RADICALI ROMA

Tremila brevetti, scienza e industria puntano sulle cellule staminali

NEW YORK – La ricerca genetica e, in particolare, l’uso delle cellule staminali umane, sollevano questioni etiche e religiose che, in Paesi come Stati Uniti e Italia, si traducono in limiti o addirittura divieti alla sperimentazione. La scienza onnipotente spaventa, l’inquietudine per le nuove possibilità di manipolare la vita umana è sempre più diffusa. Ma, a giudicare dal numero di imprese e laboratori che si sono messi a lavorare su questo fronte e dai 3.000 brevetti già registrati, industria e scienziati sembrano convinti che queste paure non freneranno la crescita e che i vincoli politici e amministrativi prima o poi cadranno: quando sarà pronta una medicina efficace contro una malattia oggi incurabile, ci rifiuteremo davvero di utilizzarla perché nella sua sperimentazione sono stati distrutti alcuni embrioni umani?

LE BIOTECNOLOGIE – Quasi ventimila operatori del settore delle biotecnologieprovenienti da 62 Paesi in questi giorni affollano Filadelfia, dove è in corso Bio 2005, il summit mondiale delle tecnologie del settore: si discute soprattutto delle potenzialità delle cellule staminali, alle quali sono dedicati ben sei seminari. Oggi la città potrebbe essere paralizzata dalle manifestazioni che verranno inscenate dai contestatori di BioDemocracy. Che però protesteranno – scendendo in piazza vestiti da pomodori – contro la proliferazione degli Ogm, le colture geneticamente modificate, non contro le staminali. Secondo uno studio realizzato da una società di Londra, anticipato ieri dal Financial Times , negli ultimi cinque anni un quarto dei brevetti registrati a livello mondiale nel campo delle biotecnologie (ben tremila) riguarda le cellule staminali. Oltre agli Stati Uniti, i grandi protagonisti in questo campo sono Giappone, Australia e Gran Bretagna.

IL NO DI BUSH ALLA RICERCA – Nessuno può dire come sarebbero andate le cose senza il divieto di Bush di finanziare con denaro pubblico la ricerca che utilizza embrioni umani (solo il 15% dei brevetti Usa sulle staminali riguarda cellule embrionali, mentre in Gran Bretagna, dove non ci sono barriere, siamo al 40%). Mentre è certo che ora in questa nuova «corsa all’oro» delle tecnologie avanzate un ruolo di primo piano l’avrà la California che sta attraendo ricercatori da tutta l’America, grazie al referendum col quale il governatore Arnold Schwarzenegger, pur essendo repubblicano e sostenitore di Bush, ha aperto le porte del suo Stato al finanziamento pubblico della ricerca sulle staminali. Seguito a ruota dal governatore del Massachusetts che non può permettersi di lasciare i suoi grandi atenei – dal Mit ad Harvard – in una situazione di grave svantaggio.

LE ECCELLENZE STRANIERE – Un altro dato che appare evidente è che, referendum o non referendum, l’Italia (che pure ha le sue eccellenze) è tagliata fuori anche da questo settore delle nuove tecnologie: oltre a Usa, Giappone, Australia e Gran Bretagna, i protagonisti, a Filadelfia, sono infatti Cina, Corea del Sud, Brasile, Svezia, Israele. Ci sono anche Germania e Francia, ma con un peso inferiore a quello che la loro storia nel settore chimico-farmaceutico farebbe immaginare. E poi gli indiani, i cui 50 delegati, più che di cellule staminali, parlano dei medicinali generici che le loro industrie sono ormai in grado di produrre a prezzi bassissimi. Ma a Filadelfia i riflettori sono tutti per i signori del biotech (quelli che producono farmaci che si avvalgono delle tecniche di manipolazione genetica), non le industrie farmaceutiche tradizionali, assediate dai produttori dei Paesi emergenti.

CONVENTION A CONFRONTO – Per capire quanto sia veloce l’evoluzione in questo campo, basta confrontare la «convention» in corso in questi giorni con quella che si tenne in questa stessa città della Pennsylvania nel 1996: allora tutte le aziende biotecnologiche americane messe insieme raggiungevano un valore di mercato che sfiorava a malapena quello (80 miliardi di dollari) del primo produttore farmaceutico, la Merck. Nove anni dopo la Merck vale 70 miliardi di dollari, meno della Genentech o della Amgen, i «campioni» delle biotecnologie «made in Usa»: un settore che, complessivamente, vale 330 miliardi di dollari. Nel ’96 queste imprese avevano appena cominciato a vendere i loro prodotti e non sapevano quale sarebbe stato il loro futuro: oggi i medicinali biotecnologici sul mercato sono già 230, mentre altri 55 sono in attesa di essere autorizzati dalle autorità di controllo e 365 sono in avanzata fase di sperimentazione. Nessuno pensa che la disputa sulle staminali possa interrompere questo trend.

L’OPINIONE PUBBLICA – Tanto più che, almeno negli Usa, l’opinione pubblica è in larga maggioranza favorevole alla ricerca in questo campo. Al punto che lo stesso Congresso si è ribellato a Bush votando una legge che consente il finanziamento pubblico della ricerca che utilizza embrioni umani congelati negli anni scorsi e risultati in soprannumero. Bush sembra deciso a bloccare comunque la legge (approvata col voto dei democratici e di alcune decine di deputati repubblicani) utilizzando – per la prima volta in cinque anni – il potere di veto riservato alla Casa Bianca. Ma ancora non è detta l’ultima parola: ieri l’ex governatore di New York Mario Cuomo – democratico e cattolico – dalle pagine del New York Times ha invitato il presidente a prendere atto di rappresentare, in questa circostanza, una posizione fortemente minoritaria e a non porre un veto sulla base di convincimenti religiosi. Gli ha poi proposto di affidare le questioni di ordine etico a una sorta di «Task Force per la Vita e la Legge», un consiglio di esperti come quello creato nello Stato di New York nel 1985 per affrontare problemi come l’eutanasia o le nuove tecniche riproduttive. Anche se è alla ricerca di una «exit strategy», è difficile che Bush segua questo consiglio.

Autore dell’articolo:
Massimo Gaggi