Una requisitoria a tutto campo, una condanna senza appello. Per i vescovi spagnoli, la Spagna governata da José Luis Rodriguez Zapatero vive nella «anticamera del totalitarismo». Non fanno mai diretto riferimento al premier, non citano in nessun momento il Partito socialista, parlando sempre, vagamente, di «certi settori», ma l’obiettivo della critica non potrebbe essere più chiaro: nel documento di «istruzione pastorale» dal titolo «La situazione attuale», la Conferenza episcopale fa il ritratto di una società «sempre più divisa e lacerata» come conseguenza delle iniziative legislative e politiche di chi ha amministrato il Paese negli ultimi anni. Il linguaggio non potrebbe essere più duro: riconciliazione minacciata, rischi per l’unità di Spagna, laicismo belligerante, disprezzo della religione, anticlericalismo rinascente.
Nel mirino c’è anche la questione della «memoria storica», il dibattito sulla guerra civile riaperto dal governo con l’obiettivo di restituire dignità morale e risarcimenti economici alle vittime: per la Chiesa, Zapatero non ha fatto altro che «riaprire vecchie ferite». Lapidario il commento di Jorge Semprun, uno dei padri della democrazia spagnola, scrittore e vittima dei lager nazisti: «La posizione dei vescovi è allucinante».
Il documento è stato ratificato con 63 voti a favore, 6 contrari e tre astensioni, mentre altri sette prelati si sono assentati al momento della votazione per esprimere il proprio dissenso.
Proprio l’esistenza di contrasti all’interno dell’assemblea episcopale ha indotto a moderare i toni su alcuni temi. Come quello dell’unità di Spagna, che nella bozza iniziale veniva indicata come «un bene morale». Nella versione definitiva si parla di «un bene che non può essere messo all’asta».