RADICALI ROMA

A proposito di Atac, tra realtà e finzione è preferibile la realtà

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di Leone Barilli

Molti degli interventi contrari al referendum dell’11 novembre sulla messa a gara del trasporto pubblico locale promosso da Radicali Roma, provenienti sia da parte del M5S così come da parti consistenti del Pd e della sinistra più radicale, utilizzano l’argomento, in ottica negativa, che a Roma esiste già un esempio di privatizzazione del Trasporto Pubblico, nella fattispecie quello di Roma Tpl.

Sulla stampa odierna la sindaca Virginia Raggi in un’intervista al Fatto Quotidiano così risponde alla domanda su come si schiererà in occasione del referendum dell’11 novembre prossimo: “Il privato ce l’abbiamo già a Roma con il Tpl, a cui siamo stati obbligati per legge a lasciare il 20 per cento del servizio e funziona malissimo. Il Comune di Roma paga regolarmente le imprese, ma i lavoratori ricevono gli stipendi sempre in ritardo. Se questo deve essere il privato…”

Peccato che sempre sulla stampa odierna, venga data notizia del fatto che il tribunale abbia dato il via libera alla procedura di concordato preventivo per evitare il fallimento dell’azienda di proprietà del Comune (non proprio un esempio virtuoso di gestione della cosa pubblica). Ma viene anche data la notizia che il primo dei creditori nei confronti di Atac sia proprio l’azienda privata Roma Tpl per un valore di 130 milioni di €.

Ora viene subito da domandarsi: ma quei lavoratori ricevono gli stipendi in ritardo per colpa del fatto che l’azienda è un’azienda privata o per via del fatto che Atac e quindi il Comune non pagano quanto dovuto?

Anche perché normalmente un’azienda privata dovrebbe avere i margini per fare cassa e dunque avere la liquidità necessaria a pagare in primis gli stipendi ai propri dipendenti.

Peccato che Roma Tpl non abbia alcun modo per fare margini operativi non potendo riscuotere gli incassi dei biglietti, che vanno tutti ad Atac, non potendo utilizzare i proventi derivanti dagli spazi pubblicitari a disposizione, che vanno ad Atac. Roma Tpl viene rimborsata in base ai Km/vettura che produce. Non ha in alcun modo la possibilità di generare profitti dalla propria attività.

Ora la critica alla privatizzazione da parte di certi ambienti è proprio quella per cui affidare al privato il servizio pubblico significa piegare lo stesso trasporto pubblico alla logica del profitto e non all’interesse dei cittadini. Ma come abbiamo visto Roma Tpl pur essendo un’azienda privata non ha alcun modo per generare profitti, ma dipende in toto dai rimborsi che riceve da Atac per conto del Comune.

Quindi la sindaca e tutti coloro che parlano di Roma Tpl, come esempio negativo di privatizzazione, raccontano una cosa non vera. Non esiste azienda privata che non possa fare profitti per conto proprio e questo non è il caso della Roma Tpl.

Come ben saprete l’oggetto del referendum dell’11 novembre prossimo non è la privatizzazione del servizio pubblico bensì le modalità di assegnazione dello stesso. Due sono le modalità possibili: l’assegnazione in house del servizio a una società di proprietà del Comune oppure una gara, bandita dal Comune, aperta a più soggetti in concorrenza, alla quale può partecipare anche l’ eventuale società di proprietà del Comune stesso.

Al contrario oggi la concessione a Roma Tpl del 20% del trasporto pubblico è frutto di un bando di Atac e risponde agli interessi di Atac e non agli interessi del cittadino.

Per cui ancora una volta dire che Roma Tpl è l’esempio negativo della privatizzazione del servizio è innanzitutto una cosa non vera, in secondo luogo non è l’oggetto del contendere del quesito referendario, ma soprattutto non è un argomento che possa in qualche modo giustificare la contrarietà al quesito.

Dall’amministrazione della Capitale d’Italia dovremmo tutti pretendere maggiore serietà e rispetto nei confronti dei cittadini.

Ma il vero paradosso della diatriba pubblico/privato è che in forza del concordato preventivo, Atac, se vuole in primo luogo non fallire e in secondo luogo rimanere sul mercato. dovrà comportarsi proprio come un’azienda privata costretta a fare utili per pagare i propri creditori, in ultimo il Comune, quindi tutti noi, per un valore di 400 M di €.

Buon referendum!