Le istituzioni, già, ma anche il Vaticano potrebbe fare molto per risolvere l’emergenza abitativa nella Capitale. È per questo che, allo scadere della “tregua estiva” degli sfratti deliberata dal ministero dell’Interno, il consigliere della Rosa nel Pugno in I Municipio, Mario Staderini lancia la proposta di un censimento che consenta di utilizzare l’immenso patrimonio, pubblico e privato, di risorse abitative sprecate. In particolar modo quelle in mano al Vaticano. E sì, perché nel 1977 un’inchiesta de “L’Europeo” (costata il posto di lavoro al direttore) rivelava che circa un quarto degli immobili della Capitale era in mano alla Santa Sede e a società ad essa collegate. «Oggi», rivela Staderini, «ci risulta che sono oltre 2.000 gli enti ecclesiastici proprietari di immobili a Roma. Nel centro storico possiedono negozi, appartamenti e interi stabili pregiati ad uso commerciale, beneficiando per di più di una tassazione nettamente inferiore alle altre società private». Ma, secondo Staderini, andrebbe sottoposto a indagine anche l’assetto dei rapporti giuridici ed economici delle istituzioni cittadine e nazionali con il Vaticano «che in questi anni ha visto lo Stato italiano accollarsi 20 milioni di euro per risarcire l’Acea delle bollette insolute del Vaticano; concedere alla Santa Sede territori edificabili nella Capitale per nuove chiese nonostante che dal 1990 ad oggi ne siano state già realizzate, e in gran parte con fondi pubblici, quasi 50; ed erogare, in occasione del Giubileo 2000, altre migliaia di miliardi di vecchie lire per altre proprietà ecclesiastiche». «Se non si trattasse di Vaticano», tuona il deputato della Rosa nel Pugno, Maurizio Turco, «parleremo di un’istituzione dedita alla speculazione».Rincara la dose il consigliere comunale della Rnp Gianluca Quadrana parlando di «una situazione di vero e proprio deficit della legalità». «Il censimento degli immobili del Vaticano è un obbligo civico che qualunque giunta dovrebbe fare propria. Porterò la proposta in Aula», annuncia. D’accordo con la Rnp anche il Prc. «La possibilità di stabilire canoni concordati anche con i beni immobili ecclesiastici», spiega il vice presidente del consiglio provinciale, Nando Simeone, «può essere una soluzione per riequilibrare i prezzi del mercato, che ormai hanno raggiunto livelli inaccettabili. Sarebbe importante un segnale forte degli stessi vertici del Vaticano per una emergenza sociale che investe tutti». Decisamente contrari, invece, l’Ulivo e il centro destra. «Non comprendiamo, né condividiamo l’approccio più ideologico che pragmatico con cui la Rosa nel Pugno ha presentato le sue proposte per la risoluzione di un problema complesso come quello della sempre crescente emergenza abitativa che sta colpendo Roma ed il Centro Storico», puntualizzano Andrea Casu, capogruppo dell’Ulivo in I municipio, ed Emiliano Pittueo (Ulivo) presidente della commissione Servizi Sociali. «Non è avviando una crociata contro il Vaticano che si può pensare di risolvere il problema, per lo più mescolando rivendicazioni di natura diversa». An parla di «sgangherata campagna anticlericale ottocentesca della Rnp, pensando che l’emergenza casa a Roma sia colpa del Vaticano. E l’Ulivo cerca di mettere una pezza per non urtare il suo elettorato cattolico». Per Fabrizio Sequi (Fi), «se per risolvere il problema della casa a Roma un censimento va fatto, quello deve essere sugli sprechi nella gestione del vastissimo patrimonio immobiliare del Comune e sugli occupanti abusivi».