Nel suo primo messaggio per una Giornata mondiale della pace – quella del primo gennaio 2006, sul tema Nella verità, la pace, che valuta criticamente molti aspetti dell’attuale situazione internazionale, dalle minacce del terrorismo alla corsa agli armamenti – Benedetto XVI incoraggia gli ordinari e i cappellani militari, tacendo però dei problemi ecclesiali e pastorali sollevati da più parti per i casi in cui vescovi e preti impegnati in tale attività acquisiscono anche i gradi dell’esercito, divenendone membri.
Il messaggio – presentato il 13 dicembre dal card. Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace – afferma, infatti: “Il mio grato pensiero va alle Organizzazioni Internazionali e a quanti con diuturno sforzo operano per l’applicazione del diritto internazionale umanitario. Come potrei qui dimenticare i tanti soldati impegnati in delicate operazioni di composizione dei conflitti e di ripristino delle condizioni necessarie alla realizzazione della pace? Anche ad essi desidero ricordare le parole del Concilio Vaticano II: ‘Coloro che, al servizio della patria, sono reclutati nell’esercito, si considerino anch’essi ministri della sicurezza e della libertà dei popoli. Se adempiono rettamente a questo dovere, concorrono anch’essi veramente a stabilire la pace’ (Gaudium et spes, n. 79). Su tale esigente fronte si colloca l’azione pastorale degli Ordinariati militari della Chiesa Cattolica: tanto agli Ordinari militari quanto ai cappellani militari va il mio incoraggiamento a mantenersi, in ogni situazione e ambiente, fedeli evangelizzatori della verità della pace” (n. 8).
In diversi Paesi agli ordinari militari vengono conferiti gli stessi gradi, di fatto, dei vertici dell’esercito. In Italia l’attuale titolare, mons. Angelo Bagnasco, è generale di corpo d’armata, mentre i cappellani sono tenenti, maggiori, capitani. Questa contraddittoria situazione è stata denunciata più volte da gruppi di cattolici critici, ma il “nuovo” Concordato del 1984 non innovò affatto, in proposito, le norme, e i privilegi, stabiliti dal Concordato del 1929. Ancora più clamoroso fu quanto avvenne in El Salvador: alla morte di mons. Arturo Rivera y Damas: nell’aprile del 1995, Giovanni Paolo II nominò come arcivescovo della capitale salvadoregna mons. Fernando Sáenz Lacalle, dell’Opus Dei, che era da un paio d’anni ordinario militare (v. Adista n. 33/95). Il fatto che sulla cattedra che fu di mons. Oscar Romero, assassinato nel 1980 per ordine di alti gradi dell’esercito salvadoregno, sedesse un prelato che era nel contempo, in qualche modo, parte di quello stesso esercito, sollevò un tale sdegno morale in molti cattolici salvadoregni che Lacalle dovette dimettersi da ordinario militare.
Nessuno si aspettava che il messaggio papale si addentrasse in questi particolari; e, tuttavia, toccando il tema degli ordinariati militari, ci si attendeva sulla questione un qualche indizio di ripensamento pastorale ed ecclesiale. Che è totalmente mancato.
Terrorismo e conflitti in atto
Per quanto riguarda invece il terrorismo, il messaggio del pontefice afferma: “Paolo VI e Giovanni Paolo II sono intervenuti più volte per denunciare la tremenda responsabilità dei terroristi e per condannare l’insensatezza dei loro disegni di morte. Tali disegni, infatti, risultano ispirati da un nichilismo tragico e sconvolgente. Non solo il nichilismo, ma anche il fanatismo religioso, oggi spesso denominato fondamentalismo, può ispirare e alimentare propositi e gesti terroristici”.
E, sui conflitti in atto, e la corsa agli armamenti: “Non si può dimenticare che, purtroppo, proseguono ancora sanguinosi conflitti fratricidi e guerre devastanti che seminano in vaste zone della terra lacrime e morte… Le autorità che, invece di porre in atto quanto è in loro potere per promuovere efficacemente la pace, fomentano nei cittadini sentimenti di ostilità verso altre nazioni, si caricano di una gravissima responsabilità: mettono a repentaglio, in regioni particolarmente a rischio, i delicati equilibri raggiunti a prezzo di faticosi negoziati, contribuendo a rendere così più insicuro e nebuloso il futuro dell’umanità. Che dire poi dei governi che contano sulle armi nucleari per garantire la sicurezza dei loro Paesi? Insieme ad innumerevoli persone di buona volontà, si può affermare che tale prospettiva, oltre che essere funesta, è del tutto fallace. Non si possono non registrare con rammarico i dati di un aumento preoccupante delle spese militari e del sempre prospero commercio delle armi”.
Su quest’ultimo punto, il card. Martino ha commentato: “Il Santo Padre prende atto con rammarico dell’aumento delle spese militari e della produzione e del commercio delle stesse. Con riferimento a tale dato, nel 2004 la spesa militare degli Stati ha superato la somma di 1 trilione di dollari (circa 160 dollari per ogni abitante del pianeta). L’utile ottenuto dai primi 100 produttori e fornitori di armi nel 2003 ha avuto un incremento del 25% rispetto a quello del 2002, mentre il loro utile complessivo del 2004 equivale alla somma del Pil dei 61 Paesi più poveri del mondo”.