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Più tasse e più spese: la Finanziaria 2007 dopo il primo assalto alla diligenza

Sono passati due mesi dal varo della Finanziaria da parte del governo. Nel frattempo c’è stato, come previsto, l’assalto alla diligenza. Dopo l’approvazione in prima lettura della Camera e il voto del Senato sul decreto fiscale è il momento di fare il punto sulla composizione della manovra. Avevamo scritto a settembre che il rientro dal disavanzo eccessivo avveniva quasi solo sul lato delle entrate. Adesso l’aggiustamento è unicamente basato sulle tasse. La spesa non solo non si riduce, ma aumenterà fino a quasi 7 miliardi rispetto allo scenario a bocce ferme. Il contrario di ciò di cui il paese aveva bisogno.

No tagli? Più tasse!

La tabella qui sotto riproduce le cifre della manovra dopo il primo passaggio in Aula. Riportiamo le stime del governo per il 2006 e per il 2007 “a bocce ferme” (il tendenziale), senza la Finanziaria. Poi le stesse grandezze alla luce della manovra. Come si può vedere, il miglioramento dei conti pubblici rispetto al tendenziale è dovuto solo all’incremento delle entrate. La spesa non diminuisce. Anzi aumenta e non di poco: fino a 6,8 miliardi di euro, circa mezzo punto di Pil. Questo significa che il prelievo dovrà aumentare di più di quanto richiesto per rispettare gli impegni presi in Europa. Quel “di più” serve a coprire le maggiori spese previste dalla manovra.
Vediamo come si può arrivare fino a 6,8 miliardi di spese aggiuntive. Il governo (e il Parlamento a questo punto) prevede un incremento della spesa di 870 milioni. A questa cifra vanno però aggiunti i vari ticket sanitari contemplati dalla manovra (1,2 miliardi). Sebbene una discutibile convenzione contabile li classifichi come riduzioni di spesa, il ticket viene pagato dai cittadini e, quindi, deve essere assimilato a una maggior spesa finanziata da maggiori prelievi contributivi. Inoltre, non ci sembra corretto ignorare il fatto che il Patto di stabilità interno impone agli enti locali che non fossero in grado di ridurre le spese di ricorrere alle addizionali Irpef. In questo caso il prelievo potrebbe aumentare di altri 3,2 miliardi.
Infine, bisogna tenere conto dell’accordo raggiunto sul rinnovo del contratto del pubblico impiego, scaduto da ormai 10 mesi. Questo accordo contempla incrementi salariali per circa 3 miliardi a regime. È stato presentato dal sindacato come esigibile da subito. Ma le stime del governo prevedono che le risorse per il contratto siano a disposizione solo nel 2008, quindi siano esigibili solo da allora. A chi credere? Potrebbe anche trattarsi di un accorgimento per prendere tempo, come avvenuto spesso con metodi poco trasparenti nella passata legislatura (dove si prorogava la vacatio contrattuale per spostare risorse da un esercizio all’altro). Nel dubbio preferiamo iscrivere almeno la metà degli incrementi previsti a regime nel bilancio 2007.

 

Il conto potrebbe salire

 

Sono ora al vaglio dell’esecutivo (verrà d’ora in poi richiesta la controfirma di Prodi su ogni emendamento) altri cinquanta emendamenti per circa 500 milioni di euro. Almeno la metà di questi “ritocchi” contempla una crescita delle spese (in particolare quelli su “Mezzogiorno e sicurezza” e su “scuola e ricerca”). Dunque, il conto potrebbe salire nel corso del secondo passaggio parlamentare.

 

Un giudizio sintetico

 

L’economia italiana è gravemente malata. Questa Finanziaria doveva dettare l’agenda di una politica economica per il suo rilancio in questa legislatura, riportando al contempo il deficit sotto il 3 per cento, come richiesto dagli impegni presi con Bruxelles. La manovra dovrebbe permetterci di centrare questo secondo obiettivo, ma solo attraverso l’incremento della pressione fiscale, che potrebbe aumentare fino al 42,2 per cento dal 41,4 del 2006, un anno di entrate boom, e dal 40,6 nel 2005. Nella gestione della spesa non si nota alcuna discontinuità con la politica di bilancio della passata legislatura che ci ha portato al disavanzo eccessivo. Dato che non si affronta il problema alla radice, è probabile che nuovi aumenti di spesa seguiranno agli aumenti di tasse secondo un ben noto e sperimentato meccanismo di “tax push”.
La spesa aumenta perché non solo non si interviene per ridurre gli sprechi nel pubblico impiego, ma si concede un incremento di almeno il 5 per cento delle retribuzioni, dopo cinque anni in cui sono già cresciute quasi del doppio rispetto a quelle dei dipendenti privati. Al contrario degli accordi nel settore privato, si tratta di incrementi delle retribuzioni di fatto, non di incrementi dei soli minimi contrattuali (che sovrastimano l’incremento del monte salari complessivo, dato che le remunerazioni sopra i minimi aumentano di meno).
Non si interviene sulla spesa pensionistica, mentre si spostano accantonamenti per il Tfr all’Inps, un’operazione che non può che avere effetti una-tantum sulle entrate (sfruttando i primi sei mesi in cui il lavoratore deve decidere), ma che rischia di avere effetti permanenti nell’ostacolare il decollo della previdenza integrativa. I fondi raccolti col Tfr saranno molto probabilmente impiegati per finanziare i trasferimenti alle Ferrovie dello Stato. Dato che il passaggio del Tfr all’Inps comporta il passaggio da un sistema a capitalizzazione (pur virtuale) a uno a ripartizione, l’aumento della spesa in conto capitale viene in gran parte annullato dalla riduzione degli investimenti privati.
Il forte incremento della pressione fiscale (+ 1,6 per cento in due anni) rischia di strangolare la fragile crescita in atto (che comunque ci vede in ritardo rispetto al resto dell’Europa). L’unica discontinuità con la legislatura appena conclusa è che, questa volta, assieme alle spese, aumenteranno anche le tasse, in modo permanente. Si tratta per lo più (tranne il Tfr) di coperture vere e non una tantum.