RADICALI ROMA

L’ultimo rifugio degli incapaci

Di Alessandro Capriccioli, Segretario di Radicali Roma.

“La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci”, scriveva Isaac Asimov nella celebre “Trilogia della galassia”. Un adagio che evidentemente non si attaglia soltanto alla fantascienza, ma anche alla Roma del 2017, in cui centinaia di rifugiati eritrei ed etiopi vengono sgomberati, con la forza e con gli idranti, dal palazzo di piazza Indipendenza che occupavano da anni.
Chiariamo subito un punto: i problemi non si risolvono con le occupazioni. E perciò qua non si tratta di difendere la situazione esistente, ma piuttosto di chiedersi in che modo si sia prodotta, e soprattutto con quali responsabilità, per capire se e in quale modo sia possibile trovare una soluzione diversa che tenga conto delle esigenze di tutti.
Tanto per cominciare, c’è un fatto: l’occupazione, ovviamente illegittima se presa in sé e per sé, è tuttavia il segnale della grave inefficienza che contraddistingue il nostro sistema di accoglienza, il quale dovrebbe avere come scopo precipuo proprio l’accompagnamento all’integrazione scolastica, lavorativa e abitativa dei soggetti beneficiari, e che nel caso di specie li ha invece del tutto abbandonati a se stessi, costringendoli a sopperire come potevano all’assenza dei servizi che avrebbero dovuto ricevere dalle istituzioni.
Non si tratta, purtroppo, di un caso isolato: qualche anno fa visitammo il centro di Via Scorticabove, quartiere Tiburtino, nel quale centinaia di rifugiati sudanesi erano stati “parcheggiati” e subito dopo lasciati a se stessi, privi di qualunque servizio finalizzato all’integrazione, salvo accorgersi dopo qualche anno, da un momento all’altro, che l’immobile andava sgomberato.
È proprio in questo passaggio, a me pare, che il rapporto tra la forza e l’incapacità emerge in tutta la sua drammatica evidenza: gli idranti diventano lo strumento con cui si camuffa il fallimento di un sistema che prima produce l’illegalità, venendo meno ai compiti che gli sarebbero propri, e poi la reprime brandendo la necessità di rimuoverla come un manganello, inteso purtroppo non soltanto in senso figurato.
Ma ai rifugiati di piazza Indipendenza, dice qualcuno, sono state proposte delle soluzioni alternative: senza aggiungere che quelle soluzioni, per lo stato di emergenza nel quale sono state reperite, sarebbero tali da sradicare qualsiasi passo avanti già compiuto, malgrado l’inefficienza del sistema, verso l’integrazione. E quindi non sono accettabili, nella misura in cui non può essere accettabile la proposta di andare a vivere a decine di chilometri dal lavoro faticosamente acquisito o dalla scuola dei bambini, elementi che sono entrambi fondamentali per conseguire in modo concreto l’inclusione di cui tanto ci si riempie la bocca sul piano astratto.
La partita, dunque, finisce per essere giocata tutta su questa falsa alternativa: quella tra l’uso della forza e l’accettazione di una non-soluzione, figlia dell’inerzia e dell’incompetenza, che mortifica e scoraggia ciò che le istituzioni avrebbero invece il dovere di perseguire.
È evidente, al di là dei casi singoli e degli eventuali abusi dei quali pure si dovrà parlare nei prossimi giorni (lo sgombero è stato documentato da noi radicali pressoché interamente mediante diretta Facebook), che il punto critico della questione è proprio il funzionamento disastroso del sistema di accoglienza, e le misure che sarebbero necessarie per ottenere un salto di qualità nella sua efficacia.
Misure che due anni fa abbiamo tentato di proporre a livello comunale attraverso la delibera di iniziativa popolare “Accogliamoci”, bocciata in aula dalla maggioranza grillina perché ritenuta “superata” (mentre avrebbe fornito all’amministrazione strumenti utilissimi anche in circostanze come quella di Via Curtatone), e che attualmente stiamo proponendo a livello nazionale con la legge di iniziativa popolare “Ero Straniero”, che ha proprio nella riforma radicale del sistema di accoglienza uno dei suoi pilastri.
Si tratta, insomma, di trovare e perseguire con forza un rifugio anche per i “capaci”.
Quello degli incapaci, manganelli e idranti compresi, è stato già abbondantemente descritto da Asimov qualche decina di anni fa.