale per il cittadino

Non tutti sanno che l’Unione Europea offre diverse possibilità perché un cittadino veda rispettati i suoi diritti qualora le istituzioni locali o nazionali si dimostrino deficitarie. Di seguito riportiamo, in sintesi, alcune vie e modalità per strade alternative a quelle tradizionalmente conosciute ed utilizzate.

  • ​​DENUNCIA DI INFRAZIONE
  • PETIZIONE
  • CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO (CEDU)
  • IL MEDIATORE EUROPEO
  • ICE, INIZIATIVA CITTADINI EUROPEI

Cos’è una Direttiva europea

La direttiva è un atto che obbliga gli Stati membri dell’Unione europea a realizzare determinati obiettivi, lasciando loro la scelta dei mezzi per farlo. Può avere come destinatari uno Stato membro, più Stati membri o tutti gli Stati membri. Affinché i principi enunciati nella direttiva trovino applicazione concreta nei confronti dei cittadini, il legislatore nazionale deve approvare uno o più atti che recepiscano la direttiva nel diritto interno dello Stato membro, ossia adattino la legislazione nazionale in modo da realizzare gli obiettivi definiti nella direttiva. Nella direttiva è indicato il termine entro il quale deve essere recepita nel diritto nazionale; per quanto riguarda le modalità di recepimento, gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità che assicura il rispetto delle specificità nazionali. Il termine per l’attuazione della direttiva è invece tassativo.

DENUNCIA DI INFRAZIONE

Ciascuno Stato membro è responsabile dell’applicazione del diritto dell’Unione nel suo ordinamento interno (recepimento delle direttive entro il termine stabilito, conformità e corretta applicazione delle disposizioni nazionali). I trattati assegnano alla Commissione europea il compito di assicurare la corretta applicazione del diritto dell’Unione. Di conseguenza, se uno Stato membro manca ai suoi obblighi, la Commissione europea dispone del potere, previsto agli articoli 258 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e 106a del trattato CEEA, di ingiungere allo Stato membro di porre fine all’infrazione e, se questo non accade, di adire la Corte di Giustizia (ricorso per inadempimento). Per inadempimento si intende la violazione da parte di uno Stato membro degli obblighi impostigli dal diritto dell’Unione. L’inadempimento può essere costituito da un’azione o da un’omissione.  L’infrazione può essere commessa dallo Stato Membro non solo attraverso le sue amministrazioni centrali ma anche regionali o locali. Prima di presentare un ricorso per inadempimento alla Corte di Giustizia, la Commissione europea avvia un procedimento amministrativo detto “procedimento d’infrazione”, ossia un procedimento precontenzioso. Nella fase del contenzioso si tenta di indurre lo Stato membro a mettersi volontariamente in regola con il diritto dell’Unione. La fase precontenziosa si articola in più tappe e può essere preceduta da una fase di indagine o di esame, specie quando il procedimento d’infrazione è stato avviato a seguito di una denuncia. La prima tappa della fase precontenziosa è costituita dalla messa in mora: la Commissione invita lo Stato membro a comunicarle, entro un termine prefissato, le sue osservazioni sul problema di applicazione del diritto dell’Unione riscontrato. La seconda tappa è costituita dal parere motivato, nel quale la Commissione esprime il suo punto di vista sull’infrazione e crea i presupposti per un eventuale ricorso per inadempimento, chiedendo allo Stato membro di porre fine all’infrazione entro un dato termine. Il parere motivato deve esporre in modo logico e dettagliato i motivi che hanno determinato il convincimento della Commissione europea che lo Stato membro abbia mancato agli obblighi ad esso incombenti in virtù del trattato. La presentazione di un ricorso alla Corte di Giustizia apre la fase contenziosa.

La Commissione europea dispone di un potere discrezionale in materia di avvio del procedimento d’infrazione e di presentazione di un ricorso, anche per quanto riguarda la scelta del momento in cui adire la Corte.

Denuncia

Chiunque può presentare alla Commissione europea una denuncia contro uno Stato membro per segnalare una misura (legislativa, regolamentare o amministrativa) o una prassi adottata dallo Stato membro in questione che, a suo giudizio, è contraria a una disposizione o a un principio del diritto dell’Unione. Si può presentare una denuncia alla Commissione europea inviando semplicemente una lettera o una e-mail, ma è comunque indispensabile fornire il massimo numero di informazioni pertinenti. Vanno invece omesse le informazioni personali non necessarie. Perché una denuncia sia ricevibile, ossia venga esaminata, è necessario che riguardi una violazione del diritto dell’Unione da parte di uno Stato membro.

