Propone una Lega per tutelare il diritto al lavoro degli ultrasessantenni che ormai sono il 30% della popolazione. Con l’obiettivo chiaro di fare una riforma “rivoluzionaria” della previdenza e dell’intero welfare. E torna a prendersela con i sindacati che altro non fanno se non difendere ”situazioni di privilegio e di profonda ingiustizia”. Marco Pannella e le pensioni, una vecchia battaglia del leader radicale improvvisamente tornata d’attualità dopo l’affondo del vicepremier Massimo D ‘Alema che l’altro giorno ha definito “aberrante” andare in pensione a 57 anni. Affermazione che dice di condividere in pieno.
Nel merito della riforma previdenziale, di cui si sta discutendo in questi giorni a tutti i livelli, Pannella in particolare vuol sottolineare che sarebbe giusto “fare in modo che andare in pensione sia più vicino a una facoltà che non a un obbligo, senza poi dover ricorrere al nero o al doppio lavoro”. “Il problema sociale che oggi il governo si trova ad affrontare — continua Pannella appena tornato da Strasburgo — è che non si può di fatto costringere ad andare in pensione persone che hanno davanti a loro altri 20 anni di vita attiva mantenendo una insopportabile ipoteca sul futuro dei giovani”.
L’eurodeputato radicale non indica soglie “ideali” visto che attualmente il limite massimo oltre il quale scatta l’obbligatorieta della pensione è di 65 anni, ma si limita ad osservare che ”persone come Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio Napolitano, Rita Levi Montalcini” e tanti altri intellettuali e politici sono ancora sulla breccia pur avendo superato gli ottant’anni. Il presidente del Consiglio Romano Prodi, ricorda Pannella, “proprio poco tempo fa ha espresso una posizione sulla previdenza, anche se in pochi se ne sono accorti, che in sostanza sposava in pieno la teoria della volontarietà”. E l’ex premier Silvio Berlusconi? Non fu proprio Pannella a consigliare al Cavaliere un paio d’anni fa di aprire un “conflitto” pur di affrontare la riforma previdenziale? “Confermo, ma non solo Berlusconi si è ben guardato dall’aprire quel capitolo ma non ha nemmeno applicato la legge Dini che nel 2004 prevedeva di rivedere i coefficienti di rendimento”. Un peccato capitale e una responsabilita enorme, quella dei politici, che di fatto condannano i neonati ad avere sin da subito un debito sulle spalle di 40 milioni di euro, aggiunge.
E infatti, nella lista delle “grandi” questioni irrisolte, non c’e solo la previdenza ma “il debito pubblico, la giustizia e l’informazione”. “Sono quattro capitoli fondamentali che le oligarchie non vogliono affrontare e sui quali impediscono anche il dibattito”. Il vecchio combattente radicale indica il percorso da sempre utilizzato: “Cercare di organizzare le forze sociali e l’opinione pubblica per andare nel cuore delle riforme”. E “riconquistare il diritto costituzionale e democratico al lavoro”.
”La battaglia sarebbe vinta — osserva Pannella che torna ad accusare i media e la Rai in particolare — se fossimo davvero in democrazia e si potesse dedicare su quei temi un dibattito ampio”. Pannella chiede inoltre ai sindacati di avere il coraggio di rinunciare ad incassare la quota sindacale dall’assegno previdenziale. Si dice d’accordo con il giuslavorista Piero Ichino che — sul Corriere della Sera — ha ingaggiato una “coraggiosa polemica per allentare la presa del sindacato nel mondo del lavoro”. Ora, conclude, ”c’è una grande battaglia da fare, importante come quella del divorzio e dell’aborto: si tratta dei diritti fondamentali del 30% della popolazione italiana”.