RADICALI ROMA

Chi controlla il “super sindaco” di Roma capitale?

La bozza del Testo Unico di Roma Capitale (Turc) realizzata dal Comune di
Roma e dal Ministero per le Riforme, in attuazione dell’articolo 24 della
legge del 5 maggio 2009 n.42, è l’articolato che dovrebbe concedere alla
“Città eterna” deleghe importanti in materia di urbanistica, trasporti e
beni culturali, sottraendo queste competenze alla Provincia di Roma e alla
Regione Lazio. Lo status speciale è auspicabile, visto che non si può
pensare di continuare a governare la Capitale con gli stessi poteri
concessi ad amministrazioni di qualsiasi altra città. Ma tale iniziativa
apre comunque dei contenziosi che la politica dovrebbe saper risolvere,
considerando che una delle anomalie italiane sono proprio le competenze
condivise che la riforma del 2001 inerente al Titolo V della Costituzione
ha aggravato e non estinto. Non entro qui nel merito della discussione
riguardo l’area metropolitana, anche se mi trovo pienamente d’accordo con
coloro che sostengono che ormai è anacronistico non voler estendere i
confini di Roma. Ma questo dibattito già c’è ed è giusto che vada avanti.
Purtroppo quello che manca, a mio avviso, è la discussione su come
riequilibrare i futuri poteri del “super” Sindaco. Chi guarda con
attenzione alle migliori democrazie anglosassoni sa bene che, lì dove c’è
un forte potere accentrato su un unico decisore, è necessario che venga
equilibrato da altrettanti forti poteri di controllo e di intervento
legislativo, affidati ad altri soggetti della vita democratica. Purtroppo
questo semplice concetto non trova vita facile nel nostro Paese. Chi
invece la pensava così, come ben documentato dal lavoro del 2009 dei
Radicali: “la Peste Italiana”, erano i nostri Padri costituenti che,
scrivendo la nostra Carta, assegnarono ai cittadini il potere di
intervenire nell’attività legislativa principalmente attraverso tre tipi
di voto: quello elettorale nazionale, quello elettorale regionale, e
quello referendario, per vagliare ed eventualmente correggere, mediante
l’abrogazione totale o parziale, le leggi varate dal Parlamento. Un
giustissimo principio, poi tradito da sessant’anni di partitocrazia, che
veniva da coloro che sulla propria pelle avevano vissuto l’incubo del
regime fascista. Con le dovute proporzioni, il dibattito intorno ai
decreti su Roma Capitale manca proprio di questo concetto per me
imprescindibile: come riequilibrare i poteri del futuro “super” Sindaco.
Prima dell’estate si sono “sprecati” fiumi di inchiostro intorno al
dibattito sul numero di consiglieri comunali che dovranno far parte della
futura Assemblea capitolina. Nessuno ha sottolineato che il problema non è
il numero ma la loro funzione, che ormai è depauperata. Non c’è una vera
separazione tra potere legislativo/deliberativo e quello esecutivo, ed
oggi assistiamo a delle “super” giunte che detengono di fatto i due poteri
di cui sopra, lasciando ai consiglieri funzioni marginali. Questo, per il
sottoscritto, è motivo di preoccupazione soprattutto per una città come
Roma che, di qui a breve, avrà uno status speciale. Inoltre, a mio avviso,
considerando proprio il principio ispiratore dei nostri Padri costituenti,
limitare la partecipazione dei cittadini al solo voto amministrativo è
scelta scellerata: gli elettori devono avere la possibilità di
intervenire, mediante strumenti adeguati e durante tutto l’arco della
consiliatura, per  proporre o abrogare provvedimenti della “super”
amministrazione. La partitocrazia ha annientato la Costituzione scritta
avvalendosi dell’arbitrio di regime, e quello che avviene oggi non è altro
che la conseguenza di decenni di non-democrazia. Chi, come noi radicali,
si riconosce nell’analisi della “Peste Italiana” non può meravigliarsi del
dibattito di parte che c’è intorno alla riforma su “Roma Capitale”.
L’individuo e la legge, oggi come ieri, si devono difendere contro potenti
organizzazioni chiamate partiti. Giuseppe Maranini lo disse nel 1949,
durante la lezione inaugurale dell’Anno Accademico universitario di
Firenze 1949-1950 dal titolo: ‘’Governo parlamentare e partitocrazia’’,
oggi questa affermazione è ancora valida, a qualche Democratico interessa
confrontarsi su questo?

Massimiliano Iervolino