RADICALI ROMA

Unioni civili a Roma, e se si facesse un referendum?

  Il giorno dopo l’Osservatore romano, house organ di ol­treTevere, fa il “vago”, come si dice al di qua del Tevere: sei righe nella rubrica delle noti­zie dal modo per dire della bocciatura in Campidoglio del registro delle Unioni civi­li. Nella Roma reale, quella dei movimenti, della società civile, «laverà sconfitta», dice la capogruppo Prc Adriana Spera, dalla tenzone dell’Au­la Giulio Cesare, si riflette, al contrario, sulla «brusca bat­tuta d’arresto nel dialogo sui diritti». Il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli de­nuncia la convergenza del Pd e delle destre nella bocciatu­ra di una delibera di iniziativa popolare che, in meno della metà del tempo, aveva rac­colto oltre il doppio, diecimi­la e passa, delle firme necessarie: Pd tutto appiattito sulle posizioni vaticane, il pres­sing era iniziato alla vigilia del summit Veltroni-Bertone, capo del governo del pa­pa ed è riuscito a sabotare l’i­ter delle delibere sul registro delle unioni civili, «Una pessima prova che lascia ben poche speranze anche sul di­battito nazionale», dichiara Rossana Praitano, presiden­te dello storico circolo roma­no. Stesso cruccio per Aurelio Mancuso, presidente di Arcigay, allarmato dalle esterna­zioni di Chiti e D’Alema con­tro matrimoni gay e adozio­ni, dalla diserzione di Veltroni, dalla trasformazione politica-genetica dei democrat: «Se negli anni ’70 ci fosse sta­to il Pd, conquiste come di­vorzio, diritto di famiglia, in­terruzione volontaria di gra­vidanza non sarebbero dive­nute realtà».

 

 

 

Tra i gay che orbitano nel Pd spicca Paola Concia, ex por­tavoce di Gayleft, vicina ai ds, che accusa gli ideologismi della sinistra per il naufragio dei diritti avvenuto in Cam­pidoglio. Si tratta di «inaccet­tabili equilibrismi verbali co­struiti sulla nostra pelle a solo onore e vantaggio di equilibri di partito», lamenta Praitano. E Pino Battaglia, capogruppo capitolino del Pd, sembra un equilibrista appena sceso dal filo: lui dice di aver combat­tuto tra opposti integralismi -laici della sinistra e cattolici della destra – e rivendica l’or­dine del giorno che spediva la questione al Parlamento senza neppure il coraggio di nominare la questione. Al posto della dicitura «comu­nioni di vita» era stata infila­ta, dagli estremisti di centro, quella ancora più vaga di «realtà di vita comune». Ma Battaglia insiste a considera­re quel pezzo di carta come base di una discussione sui diritti civili che giura di voler proseguire. Le critiche da si­nistra? Robaccia di chi pensa solo a indebolire Veltroni e il Pd. Da Palazzo Madama, la capogruppo Finocchiaro giura che resta un nodo ma non si sbilancia. Solo Rifon­dazione pare offrire un ponte alla discussione pur notando che l’arroganza del Pd e l’as­senza vistosa di sindaco e vice, Garavaglia, hanno deter­minato anche la prima scon­fitta politica di Veltroni in Campidoglio. Oltre alle deli­bere, a essere bocciato è toc­cato anche all’odg debolissimo con cui il Pd romano voleva lavarsi mani e coscienza. Massimiliano Smeriglio, de­putato e segretario cittadino del Prc, non nasconde la sua delusione per il naufragio di una delibera che ricalcava esperienze già in corso in al­meno una settantina di città. Socialisti e radicali tornano alla carica e faranno partire il 15 gennaio la raccolta di fir­me per un referendum citta­dino (senza quorum) sul te­ma. 50mila firme da racco­gliere in tre mesi. Boselli chiama a Montecitorio lo stato maggiore del Partito socialista e dà l’annuncio che si potrebbe votare in contempo­ranea con le provinciali, in primavera. «A dire che a Ro­ma il registro è inutile e che il Parlamento sta per arrivare a una legge sono gli stessi che voteranno contro anche D», avverte il leader socialista. «Non prendiamoci in giro – dice anche Franco Grillini, deputato Ps ed ex leader di Arcigay – il Pd è nato sacrifi­cando la laicità». Bisogna va­lutare le forze, dicono all’Arcigay e a sinistra, ma le reti hanno iniziato a pensarci. Si­curamente ci sarà una mani­festazione intomo al 15 mar­zo, una manifestazione na­zionale all’insegna di Libero amore in libero Stato. Per le associazione Glbtq si prean­nunciano vacanze di intenso lavoro.

 

 

 

«Il Pd sceglie l’integralismo vaticano», dice anche Nando Simeone, consigliere provin­ciale appena uscito dal Prc, annunciando un ordine del giorno a Palazzo Valentini per impegnare la Provincia a promuovere nei comuni del territorio l’istituzione di regi­stri delle unioni civili. «Nean­che durante le giunte della Dc – dicono i verdi – s’era visto un atteggiamento così ideo­logico, bigotto, indegno e mortificante». L’Udc lo chia­ma «buon senso» e Volonté si compiace che abbia prevalso sulle pressioni delle lobby omosessuali. Gongola la ca­sa delle libertà che canta (la voce quella dell’ex soubrette Mara Carfagna), coi mode­rati dell’Unione, il de profun-dis dei Cus, i contratti di unione solidale in discussio­ne in Parlamento, e affonda il dito sulla piaga di una coali­zione incapace di autosuffi­cienza nemmeno a livello lo­cale. L’omofobica An se la prende con l’Ater che si ap­presta ad affittare un locale all’Arcigay. Gli acuti statisti finiani sono persuasi che si tratti di un risarcimento per la mancata approvazione della delibera.

 

 

 

E Veltroni? Da sindaco inau­gura asili, consegna diplomi, festeggia il basket. Da leader Pd dialoga sulle riforme, esterna su sicurezza, pena di morte, va alle fiaccolate sulle morti bianche. Ma sull’as­senza del giorno prima e sul­la dignità delle persone glbtq neanche una parola.