Caro direttore, la sveglia di piazza Farnese continua a suonare. Un trillo evidentemente fastidioso per chi non sente ragione. Un trillo forte, fortissimo, che ha costretto persino il presidente del Consiglio a tapparsi le orecchie. Non si vuole ascoltare quel trillo, si cerca di spegnere quella sveglia scomoda, magari lanciandola contro il muro, perché non dia più fastidio. E così dopo la grande manifestazione di sabato scorso si parla delle perplessità di Prodi sulla presenza dei ministri e della permalosità di Mastella che ultimamente sembra essere poco incline al confronto e al dialogo.
Sembra che delle istanze portate dalle cinquantamila e più persone presenti in piazza Farnese si sia persa traccia. È brutto dirlo, ma è segno di una profonda crisi: della politica nel suo complesso. Ormai alle domande non si danno più risposte. Piuttosto si preferisce eluderle. Eppure la forza e la bravura di un governo e di un primo ministro stanno nella sua capacità di ascoltare e non di distogliere lo sguardo.
Allora: driiin! Ecco che forse adesso lo sentiamo questo fastidioso trillo che riecheggia. Sentiamo che l’iniziativa di piazza Farnese non è stata un’esibizione, una “caciara anticlericale” o un semplice raduno: è stato piuttosto il tentativo di un dialogo tra il paese reale e le istituzioni, il governo e il Parlamento. Quando c’è una manifestazione di piazza solitamente la si guarda con diffidenza, sospetto. Qualcuno è sempre disposto a dichiarare che la piazza non è il luogo del dialogo, del confronto ma solo il ricettacolo di animosità, di radicalismo e di rancore. Così non è stato. Sul palco non sono prevalsi i comizi frontali, non vi sono stati discorsi retorici, non abbiamo dato il microfono solo alla politica; volevamo che il microfono fosse principalmente delle persone che oggi chiedono diritti, delle convivenze senza tutele, degli amori e degli affetti non riconosciuti. Volevamo che la piazza e la tanta gente che è rimasta a casa fosse rappresentata. Le coppie presenti sul palco hanno fatto domande e osservazioni a ministri e sottosegretari. È la vita reale che si è fatta politica, l’esperienza che si fa manifesto. Noi che chiediamo una buona legge sulle unioni civili (e sottolineo una buona legge) portiamo le nostre storie, le nostre vite, persino i nostri corpi come megafoni della necessità di questo provvedimento. Sono queste le vere sveglie che hanno suonato sabato in piazza Farnese. A Barbara Pollastrini, Alfonso Pecoraro Scanio, Paolo Ferrero, Luigi Manconi e Maria Chiara Acciarini abbiamo affidato il compito di portare il nostro trillo nelle stanze di palazzo Chigi. Ai capigruppo di Camera e Senato il compito di allargare il consenso affinchè il Parlamento approvi una legge utile ai tanti cittadini che oggi continuano ad essere discriminati. Portare le storie e le esigenze dei cittadini nei posti dove si fanno le leggi e si governa il paese è il compito di qualsiasi persona che rappresenta le istituzioni: la loro presenza sul palco di “Diritti Ora” è un bene per la politica italiana. L’esempio di come si può costruire con il confronto. Un grande apporto alla laicità dello Stato, che si valorizza con il dibattito all’interno delle istituzioni e non con il continuo riferimento alle confessioni religiose.
Un uomo intelligente come Romano Prodi conosce tutto questo. E le sue dichiarazioni dopo la manifestazione sono infatti quelle di un leader politico che prova a “tirare a campare” piuttosto che a governare il paese partendo dai bisogni reali. «Possumus»: titolava sabato la tribuna da cui scrivo. Aspettiamo fiduciosi. È il caso però di non spegnere la sveglia