PETIZIONE

Qualsiasi cittadino dell’Unione europea o residente di uno Stato membro può presentare una petizione al Parlamento europeo, individualmente o in associazione con altri, su una materia che rientri nel campo d’attività dell’Unione europea e che lo concerna direttamente. Il diritto di petizione, garantito dal trattato, è riconosciuto anche alle società, organizzazioni o associazioni con sede sociale nell’Unione europea.

Una petizione può assumere la forma di una denuncia o di una richiesta e può fare riferimento a questioni d’interesse pubblico o privato.

La petizione può contenere una richiesta personale, un reclamo o un’osservazione riguardo all’applicazione della normativa comunitaria o invitare il Parlamento Europeo a pronunciarsi su una determinata questione. Queste petizioni offrono al Parlamento europeo la possibilità di richiamare l’attenzione su eventuali violazioni dei diritti dei cittadini europei da parte di uno Stato membro, di autorità locali o di un’istituzione.

Può presentare una petizione:

-qualsiasi cittadino dell’Unione europea,

-qualsiasi persona residente in uno Stato membro dell’Unione europea,

-qualsiasi membro di una associazione, società o organizzazione (persona fisica o giuridica) con sede sociale in uno Stato membro dell’Unione europea.

Una petizione può vertere su temi che riguardano l’Unione europea o sono di sua competenza, quali ad esempio:

-i vostri diritti in quanto cittadini europei ai sensi dei trattati

-le questioni ambientali,

-la protezione dei consumatori,

-la libera circolazione di persone, merci e servizi e il mercato interno,

-l’occupazione e la politica sociale,

-il riconoscimento delle qualifiche professionali,

-altre questioni connesse all’attuazione della legislazione dell’Unione europea.

La petizione deve essere redatta in una delle lingue ufficiali dell’Unione europea.

CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO (CEDU)

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), istituita in seno al Consiglio d’Europa con sede a Strasburgo, ha competenza a conoscere i ricorsi, individuali e non, presentati per denunciare le violazioni alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo commesse dagli Stati che ad essa aderiscono. La Convenzione in questione è entrata in vigore per l’Italia il 26 ottobre 1955, a seguito della ratifica intervenuta in forza della Legge 4 agosto 1955 n. 848. Con tale Convenzione, poi modificata da alcuni Protocolli aggiuntivi ed integrata da altri quattro Protocolli dotati di autonomo rilievo, ognuno degli Stati aderenti si è obbligato a riconoscere il rispetto di taluni diritti fondamentali nell’ambito del proprio ordinamento ed in favore di qualunque persona. Tra i più importanti diritti garantiti dalla Convenzione, che segue la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, si possono elencare:

• il diritto alla vita

• il diritto alla libertà e sicurezza personale

• il diritto ad un ricorso effettivo innanzi all’autorità giudiziaria

• il diritto ad un equa amministrazione della giustizia

• il diritto alla libertà di pensiero e di opinione, di riunione e di associazione

La Corte, accogliendo il ricorso, può anche condannare lo Stato a versare un'”equa soddisfazione” in favore del ricorrente.

Schema semplificato del percorso di un ricorso dinanzi alla Corte

L’iter di un ricorso

È possibile introdurre un ricorso davanti alla Corte qualora si ritenga di essere vittima diretta di una o più violazioni dei diritti e delle garanzie previsti dalla Convenzione o dai suoi protocolli. La violazione deve essere imputabile a uno degli Stati vincolati dalla Convenzione. Non è necessario avere la cittadinanza di uno degli Stati membri del Consiglio d’Europa. Tuttavia la violazione lamentata deve essere stata commessa da uno degli Stati.

Condizioni pregiudiziali per l’ammissibilità:

  • Esaurimento nello Stato in questione di tutti i ricorsi suscettibili di porre rimedio alla situazione denunciata (si tratta, nella maggior parte dei casi, di un’azione dinanzi al tribunale competente, seguita all’occorrenza da un appello e da un ricorso presso una giurisdizione superiore come la Corte suprema o la Corte costituzionale)
  • Il ricorrente deve aver puntualmente sollevato le allegazioni di una o più violazione della Convenzione nell’ambito dei suddetti ricorsi
  • A partire della data della decisione interna definitiva non deve essere trascorso il termine di sei mesi. Scaduto tale termine, il ricorso non potrà essere accettato dalla Corte.

