Piccola, fortemente specializzata, flessibile, hi-tech, inserita in un sistema che a sua volta punta sullo sviluppo tecnologico, prevalentemente attiva nei settori del turismo, della cultura e del terziario avanzato: è la fotografia dell’impresa romana ‘tipo’ a cavallo tra due millenni, come emerge dallo studio pubblicato dall’Ufficio Statistica del Comune nell’ultimo fascicolo della collana “I numeri di Roma”.
La ricerca, svolta all’inizio del 2006 in base ai dati Istat dell’ultimo censimento (inediti fino ad oggi), copre il decennio 1991-2001: un panorama che è già ‘storia’, dunque. E che ribadisce in modo sistematico le indicazioni fornite da studi parziali e rilevazioni degli ultimi anni. Lo sviluppo economico romano, con le sue cifre – che staccano di parecchie lunghezze il resto del paese – e con i suoi caratteri propri, appare così un fatto strutturale, fondato su cambiamenti profondi che la città ha vissuto in un lungo arco di tempo.
Il compendio Comune-Istat, ad esempio, conferma che Roma non è più la capitale delle mezze maniche. Nel decennio di riferimento i lavoratori aumentano complessivamente del 13% (da 971.768 a 1.098.172, con 126.400 nuove unità), ma la crescita dei dipendenti si ferma ad un più 8,3, mentre quella degli autonomi sfiora il quadruplo: + 32%. Ed è proprio grazie alla crescita dell’economia d’impresa – e di un tipo d’impresa caratterizzato da grande dinamismo e flessibilità – che Roma è riuscita ad incrementare l’occupazione e a reggere la competizione globale.
La crescita dell’occupazione a Roma si è concentrata soprattutto nelle piccole imprese (fino a 5 addetti): qui gli occupati sono aumentati di oltre il 70%, con un contributo di 9,1 punti alla crescita complessiva. Anche l’impresa medio-grande (oltre i 40 addetti) è andata bene, con un aumento del 10% di occupati e un impatto del 4% sul dato complessivo. In questo caso, hanno contato i maggiori investimenti in ricerca e sviluppo e un più facile accesso ai mercati esteri.
La grande novità del decennio è stata il terziario avanzato: informatica e software, servizi alle imprese, studi di architettura e ingegneria, pubblicità eccetera. Si può fondatamente parlare di un nuovo distretto produttivo, che nel periodo considerato ha registrato il raddoppio degli addetti (+102,5%, pari a 108.300 posti in più) e che oggi comprende il 20% dei lavoratori romani. A ciò si aggiunge il +27% del turismo (alberghi e ristoranti), pari a 12.000 unità in più.
Hanno trainato il mercato soprattutto le aziende leader nei settori degli alberghi e ristoranti, delle comunicazioni, della finanza e assicurazioni e delle libere professioni. In queste l’incremento è stato di circa 70.000 addetti, pari a più della metà dell’aumento totale degli occupati nella capitale. Molto di più della performance delle aziende che operano in settori ‘protetti’, al riparo dalla concorrenza internazionale – servizi pubblici, servizi finanziari, assicurazioni –, che hanno registrato un + 5,8% di addetti.
“Nel decennio che ha visto l’esplosione di Internet e delle micro-tecnologie”, ha commentato l’assessore capitolino al bilancio Marco Causi, “Roma ha ‘visto lungo’, allineando il proprio sviluppo alle nuove frontiere imprenditoriali, creando filiere produttive ad alta specializzazione”. E la lungimiranza della capitale si è positivamente riverberata su tutto il Lazio, che oggi è la prima regione d’Italia per presenza del terziario avanzato, seguita dalla Lombardia.