RADICALI ROMA

Roma perde pezzi, ma potrebbe ripartire

Di Gionny D’Anna.

Unindustria ha lanciato un importante allarme per la politica romana. Roma è ferma, anzi perde pezzi: in primis Almavia e Sky, due colossi della comunicazione e dell’informatica lasciano la capitale: la prima perché dismette il suo ramo call center, il meno produttivo, la seconda va a Milano per ovvie motivazioni di contesto.
Ma Unindustria ci avverte che le aziende manifatturiere romane sono diminuite di oltre mille unità in 10 anni. Quando chiude un’azienda manifatturiera vengono meno anche le commesse dei fornitori per la manutenzione o la sostituzione dei macchinari, i fornitori di materie prime o dei semilavorati, saltano stipendi mediamente un po’ più altri rispetto a quelli di altri settori, saltano apprendisti e posti di lavoro più stabili: insomma, quando vengono meno le imprese manifatturiere salta un microcosmo che gli altri settori economici prevalenti a Roma, quali turismo, servizi, commercio e ristorazione non generano.
Il Presidente di Unindustria sottolinea come i settori più colpiti siano il legno ed il tessile. Guarda caso, si tratta dei settori maggiormente colpiti in tutta Italia, che le imprese del nostro paese, fatta eccezione per la nicchia del lusso, stanno abbandonando in favore di altro.
Eppure a Roma il potenziale non manca. Oltre ad essere la seconda città per reddito pro-capite dichiarato, la Capitale poggia su una immenso giacimento di materia prima di qualità eccelsa, il capitale umano. Roma è una delle città con più studenti e ricercatori in Europa, è sede delle principali aziende italiane pubbliche e private, a Roma vi sono importanti centri di ricerca nazionali e universitari, hanno sede nella Capitale molte multinazionali e aziende di consulenza, qui si trovano le direzioni amministrative delle maggiori banche italiane ed estere, vi sono le sedi di tutti gli Ordini Professionale oltre che ovviamente le principali istituzioni pubbliche nazionali. Un capitale umano di vastità e varietà tale che, anche al netto dei clientelismi e dei buoni a nulla che certo non mancano, farebbe invidia a qualunque altra operosa città industriale del nord. Eppure Roma vive seduta sugli stipendi di dipendenti pubblici, sul commercio al dettaglio di infima qualità e sui quei turisti che le cascano addosso.
Proprio sul turismo si poggia uno dei maggiori equivoci sullo sviluppo economico della città: spesso nella retorica di molti commentatori proprio il turismo dovrebbe essere il volano di sviluppo della capitale. Niente di più sbagliato! Il turismo, la cui organizzazione va senza dubbio razionalizzata ed efficientata, è un settore su cui possono poggiare realtà economiche quali le Maldive, le capitali dei paesi in via di sviluppo oppure l’Isola d’Elba o il comune di Stromboli, non certo una capitale del G7! Parigi e Londra sono visitate ogni anno da milioni di turisti, ma non è certo il settore che traina la loro impetuosa crescita, anzi! A Roma il turismo è l’alibi per tenere le risorse private bloccate nel patrimonio edilizio, da cui il boom dei bed & breakfast. Il turismo è un comparto poco produttivo, che genera pochissimo valore aggiunto ed è pure assai volatile, quando solo si paventa un piccola crisi economica o geopolitica.
Roma, in aggiunta al capitale umano e nonostante tutta la retorica sul turismo, è inoltre meta di viaggi di lavoro, di interconnessione sociali, finanziarie economiche e politiche, e per questo dovrebbe essere considerata una vera e proprio santa barbara in eterna attesa di una miccia che faccia esplodere un boom economico e di sviluppo.
Ma c’è dell’altro. Nonostante la crisi intorno a Roma, sussistono ancora numerose medie imprese industriali e di servizi di livello che non aspettano altro che di essere messe in connessione con questo capitale presente in città. Oltre alla miccia e alle idee, però, serve soprattutto un disegno che regoli e indirizzi le competenze, che metta in contatto la domanda di professionalità o di capitali con l’offerta, che offra formazione e consulenza. Tutto ciò lo si può fare anche senza investimenti economici onerosi per le casse cittadine, ma così come avviene ovunque, sia in America che in Europa, è l’amministrazione comunale il perno centrale di questa grande operazione di risveglio e di scommessa sul futuro, i cui ingredienti a Roma certo non mancano.