Il sindaco di Roma, Walter Veltroni, riabilita il Ventennio. Almeno per quanto riguarda l’urbanistica e l’architettura capitolina. Ieri, durante la presentazione del “Campidoglio 2″, ovvero la cittadella amministrativa che sorgerà tra qualche anno nel quartiere Ostiense, ha dichiarato: «A parte gli anni Cinquanta e Sessanta, bisogna tornare agli anni del Fascismo per trovare grandi architetti all’opera». E ancora: «Oggi una ventina dei più grandi architetti del mondo stanno lavorando nella nostra città, da Calatrava a Fuksas fino a Portoghesi, Meier, Desideri, Purini e Valle. Questa può essere considerata la terza grande stagione di trasformazioni architettoniche. Stiamo cercando di portare nella Capitale la progettazione urbanistica di qualità, non necessariamente legata ai gruppi di grido, ma anche a giovani architetti di talento».
Veltroni erede di Mussolini? Certo al sindaco non dispiacerebbe essere ricordato nei libri di storia dell’arte sui quali i nipoti dei nostri nipoti studieranno le trasformazioni urbanistiche della Capitale, come “committente”. Per qualcuno sarà un committente “illuminato”, per altri un po’ meno. Ma le polemiche, si sa, fanno parte del gioco. E Veltroni può vantare di aver dettato ufficialmente le regole per la Roma del futuro con il nuovo piano regolatore cittadino. Che va a sostituire quello firmato da Edmondo Sanjust di Teulada che venne approvato dal Consiglio comunale nel 1909, quando sullo scranno più alto del Campidoglio sedeva Ernesto Nathan. Da allora ci sono stati diversi piani prefettizi, l’ultimo nel’62, ma per lo più Roma è cresciuta a dismisura senza controllo e con tanta edilizia contrattata. Fino all’avvento di Veltroni. Che ha fatto venire il mal di pancia a molti quando ha dato il via libera per la teca che custodisce l’Ara Pacis (che Vittorio Sgarbi non ha esitato a definire «una pompa di benzina texana») sborsando un bel po’ di soldi a Richard Meier.
Un “archistar”, come quasi tutti gli artisti impegnati in questi mesi a costruire la nuova Roma veltroniana. C’è Massimiliano Fuksas che lascerà il suo indelebile segno all’Eur con il nuovo centro congressi: l’ormai celebre e discussa “Nuvola”, realizzata in gore-tex, che galleggerà in una teca di acciaio e vetro alta 32 metri, larga 75 e lunga 198. C’è di Zaha Hadid sul Maxxi di via Guido Reni, spazio non comunale per mostre ed eventi di architettura ed arte contemporanea. C’è Paolo Desideri che sta risistemando a via Nazionale, all’ultimo piano del Palazzo delle Esposizioni, l’ex Serra Piacentini. C’è il valenciano Calatrava che sta per realizzare il campus universitario di Tor Vergata dove si è già esibito, disegnando scene e costumi per Ecuba e Le Troiane messe in scena e interpretate da Irene Papas. E poi Rem Koolhaas che firmerà il progetto per il recupero degli ex Mercati generali, Vittorio Gregotti il quartiere Acilia-Madonnetta, Odile Decq l’ampliamento del Macro (il museo d’arte contemporanea romano). E ancora, Franco Purini progetterà la Casa dello studente, Paolo Desideri la nuova stazione Tiburtina, Sharon Miura la chiesa di Santa Maria delle Grazie alla Bufalotta, Maria Claudia Clemente il sottovia del lungotevere in Augusta.
Sicuramente Roma cambierà volto. Ma forse con tutti quei milioni di euro che verranno spesi si potrebbero costruire un bel po’ di case popolari. Come del resto ha fatto Mussolini. Che anche per l’edilizia per i poveri ha scelto archistar del tempo. Basta farsi una passeggiata alla Garbatella…