Contro chi può essere presentato il ricorso?

  • Contro uno o più Stati membri della Convenzione.
  • L’atto o gli atti contestati devono emanare da un’autorità pubblica di questo/questi Stato/Stati (ad esempio da un tribunale o da un’amministrazione pubblica) La Corte non può esaminare le doglianze dirette contro dei singoli o contro delle istituzioni di diritto privato, come le società commerciali.

Come si svolge la procedura?

  • La Corte è tenuta anzitutto a pronunciarsi sull’ammissibilità del ricorso che deve soddisfare una serie di requisiti enunciati nella Convenzione. Se questi requisiti non sono soddisfatti, il ricorso sarà dichiarato inammissibile
  • Se il ricorso dichiarato inammissibile, tale decisione ha carattere definitivo ed irrevocabile.
  • Se il ricorso viene dichiarato ammissibile, la Corte incoraggia le parti (il ricorrente e lo Stato interessato) a giungere a un regolamento amichevole. In assenza di regolamento amichevole, la Corte procede all’esame “nel merito” del ricorso, cioè essa giudica se vi è stata o non vi è stata violazione della Convenzione
  • Se la Corte accerta una violazione, può riconoscere una “equa compensazione”, che consiste in un risarcimento economico dei pregiudizi sofferti.

Tempistica

  • In considerazione del carico di lavoro attuale, è possibile che la Corte proceda al primo esame del ricorso dopo un anno dalla sua introduzione. Taluni ricorsi possono essere qualificati come urgenti e trattati in via prioritaria, specialmente nel caso in cui ci sia un pericolo imminente che minaccia l’integrità fisica del ricorrente.

E se anche le istituzioni o organi comunitari ed europei non rispondessero ?

IL MEDIATORE EUROPEO

Il Mediatore tratta le denunce da parte di cittadini, imprese e organizzazioni dell’UE, contribuendo a scoprire casi di cattiva amministrazione, ovvero casi in cui istituzioni, organi, uffici e agenzie dell’Unione abbiano infranto la legge, non abbiano rispettato i principi della corretta amministrazione o abbiano violato i diritti umani. Alcuni esempi:

-pratiche inique

-discriminazione

-abuso di potere

-mancanza di informazioni o rifiuto di fornirle

-ritardo ingiustificato

-irregolarità procedurali.

L’ufficio del Mediatore avvia le indagini dopo aver ricevuto una denuncia o di propria iniziativa. Il Mediatore opera in assoluta indipendenza e non riceve direttive da alcun governo od organizzazione. Una volta l’anno presenta al Parlamento europeo una relazione sull’attività svolta.

Coloro che si ritengono insoddisfatti di un’istituzione, organo, ufficio o agenzia dell’UE, dovrebbero innanzitutto dare loro la possibilità di risolvere la situazione. Se la domanda resta disattesa, si può di presentare denuncia al Mediatore europeo.

La denuncia deve essere presentata entro due anni dalla data in cui si è avuta conoscenza del problema. Il ricorrente deve indicare chiaramente le sue generalità, l’istituzione o l’organo cui si riferisce la denuncia e il suo oggetto. Può inoltre chiedere che la denuncia resti riservata.

Il Mediatore non può indagare:

-su denunce contro autorità nazionali, regionali o locali degli Stati membri (dipartimenti governativi, agenzie statali e consigli locali), neanche nel caso in cui le denunce siano relative a questioni di competenza dell’UE

-sull’operato delle autorità giudiziarie o dei difensori civici; il Mediatore europeo non è un organo di appello contro le decisioni di tali autorità

-su denunce contro imprese o privati cittadini.

Il Mediatore potrà risolvere il problema segnalandolo semplicemente all’istituzione, organo, ufficio o agenzia in questione. Se il caso non viene chiarito, il Mediatore cercherà una soluzione amichevole, che risolva il problema e soddisfi il ricorrente.

In caso di esito negativo, il Mediatore può formulare delle raccomandazioni all’istituzione interessata. Se questa non accetta le sue raccomandazioni, il Mediatore può presentare una relazione ufficiale al Parlamento europeo in modo tale che quest’ultimo possa intraprendere le iniziative politiche necessarie.

Se il Mediatore non può occuparsi della denuncia ricevuta (per esempio, qualora sia già stata oggetto di un procedimento giudiziario), farà il possibile per indirizzare il ricorrente verso un altro organo in grado di assisterlo.

