RADICALI ROMA

«Staccheremo noi la spina a Piergiorgio»

  Quando Piergiorgio ce lo chiederà compiremo un atto di disobbedienza». E’ la segre­taria dei Radicali, Rita Bernardini a dare un segnale inequivocabile al mon­do politico, medico e religioso che dibatte in­torno alla sorte di Piergiorgio Welby: qualun­que decisione emerga, dunque, per i radicali sarà comunque la volontà di Welby a fare la differenza. Ed è un segnale che giunge quasi in risposta all’ennesimo intervento del Papa. Anche ieri Benedetto XVI ha lanciato un appello: «I malati vanno curati, non abbandona­ti; ci vuole maggiore attenzione per il moren­te e bisogna promuovere politiche che creino le condizioni per sopportane degnamente le malattie incurabili ed anche la morte». «Una vicenda dolorosa su cui non so dare un giudizio», è invece il commento di Berlusconi. Ieri, intanto, al presidente della Camera è stata recapitata una lettera di Welby, che Bertinotti non ha esitato a definire «di alto signi­ficato morale e civile, anche in considerazio­ne della persona promotrice dell’iniziativa».

 

 

 

Welby, nella lettera, sollecita il parlamen­to ad aprire un dibattito sull’eutanasia, que­stione immediatamente girata da Bertinotti ai presidenti delle commissioni Giustizia e Affari sociali di Montecitorio sollecitando l’apertura di un’indagine conoscitiva «a livel­lo istituzionale e medico, sulla consistenza del fenomeno dell’eutanasia clandestina in Italia; è necessario capire e decidere in manie­ra consapevole». Ma la politica, come sempre quando si tratta di etica, è profondamente di­visa. «Sarebbe più opportuno — è infatti l’opinione del ministro Mastella — che della morte delle persone non decidessero i tribu­nali; comunque, io sono socratico, se la nor­ma lo consente vuoi dire che è possibile». Ma la politica, sempre a parere di Mastella, avreb­be tuttavia il dovere di «recuperare quei vuoti che sono occupati da altri organi e organismi a questo preposti», percorso condiviso anche dal presidente della Commissione Sanità del Senato, Ignazio Marino: «Chi sceglie di non avvalersi della tecnologia per rimanere in vi­ta deve essere ascoltato e Welby ha il dirit­to di ricorrere in tribunale; siamo da­vanti ad un caso di accanimento tera­peutico, lo dico come medico e come senatore».

 

 

 

Perchè, d’altra parte, come sotto­linea Emma bonino bisogna pur tenere in conto che «il corpo di Welby non è di proprietà dello Stato», ma per il Polo sono argo­mentazioni che non reggono. L’ex ministro Alemanno, rinno­vando il suo «radicale no all’euta­nasia», sul fronte Welby dice: «Ci deve essere solo la responsabilità di chi deve decidere se è, oppure no, accanimento terapeutico».