Chi vuoi che stacchi la luce alle sale operatorie? O ai lumini dei cimiteri, ai riflettori dello stadio, alle lampade della Cattedrale? Così, approfittando dell’imbarazzo altrui, un numero sempre più grande (spaventosamente grande) di Comuni e Regioni ed enti pubblici ha trovato un bel sistema per affrontare le bollette Enel: se ne infischia. La più morosa di tutti, nella classifica dei debitori, è la Asl Napoli 1, la più grande, sgangherata e squattrinata di tutta l’Europa.
Convinti che nessuno oserà mai staccare la spina dell’energia elettrica alle sale rianimazione e neppure di chiedere il sequestro dei macchinari della risonanza magnetica, gli amministratori (tra i quali c’era fino a qualche tempo fa il direttore generale Angelo Montemarano, poi promosso assessore regionale alla sanità) hanno via via ammucchiato le bollette in un cassetto, ammesso che non le abbiano cestinate, fino ad accumulare un debito con la società erogatrice di energia di 14 milioni e mezzo di euro: ventinove miliardi di lire.
Un’enormità. Che straccia perfino i due immediati inseguitori nella hit parade stracciona. Due amministrazioni, diciamo così, Cugine: la Regione Campania e il Comune di Napoli, seconda e terza con bollette mai pagate rispettivamente per 9 e per 6 milioni di euro. Segue al quarto posto, con tre milioni e 200 mila euro, l’Azienda sanitaria locale di Salerno. Il che, a questo punto, legittima un sospetto: vuoi vedere che in famiglia si sono passati la voce che, tra tutte le spese obbligate che proprio non si possono evitare, quello dell’energia elettrica è in fondo in fondo un peso sul quale è possibile fare spallucce?
All’Ente Nazionale per l’Energia elettrica non nascondono di essere preoccupati. Ma come: le amministrazioni trovano i soldi per le autoblù e i soldi per i voli privati e i soldi per la Commissione sul Mare e quella sul Mediterraneo e i soldi per i gettoni di presenza e i soldi per andare in folta comitiva al Columbus Day di New York al seguito di Alessandrina Mastella, per fare il solo esempio della Regione Campania, e poi se ne infischiano di pagare le bollette?
Non è solo una questione, ovvia, di principio. Fatta la scelta di privatizzare e andare sul mercato, l’Enel è oggi solo parzialmente pubblica, dato che il socio di riferimento è sempre il Tesoro, con circa il 32%. Per il restante 68% appartiene agli azionisti privati: quella del 1999, quando cominciò la privatizzazione dell’Enel, fu anzi la più grande offerta pubblica in Europa e la seconda al mondo sia per valore che per numero di sottoscrittori. E sono loro, invitati a investire con la l’impegno che la società avrebbe perseguito gli obiettivi con l’ottica di un’azienda privata senza regalie politico-clientelari, i primi ad essere colpiti dalla morosità degli enti pubblici.
Una morosità di massa. Basti dire che i comuni italiani che devono pagare almeno mille euro di bollette arretrate sono 3.531. Su un totale di 8.101: il 43 per cento. E il debito complessivo di tutte le pubbliche amministrazioni nei confronti dell’Enel è di 305 milioni di euro. Quasi settecento miliardi di lire. Un buco enorme. Che di giorno in giorno, con l’andazzo che c’è, rischia di farsi sempre più profondo. Causando un danno non solo ai conti dell’ azienda elettrica, ma al tessuto stesso della nostra società. Che esempio può dare ai suoi cittadini un comune come Catania se risulta in arretrato di 2.395 bollette non pagate per un totale di 1.915.494,74 euro?
Come può il sindaco della cosentina Acri chiedere ai compaesani di pagare l’Ici o la tassa sui rifiuti o l’acqua (evasione media in Calabria secondo la Corte dei Conti: 93,5%) se il suo comune è in arretrato sulla luce di 928 bollette? La casertana Roccamonfina, a gironzolare per il sito comunale, ricco di fotografie e informazioni e servizi e curiosità intorno al Santuario di Maria Santissima dei Lattani e il gruppo vulcanico che culmina nel Monte Santa Croce e la Sagra della Castagna, non appare miserabile: ogni abitante ha in banca oltre 700 euro in più della media regionale e risultano oltre 49 automobili ogni cento abitanti. Eppure il municipio, lanciando ai cittadini un messaggio che definire diseducativo è poco, è riuscito ad accumulare un debito con l’Enel di 440.710,26 euro, pari a 312 euro per ognuna delle 1.409 famiglie.
Sia chiaro: non è un problema solo dei municipi. Né del solo Mezzogiorno. Sono tra i morosi, ad esempio, la Soprintendenza Archeologica Toscana o la Soprintendenza Monumenti e Gallerie di Pisa o il Provveditorato alle opere pubbliche di Perugia o l’Ufficio provinciale di Viterbo dell’Inpdap o l’Asl Roma G che sul suo sito Internet se la tira con parole come mission e restyling e impegni a «monitorare la custumer satisfaction» (letterale: ammazza!!!) e poi è indietro coi pagamenti delle bollette per 979.722,30 euro. Non mancano neppure, tra i debitori, tre reparti della Guardia di Finanza del Piemonte. E perfino qualche struttura, come ha confidato Giuliano Amato, del Viminale: «Mi secca che una amministrazione nobile come quella dell’Interno compaia nella lista dei debitori particolarmente morosi dell’Enel e dell’Acea non per ritardato pagamento ma per il mancato pagamento delle bollette».
Chi è senza peccato scagli la prima pietra. E’ accecante, però, la sproporzione tra gli arretrati più o meno contenuti di (limitati) enti pubblici del Centro e del Nord e gli abissi di una miriade di comuni e acquedotti e regioni e province e comunità montane del Sud. Dove l’accumulo di centinaia o addirittura migliaia di bollette mai pagate, per il campo da calcio o le cappelle votive, l’irrigazione della piazza o il cinema municipale, l’orologio sul torrione o la fontana, può dimostrare una cosa sola: che sono tutti convinti che nessuno avrà mai il fegato di tagliar loro la luce. Quindi perché mai dovrebbero pagare: solo perché lo dice la legge? Uffa…