ICE, INIZIATIVA CITTADINI EUROPEI

Il diritto di iniziativa dei cittadini europei è un nuovo strumento di democrazia partecipativa in vigore nell’Unione europea dal 1° aprile 2012. Attraverso l’ICE, i cittadini hanno la possibilità di porre una questione all’ordine del giorno dell’Europa raccogliendo un milione di firme in almeno sette diversi Stati membri dell’Unione europea. La Commissione europea auspica così una partecipazione più diretta dei cittadini alla politica europea.

Un’Iniziativa dei cittadini europei deve essere promossa da almeno sette persone di sette diversi Stati membri dell’Unione europea. Tale gruppo viene definito “Comitato dei cittadini”.Tutti i cittadini aventi diritto di voto in uno dei 27 Stati membri dell’Unione europea possono firmare l’Iniziativa dei cittadini europei.

La fase iniziale: in principio c’è un’idea

Innanzitutto deve esservi un’idea in merito a un problema di rilievo europeo che possa richiedere una soluzione a livello europeo.

Già in questa fase iniziale sarà importante considerare con attenzione la procedura da seguire e più in generale l’intera trafila necessaria per mettere in atto l’iniziativa, al fine di stabilire se l’ICE è davvero lo strumento più adatto per conseguire lo scopo che ci si prefigge. Un cittadino, infatti, potrebbe utilizzare altri strumenti, più semplici dell’ICE, per rivolgersi alle istituzioni europee: ad esempio contatti personali con europarlamentari o con le stesse istituzioni, attività di lobbying o una vera e propria petizione.

Scegliere di ricorrere a un’ICE significa invece scegliere lo strumento più potente per rivolgersi all’Unione europea, ma anche quello più complesso e che richiede più tempo.

Prima di mettere in atto un primo tentativo di elaborazione e registrazione di un’iniziativa dei cittadini europei, gli organizzatori devono raccogliere una notevole quantità di informazioni. Bisogna tener presente, infatti, che, non appena l’iniziativa è stata registrata e pubblicata

ufficialmente, inizia a decorrere il termine per la raccolta delle firme.

Reperire e raccogliere tutte le informazioni necessarie sulla procedura, ma anche e soprattutto sulla questione sostanziale oggetto dell’iniziativa, richiede tempo. In particolare occorrerà chiedersi:

• esiste già una normativa UE in materia? • quali norme dei Trattati dovranno fungere da base giuridica per la proposta? • la questione rientra nella sfera di competenza dell’Unione europea?

La prima da cosa da fare, quindi, è valutare se la proposta è “ammissibile”. Ciò significa che essa deve rientrare nelle competenze della Commissione europea e non deve essere in contrasto con alcuno dei requisiti posti dal regolamento UE riguardante l’iniziativa dei cittadini europei (il “regolamento ICE”). Per esempio, l’iniziativa deve essere compatibile con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Dato che l’iniziativa avrà successo soltanto se riuscirà a convincere almeno un milione di cittadini europei di almeno sette Stati membri, prima di chiederne la registrazione è necessario definire anche una strategia di comunicazione sostenibile. Già in questa fase iniziale sarà di vitale importanza stabilire contatti con potenziali partner in altri Stati membri e iniziare a creare una rete di cittadini disposti a unirsi all’iniziativa e a darvi il loro contributo. In breve, qualsiasi attività preparatoria svolta già prima della registrazione farà guadagnare tempo per il lavoro vero e proprio da svolgere in seguito.

Inoltre, occorre considerare che organizzare un’iniziativa dei cittadini richiederà mezzi finanziari e altre risorse. Se è vero che una parte del lavoro potrà essere svolta da volontari, è probabile che gli organizzatori abbiano comunque bisogno di sponsor e sostenitori. Conservare la documentazione di questo sostegno finanziario è di vitale importanza, dato che dovrà essere esibita all’atto della registrazione.

Compiuto il lavoro preparatorio di base, viene il momento di gettare le fondamenta dell’ICE vera e propria. Si tratta di istituire un “comitato dei cittadini” (i cosiddetti “organizzatori”) che deve essere composto da almeno sette persone, residenti in almeno sette diversi Stati membri, le quali devono scegliere tra loro un rappresentante e un supplente (le “persone di contatto”).

