Giù le mani della politica dalle Fondazioni», ha tuonato una volta ancora il presi dente dell’Acri Giuseppe Guzzetti mentre ricordava il tentativo di «esproprio» portato avanti dal governo di centro-destra nel 2003 tramite Giulio Tremonti. Ma mentre a Milano Guzzetti avverte addirittura che «se un domani questo avvenisse di nuovo i cittadini dovranno essere pronti a difenderci», a Genova – non esattamente dall’altra parte del mondo – politica e Fondazione locale stanno giocando un match nel quale partiti e potentati non sembrano proprio intenzionati a tirarsi indietro. Anzi, il rinnovo del consiglio della Fondazione Cassa di Risparmio di Genova è diventato l’occasione per allestire una prova generale – seppur su base locale – di compromesso storico o, per passare a terminologie più recenti, di «tavolo dei volenterosi». Ulivo e Polo uniti – una volta tanto – nella divisione del consiglio della Cassa.
Si può discutere a lungo se questa intesa cordiale tra i due schieramenti puzzi di consociativismo o non abbia invece il profumo di una stagione nuova dove si accantonano le divergenze di parte per pensare assieme alla cosa pubblica. Una cosa però è certa, a Genova come in molte altre situazioni, la politica è tutt’altro che estranea al mondo della Fondazioni non fosse altro che per il fatto che proprio la legge designa gli enti locali a nominare un bel po’ di consiglieri delle stesse. Del resto recidere i legami tra chi sta nelle Fondazioni e le realtà locali non si può, il rischio di autorefenzialità – già alto – per quei signori che alla fin fine possiedono larga parte delle banche italiane aumenterebbe ancora. Meglio dunque, forse, fare i conti con la politica anche se la tentazione contro cui mette in guardia il presidente dell’Acri – quella appunto che la politica faccia un passo avanti cercando di mettere le Fondazioni direttamente al suo servizio – sarà sempre presente.