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Welby, sull’archiviazione scontro tra procura e gip

  Mezz’ora in tutto. Tanto è bastato al sostituto procuratore Gustavo De Marinis per ribadire davanti al gip Renato Laviola le sue ragioni: quelle che lo scorso marzo lo avevano già spinto a “chiudere il caso Welby” con una richiesta di archiviazione per Mario Riccio, anestesista, accusato di omicidio del consenziente. Ieri il gip si è riservato. Nei prossimi giorni deciderà se il medico debba essere giudicato da un Tribunale.

 

Il 6 marzo Laviola aveva respinto la richiesta di archiviazione firmata da De Marinis e sottoscritta dal procuratore Giovanni Ferrara. Mandando indietro inaspettatamente gli atti, aveva imposto l’iscrizione sul registro degli indagati del medico accusato di avere sedato Pier Giorgio Welby e interrotto la ventilazione meccanica al paziente, da anni paralizzato a causa di una distrofia muscolare, portandolo alla morte. Così si è consumato il piccolo scontro tra procura e ufficio gip.

 

Ieri davanti a Laviola era presente anche l’anestesista, assistito dall’avvocato Giuseppe Rossodivita che ha depositato l’ordinanza del giudice civile Angela Savio. Il 16 dicembre il Tribunale civile nel dichiarare inammissibile il ricorso di Welby, aveva sottolineato che si trattava di «un diritto non concretamente tutelato dall’ordinamento». Quattro giorni dopo Riccio avrebbe consumato il presunto delitto.

 

Per la procura, l’interruzione della ventilazione al paziente «trova la sua fonte nella Costituzione e in disposizioni internazionali recepite dall’Ordinamento italiano e ribadito in fonte di grado secondario dal codice di deontologia medica». Non solo De Marinis ha ribadito che nessun addebito deve muoversi a chi, in presenza di una impossibilità fisica del paziente, abbia materialmente operato il distacco del ventilatore automatico. «L’azione è stata eseguita per dare effettività a un diritto e quindi non può essere ritenuta ‘contra legem’». Per il pm a carico del medico «non sussisteva un obbligo di legge a mantenere in vita il paziente, poiché si era di fronte a una situazione in cui le cure erano palesemente inutili per l’impossibilità della guarigione, ma anche solo del miglioramento».

 

«Attendiamo con fiducia le decisione del giudice – si è limitato a dire Riccio – Lasciamolo lavorare serenamente».