Questo è inoltre il momento di redigere e mettere a punto il testo scritto dell’iniziativa, che deve soddisfare determinati requisiti formali indicati nei moduli ufficiali. I titoli dell’iniziativa non possono superare i 100 caratteri, la descrizione della proposta non può superare i 200 caratteri e le note esplicative, che riguardano gli obiettivi dell’ICE, non possono superare i 500 caratteri.

Infine, gli organizzatori devono fornire informazioni sulle loro fonti di sostegno e di finanziamento. Tali informazioni dovranno essere aggiornate regolarmente nel corso della procedura sul sito web creato dalla Commissione appositamente per l’ICE (vedi il paragrafo successivo).

Registrare ufficialmente un’ICE presso la Commissione europea è molto semplice. La Commissione metterà infatti a disposizione un apposito sito web (formalmente denominato “registro”) in cui gli organizzatori potranno chiedere la registrazione della loro iniziativa fornendo per via elettronica

le necessarie informazioni. Ciò darà luogo a un primo atto formale da parte della Commissione: la conferma dell’avvenuta registrazione dell’iniziativa.

La Commissione istituisce inoltre un “punto di contatto” cui gli organizzatori possono rivolgersi per ricevere informazioni e assistenza in caso di problemi.

La palla passa quindi alla Commissione, che dovrà valutare l’ammissibilità dell’ICE proposta per la registrazione: si instaura così un primo dialogo e si crea un canale di comunicazione tra le due parti.

Entro due mesi dalla data di trasmissione delle informazioni relative all’ICE, gli organizzatori ricevono una risposta formale dalla Commissione. L’iniziativa viene così registrata ufficialmente e pubblicata sul sito web (il “registro”), facendo così decorrere il termine per la raccolta delle firme, oppure la sua registrazione viene respinta per motivi legali. Quest’ultima ipotesi si verifica se, ad esempio, la Commissione ritiene di non essere competente nel campo oggetto dell’iniziativa, che rientra nella competenza esclusiva degli Stati membri, o reputa che l’iniziativa violi la Carta dei diritti fondamentali.

In caso di diniego della registrazione, gli organizzatori avranno naturalmente il diritto di appellarsi contro tale decisione, ad esempio ricorrendo al Mediatore europeo oppure impugnando la decisione dinanzi alla Corte di Giustizia.

È importante sapere che gli organizzatori possono registrare l’iniziativa in una qualsiasi delle 23 lingue ufficiali dell’Unione, ma dovranno fornire informazioni anche nelle altre lingue ufficiali dell’UE di loro scelta e potranno raccogliere le firme solo mediante i moduli così registrati. Ricevuta conferma della registrazione, gli organizzatori potranno inserire nel registro altre versioni linguistiche dell’iniziativa proposta. La traduzione della proposta d’iniziativa in altre lingue ufficiali dell’UE sarà responsabilità degli stessi organizzatori, ma la Commissione verificherà che tali traduzioni corrispondano alla versione originale dell’ICE.

Èconsigliabile prepararsi a raccogliere le firme (“dichiarazioni di sostegno”) ancor prima di avere ottenuto la registrazione dell’ICE. Le “dichiarazioni di sostegno” si possono raccogliere in due modi: in quello tradizionale, ossia su carta (nel qual caso è necessario apporre la propria firma),

oppure per via elettronica (nel qual caso è sufficiente indicare i propri dati di identificazione personale).

Il regolamento ICE prevede, per la raccolta delle dichiarazioni di sostegno con quest’ultima modalità, un quadro giuridico e un sistema elettronico del tutto nuovi. La Commissione, infatti, sta sviluppando un software con codice sorgente aperto per raccogliere le “firme” online, che sarà messo gratuitamente a disposizione degli organizzatori, i quali sono peraltro liberi di sviluppare a tal fine, se lo desiderano, un loro sistema.

In ogni caso, gli organizzatori dovranno ottenere la certificazione del loro sistema di raccolta online da parte di uno Stato membro di loro scelta. Ciascuno Stato membro avrà infatti indicato un’autorità competente a rilasciare tale certificazione previa verifica della conformità del sistema a tutte le specifiche tecniche e a tutte le garanzie di protezione dei dati personali. La verifica dovrebbe avvenire nel giro di un mese.

La raccolta delle firme comporterà di fatto un lavoro molto più impegnativo del semplice rispetto di questi requisiti normativi e tecnici. Gli organizzatori dovranno, fra le altre cose, distribuire e raccogliere i moduli cartacei ed elettronici e seguire da vicino il processo di raccolta delle firme.

