RADICALI ROMA

Corriere della Sera – Metro C, ultimatum di Marino

Ed. Roma, pag. 1, di Ernesto Menicucci – Marino furioso per lo stop alla tratta Pantano-Centocelle della metro C, che doveva partire sabato: «Dovrei prendere tanti a calci nel sedere, basta coi muri di gomma». Poi, dopo un incontro con Atac e il Consorzio che costruisce l’opera: «Abbiamo chiesto alle Imprese una data certa. Hanno tempo fino alle 11 di oggi per mettersi in regola con i documenti».

Non è colpa di Alfredo, come cantava Vasco Rossi. E, anche dopo riunioni di fuoco, «occupazioni» più o meno reali del ministero dei Trasporti, la voglia di «prendere tanti a calci nel sedere» e parole forti («basta coi muri di gomma», «non mollerò un secondo»), ancora non si è capito benissimo di chi sia la colpa. O meglio, se una colpa – effettivamente – c’è.

E se, soprattutto, la metro C aprirà da Pantano a Centocelle (seppure a singhiozzo: il servizio è fino alle 18.30) dopodomani – come promesso dal Campidoglio – oppure no. L’ipotesi, dopo il mancato nulla osta della commissione di collaudo, appare quanto mai difficile. Ma Marino, che era partito carico a pallettoni, in serata dopo aver visto Atac e Consorzio Metro C- sembra più «morbido»: «Abbiamo chiesto – dice il sindaco – alle imprese di fornirci una data certa. E loro ci hanno risposto che, dal loro punto di vista, le obiezioni del ministero erano già risolte». Obiezioni che – al di là di una serie di documenti che deve fornire l’Atac – riguardano principalmente il software della linea: gli allarmi anti-incendio scattano «a vuoto» e creano quelle che in gergo si chiamano «anomalie». E quindi, secondo il ministero – che ha recepito i dubbi avanzati dai vigili del fuoco – la «sicurezza dei passeggeri non è garantita». Un bel guaio. Specie perché, sulla promessa di «date e costi certi» dell’infrastruttura più tormentata e costosa d’Italia, Marino si è impegnato fin dall’inizio del mandato. Tornato da Bruxelles martedì sera, però, il sindaco ha saputo dall’assessore ai Trasporti Guido Improta che esistevano questi problemi. Così, racconta Marino, «ieri mattina sono andato al ministero, mi sono infuriato e ho detto che non mi sarei mosso finché non avessi ottenuto il verbale della commissione». A quel punto, prosegue Marino, «ho telefonato l’ingegnere Caltagirone e l’ingegner Moretti, dicendo che avrei convocato le loro imprese (la Vianini e l’Ansaldo del gruppo Finmeccanica, ndr)». A metà pomeriggio, al Comune, è iniziata la riunione, andata avanti fino all’ora di cena. Marino, a metà del vertice, spara un tweet: «Nessuno uscirà dal Campidoglio finché non avremo soluzioni certe e data sicura». Sembra, al rovescio, il celebre «arrivo» di Renzi nelle consultazioni al Quirinale. Solo che, per Marino, il messaggio diventa un boomerang. Nelle risposte sul social, infatti, si va da «ci devi dare la data delle dimissioni» a «era un riferimento come medico, ma come sindaco è una delusione», da «avessero chiuso Marino, io il riscatto non lo pago» a «Igna` non ve movete, porto le pizze verso le nove». Nel corso del vertice, Marino chiama il ministro Maurizio Lupi. Ed ottiene che la documentazione «integrativa» delle imprese, da presentare oggi entro le 11, venga esaminata dalla commissione nel più breve tempo possibile. Marino parla di «ritardi inaccettabili, responsabilità intollerabili», dice di «aver pensato anche alla rescissione del contratto», ma poi si ammorbidisce: «Dobbiamo farci guidare dall’emozione o dalla razionalità?». E le penali per i ritardi stabilite nel contratto? «Metteremo quelle e tutte le altre possibili». Il software lo fa Ansaldo: colpa loro? «Mi hanno risposto che sono un consorzio di imprese». Il centrodestra attacca: «L’ennesimo fallimento del sindaco», dice Luca Gramazio (Forza Italia). Sindacati e Codacons chiedono «chiarezza». Ma anche nel centrosinistra c’è «maretta». Riccardo Magi, radicale della lista Marino, chiede «le dimissioni di Improta».