Nulla di clamoroso o che sia in grado di modificare gli equilibri all’Assemblea generale dell’Onu, ma il fatto che il Sudafrica abbia firmato ieri la proposta italiana di moratoria della pena di morte è un altro piccolo tassello nella campagna per modificare gli schieramenti a livello mondiale. A sostenere la battaglia nel nostro paese sono in particolare i Radicali, che hanno organizzato una marcia di Pasqua sul tema conclusasi in piazza San Pietro a Roma (ma con qualche delusione perché si sperava che papa Benedetto XVI ne avrebbe parlato nel suo discorso urbi et orbi). Marco Pannella è in sciopero della fame da venti giorni e commenta così: «Sarebbe splendido se il governo italiano facesse di questa battaglia una priorità».
Il leader radicale ha lanciato un messaggio al (ministro degli Esteri dai microfoni di Radio Radicale: «E’ necessario che tu dedichi un minimo di priorità alla vicenda della moratoria per la pena di morte. Sai che mi sono occupato di tutto questo con grande continuità, posso affermare che non te ne sei occupato, o che perlomeno non ne hai fatto una priorità», nonostante l’impegno formale votato dal Parlamento nel luglio scorso.
A dare la notizia della firma del Sudafrica, novantesimo paese a schierarsi con l’Italia, è Aldo Ajello, ex rappresentante speciale dell’Ue per la regione dei Grandi Laghi, inviato in missione e incaricato di convincere ad aderire alla campagna italiana diverse capitali africani. Un’adesione importante e non solo simbolica, perché Sudafrica può avere una funzione di trascinamento di altri stati dell’area.
Ma, avverte l’ex ambasciatore italiano all’Onu Francesco Paolo Fulci – dimessosi in polemica nel ’99 dopo il ritiro a sorpresa della proposta di moratoria alla vigilia dell’Assemblea generale – l’Italia «non deve cullarsi» e «continuare a lavorare sodo» con «più coraggio».
H problema principale riguarda la posizione europea. L’Italia punta a raggiungere una posizione comune ed è scettica sulla possibilità di presentare una proposta di moratoria da soia. Su questo incontra il consenso di un’associazione importante come Amnesty international. Ma l’Europa sconta la difficoltà di trovare un accordo, per via del no britannico cui si appoggiano alcuni stati dell’est, a partire dalla Polonia. Inoltre, già nel ’94 una proposta di moratoria era stata bocciata dall’Onu e c’è il precedente del ’99, quando l’Europa non riuscì a raggiungere il consenso sulla richiesta.
Per questo Palazzo Chigi ha scelto ha scelto una formula intermedia su cui lavorare per raccogliere consensi, quella della «Dichiarazione di associazione» sulla moratoria». L’Italia ha ottenuto che la Dichiarazione fosse presentata dalla presidenza Uè all’Assemblea generale il 19 dicembre scorso e sottoscritta in quella data da 85 Paesi (tra i quali i 27 europei), che ieri sono diventati 90. Il passaggio cruciale resta fissato per il 23 aprile a Lussemburgo, quando D’Alema porterà l’iniziativa italiana all’attenzione del Cagre, il Consiglio affari generali e relazioni esterne.