RADICALI ROMA

Si può usare la cannabis nelle terapie antidolore.

Non solo il via libera ai farmaci a base di cannabis contro il dolore cronico, ma anche altre norme per portare l’Italia all’avanguardia nella terapia del dolore. E abbassare, così, la richiesta di ricorso all’eutanasia. Il Consiglio dei ministri ha dato ieri la sua approvazione, in via preliminare, al disegno di legge del ministro della Salute, Livia Turco. Il provvedimento abolisce anche l’obbligo del ricettario speciale per gli oppioidi e una serie di certificati, ormai inutili.

Ancora oggi, nel nostro Paese, è difficile accedere alla cura contro il cosiddetto «dolore severo». Una difficoltà che ci colloca agli ultimi posti in Europa nella graduatoria delle prescrizioni dei farmaci oppiacei, fondamentali per alleviare il male fisico e le sofferenze psicologiche cui sono costretti milioni di italiani colpiti da gravi malattie come il cancro, ma anche da patologie croniche e invalidanti. Con il ddl approvato ieri si agisce su più fronti. Ecco, in sintesi, quali.

La prescrizione
Viene semplificata per i farmaci oppiacei, consentendo al medico di utilizzare il ricettario normale anziché quello speciale, eliminando così le difficoltà burocratiche che spesso rendono ardua la compilazione di una ricetta.

Il dolore severo
Sarà consentita la prescrizione degli oppiacei anche al di fuori delle patologie oncologiche e quindi per malattie croniche o invalidanti per le quali un’adeguata terapia del dolore serve a garantire una migliore qualità della vita ai pazienti. L’elenco degli oppiacei Si semplifica l’aggiornamento periodico della lista di questi farmaci. Potrà avvenire con un decreto ministeriale, sentito il Consiglio superiore di sanità, senza dover ricorrere a modifiche legislative, come è stato invece fino a oggi.

I registri
Sarà più agile la gestione dei registri per il controllo del movimento degli stupefacenti a uso terapeutico: l’intenzione è di facilitare il lavoro di medici e farmacisti.

Due new entry
Si integra la tabella specifica degli stupefacenti a uso terapeutico con due farmaci a base di sostanze cannabinoidi, già in uso in Canada, Usa, Gran Bretagna, Svizzera, Olanda, Belgio e Germania. Ha chiarito Livia Turco: «I due nuovi farmaci fanno parte delle terapie contro il dolore e non hanno nulla a che vedere con gli spinelli. Sia chiaro. Perché basta che uno parli di cannabis e succede il finimondo…».

Infatti, non manca la battuta Maurizio Gasparri, dell’esecutivo di An. «Ho molti dubbi sull’opportunità di varare un disegno di legge del genere – dice -. La Turco mette ticket di ogni tipo per pronto soccorso e ricoveri e vuole invece regalare la droga». E sostiene che le possibilità terapeutiche della cannabis sono in discussione da molti anni nel mondo scientifico, ma che i suoi presunti effetti antidolorifici sono conseguibili con moltissimi farmaci già in commercio. «Non si capisce l’urgenza di questo provvedimento che probabilmente più che a effetti terapeutici guarda all’obiettivo di rendere accettabile l’uso della cannabis».

Di tutt’altro parere, Ignazio Marino, scienziato e presidente della Commissione igiene e sanità del Senato: «Sono assolutamente concorde con la linea del ministro nel voler introdurre l’uso terapeutico della cannabis». Per Marino, alleviare il dolore di chi soffre non è solo un obbligo del medico, ma un diritto del paziente. «Viviamo nel ventunesimo secolo – aggiunge – e credo che se abbiamo a disposizione mezzi in grado di ridurre le sofferenze, dobbiamo ricorrervi senza difficoltà».

Del resto, i farmaci antidolore, anche quelli derivati dalla cannabis, non sono certo una novità per Marino. «Io stesso – ammette – negli Stati Uniti utilizzavo regolarmente un farmaco derivato della cannabis per combattere l’inappetenza e la conseguente perdita di peso nei pazienti sottoposti a interventi complessi, come il trapianto di fegato, o debilitati dalla chemioterapia».