Le tradizioni vanno mantenute e così, nonostante il braccio di ferro tra governo e Vaticano sui Dico, lunedì prossimo nelle sale dell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede puntualmente verrà celebrato a suon di strette di mano, sorrisi e ammiccamenti l’anniversario della firma dei Patti Lateranensi e dell’accordo di modifica del Concordato tra Stato e Chiesa.
Grande organizzatore dell’evento è l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede Giuseppe Balboni Acqua il quale, in un’intervista rilasciata proprio in questi giorni a Consulente Re (bimestrale del Gruppo Re specializzato in servizi finanziari per uomini e istituzioni di Chiesa e distribuito solo per posta a circa 3500 ecclesiastici e religiosi) parla con scioltezza e savoir faire dell’ottimo stato dei rapporti bilaterali dei due paesi: «Lo stato è eccellente – afferma sicuro Balboni Acqua -. Ciò si deve in gran parte alla veste giuridica dei nostri rapporti bilaterali». E ancora: «Credo che tali norme possano ben costituire un modello per altri paesi le cui costituzioni si ispirino a sani principi laici».
Sarà, ma intanto l’annunciata uscita di una nota ufficiale della conferenza episcopale italiana volta a offrire precise indicazioni su come i politici cattolici si dovranno comportare quando saranno chiamati alle Camere a votare il ddl sui Dico, ha alimentato polemiche che non trovano sq-miglianze in altri paesi: «È un’ingerenza inaccettabile», sostengono le anime laiche della coalizione governativa. «Nessuno può imbavagliarci», rispondono gli alti prelati dei palazzi d’Oltretevere.
Il programma del ricevimento seguirà un copione consolidato. Un ricco buffet accoglierà gli ospiti. Tartine, spumanti e dolci saranno presi d’assalto dai convenuti prima del blindatissimo incontro – rigorosamente a porte chiuse – i cui protagonisti dovrebbero essere i seguenti: da parte vaticana il segretario di Stato, Tarcisio Bertone, il suo braccio destro e “ministro degli esteri” monsignor Dominique Mamberti, il presidente dell’amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, Attilio Nicora, i monsignori sottosegretari Gabriele Caccia e Pietro Parolin, il nuovo nunzio apostolico in Italia, monsignor Bertel-lo e probabilmente anche l’attuale presidente della conferenza episcopale italiana, il cardinale Carnillo Ruini accompagnato dal segretario generale della Cei, Giuseppe Betori. Dall’altra parte, le più alte cariche istituzionali del paese: e cioè, con ogni probabilità, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il premier Romano Prodi, i presidenti di Camera e Senato, il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, e altri ministri in ordine sparso.
È consuetudine che i contenuti del colloquio privato rimangano segreti. Solitamente vengono affrontate liberamente le questioni che si ritengono più importanti nei rapporti tra le parti. Quanto ai Dico, è prevedibile che vengano riaffermate le rispettive posizioni ma, in linea generale, si terrà presente la volontà d’incontro espressa a più riprese dal papa (nonostante le forti parole più volte pronunciate in difesa del matrimonio e della famiglia) e da Napolitano. Sulle unioni civili si arriverà a «una sintesi» che tenga conto «delle preoccupazioni espresse dal pontefice e dalle alte gerar-chie della Chiesa», aveva detto Napolitano il 29 gennaio scorso. «L’intervento del presidente -aveva commentato poco dopo il portavoce vaticano padre Federico Lombardi – è certamente molto apprezzabile: dimostra la grande attenzione per le posizioni del Santo Padre da lui già più volte manifestata, e incoraggia a un atteggiamento di dialogo e di rispetto che non è sempre presente nell’attuale dibattito politico». E anche se parallelamente alla parole di Lombardi il segretario generale della Cei, Giuseppe Betori, aveva dichiarato che «la sintesi si fa nel rispetto delle identità altrimenti diventa un compromesso o una mediazione», nell’incontro di lunedì nessuno pare intenzionato a rimarcare eccessivamente la ragionevolezza della propria posizione. È meglio, infatti, non tirare troppo la corda. Il nuovo Concordato firmato nel 1984 da Bettino Craxi e dal cardinale Agostino Casaroli garantisce una sorta di pax che è conveniente mantenere. E poi, Tarcisio Bertone porta al petto la croce pettorale che fu proprio di Casaroli, segretario di Stato vaticano dal 1979 al 1990 e, come detto, grande artefice del Concordato. E la cosa non è casuale.