Esistono forze — si crede — capaci di trasformare il mondo. Ognuna tende a rafforzare se stessa e indebolire le altre. Il cristianesimo è una dì esse; e la Chiesa cattolica è la forma attuale più imponente del cristianesimo. La lotta della Chiesa contro aborto, divorzio, fecondazione artificiale e, ora, contro le misure del governo sui Dico si sviluppa appunto all’interno di quello scontro di forze.
La Chiesa sta dicendo che quelle misure indeboliscono la «famiglia naturale» voluta da Dio. Si tratta allora di rafforzare la «famiglia naturale» e quindi di indebolire ogni convivenza «innaturale».
La Chiesa distingue l’individuo umano dal modo in cui egli pensa. Ma per la Chiesa i diversi contenuti della fede cristiana — uno dei quali è appunto la «famiglia naturale» —- sono rafforzati da un’abbondante presenza di cristiani, cosi come il fuoco è rafforzato da un’abbondante presenza di legna. Si tratta quindi di rendere più abbondante la presenza dei cristiani e sempre più esigua quella dei non cristiani. Un compito arduo (al quale tuttavia essa non può rinunciare) in un tempo in cui, la Chiesa sa bene, i cristiani sono sempre di meno.
Poiché la Chiesa distingue l’individuo dal modo in cui egli pensa, la volontà di ridurre i non cristiani non si esprime più come volontà di annientarli come individui, ma come volontà di annientare i loro errori. Si odia e si combatte il peccato, non il peccatore.
Va detto però che come l’esistenza del cristiano rafforza, per la Chiesa, la fede cristiana, così l’esistenza del peccatore – cioè di quell’individuo che è il peccatore – rafforza il peccato. Non riconoscerlo è incoerenza o malafede. Pertanto, per rafforzare la fede e i cristiani, si dovranno sì annientare i peccati, ma si dovranno anche indebolire i peccatori, la cui esistenza rafforza l’esistenza del peccato come coloro che mettono acqua sulla legna spengono il fuoco e fanno fumo. Difficile, però, stabilire il limite oltre il quale, indebolendo il peccato, si manda all’altro mondo anche il peccatore.
I rapporti tra Chiesa e democrazie moderne sono difficili, perché altra strada, per indebolire il peccatore di cui la Chiesa intende per altro rispettare la vita, la Chiesa non ha se non quella di rendergli la vita difficile: impedendogli di diffondere il proprio modo di pensare e realizzare istituzioni in cui esso si rifletta (si pensi alla scuola pubblica in quanto «laica», e agli interventi medici condannati dalla dottrina cattolica); e impedendogli di avere peso politico e di disporre di finanziamenti che rendano possibile tutto questo. Se la Chiesa non lo facesse sarebbe incoerente. Si tratta, appunto, di indebolire il più possibile il peccato e il peccatore. Che a loro volta non intendono farsi togliere di mezzo e reagiscono.
La democrazia moderna è anch’essa contenuto di una fede, che però rende possibili, senza renderle obbligatorie, leggi che in determinati ambiti, rispettando la Costituzione, consentono a ciascuno di vivere come vuole. La Chiesa, invece, sollecita leggi che, in quegli ambiti, impongano a tutti di vivere secondo i dettami della fede cristiana. È una fola che la Chiesa non debba ingerirsi nella vita dello Stato, ed è democratico l’atteggiamento di parlamentari che votano in un certo modo perché vogliono obbedire alla Chiesa, e che se hanno la maggioranza fanno diventare legge dello Stato le loro convinzioni. Rimane però la differenza, la maggiore democraticità della fede democratica, rispetto alla fede cristiana. (Lo si dice spesso, ma è un discorso che ha forza solo dopo che si sia riconosciuta la legittimità di leggi volute da una maggioranza cattolica). La democrazia non chiude infatti la porta a leggi che, non contrarie alla Costituzione, in certi campi lascino ognuno libero di vivere come vuole: non chiude loro la porta, senza tuttavia imporle, perché non la chiude nemmeno a leggi che, come quelle cattoliche, impongono invece anche ai non credenti, in quei campi, di vivere come essa crede sia giusto vivere.