È importante notare che solo i cittadini di uno Stato membro che hanno diritto di voto nelle elezioni del Parlamento europeo possono dichiarare il proprio sostegno a un’ICE. I cittadini di paesi terzi legalmente residenti nell’UE non possono farlo.

Organizzatori e firmatari dovranno assicurarsi di utilizzare il modulo appropriato per ciascuno Stato membro – dato che, nel modulo di dichiarazione di sostegno, alcuni Stati membri richiedono informazioni molto più ampie di altri – in modo da consentire la successiva verifica delle firme. Infatti, mentre alcuni Stati membri non richiedono l’indicazione di un numero personale d’identità o del numero di un documento d’identità personale, altri richiedono questa indicazione oppure esigono il numero di altri documenti di riconoscimento, ad esempio il passaporto, il permesso di soggiorno o la patente di guida, oppure anche i nomi dei genitori, la data e il luogo di nascita. Per sapere quali informazioni siano richieste dai singoli Stati membri, occorre leggere il regolamento ICE.

Il regolamento precisa inoltre quante firme debbano essere raccolte in un dato Stato membro per soddisfare il requisito del numero minimo (sette) di paesi UE. Il numero minimo delle firme da raccogliere in ciascun paese è proporzionale a quello dei membri del Parlamento europeo: la raccolta è quindi un po’ più facile negli Stati membri più popolosi, dato che in quelli meno popolosi il numero delle firme necessarie è proporzionalmente maggiore.

L’esperienza acquisita con le iniziative lanciate a livello nazionale e regionale dimostra peraltro che, all’atto della verifica da parte delle autorità nazionali, non tutte le firme raccolte si rivelano valide. È quindi opportuno che gli organizzatori raccolgano almeno il 10-20 % di firme in più rispetto al numero minimo, in modo da garantirsi un “margine di sicurezza” e non rischiare di non raggiungere il milione di adesioni richiesto soltanto per un paio di firme mancanti.

365 giorni dopo la pubblicazione dell’iniziativa sul registro della Commissione, viene il momento di consegnare le firme e le dichiarazioni di sostegno raccolte alle autorità competenti degli Stati membri. Le firme dei cittadini danesi dovranno essere trasmesse a Copenaghen e quelle dei

cittadini ciprioti a Nicosia. Le firme su carta e le dichiarazioni di sostegno su supporto elettronico dovranno essere consegnate separatamente.

Le autorità degli Stati membri avranno tre mesi di tempo per verificare la validità delle dichiarazioni loro consegnate. Esse sono essenzialmente libere quanto ai modi di effettuare questa verifica – se con un controllo a campione o con uno puntuale. Infine, sarà importante soddisfare due requisiti prima di presentare finalmente l’iniziativa alla Commissione: in primo luogo, almeno sette Stati membri devono certificare l’avvenuta raccolta del numero minimo di firme e, in secondo luogo, il numero complessivo delle firme certificate dev’essere di almeno un milione.

Adempiute anche queste formalità utilizzando i moduli appropriati, la presentazione dell’iniziativa alla Commissione sarà un’operazione semplice: l’invio può essere effettuato via e-mail (con allegati) oppure per posta ordinaria. Naturalmente, nel giorno stesso in cui presentano l’iniziativa alla Commissione, gli organizzatori ne daranno notizia ai media affinché anche il grande pubblico europeo possa conoscere la loro proposta.

Gli organizzatori che saranno riusciti a raccogliere un milione di dichiarazioni di sostegno di cittadini di almeno sette Stati membri avranno contribuito a “fissare l’agenda” dell’Unione europea. Una volta ricevuta un’ICE coronata da successo, la Commissione avrà tre mesi di tempo per esporre le sue conclusioni giuridiche e politiche riguardo all’iniziativa e decidere l’eventuale azione che intende intraprendere e i suoi motivi per agire o meno in tal senso.

Nel corso del processo di esame dell’ICE da parte della Commissione, gli organizzatori saranno invitati a esporre in dettaglio la loro proposta alle istituzioni europee in un’audizione pubblica.

A questo punto bisognerà fare un po’ di “pulizia”, dato che i documenti certificati con le dichiarazioni di sostegno dovranno essere distrutti un mese dopo la presentazione dell’iniziativa alla Commissione – o 18 mesi dopo la sua registrazione. Le autorità nazionali che hanno certificato tali dichiarazioni dovranno distruggere la relativa documentazione un mese dopo la data della certificazione.  Fonte