La vicenda del 5 per mille assomiglia sempre più a un impasto entrato nel forno del legislatore come torta, ma che rischia di uscirne come crosta bruciacchiata. Una (brutta) sorpresa tira l’altra: con la presentazione dell’emendamento governativo al disegno di legge finanziaria per il 2008 che reintroduce l’opzione da parte dei contribuenti, “dimenticata” nella prima stesura, è subito emersa l’anomalia del tetto di copertura, limitato a 100 milioni di euro (si veda «Il Sole-24 Ore» del 19 ottobre e seguenti).
Un importo ben lontano dai 328 milioni elargiti grazie alle firme apposte nel 2006, anno di debutto del provvedimento, e presumibilmente ancor più distante dal risultato maturato con le dichiarazioni dei redditi di quest’anno. Tanto che, proprio con la stessa manovra, si era già provveduto ad elevare lo stanziamento per il 2007 dagli originali 250 milioni a 400.
Ma se l’attenzione si concentra sul limite di spesa (che, se confermato, renderebbe falso anche il nome del 5 per mille, riducendolo a un risibile 1,5 o 2 per mille), altre incongruenze rischiano di penalizzare ulteriormente lo strumento. In particolare, anche nella nuova formulazione resterebbero escluse dal beneficio le fondazioni che non abbiano contemporaneamente la veste di Onlus. Una “svista” già verificatasi l’anno scorso (si veda «Il Sole-24 Ore» dell’8 gennaio 2007) quando, con l’originario intento di escludere le fondazioni bancarie, sono stati in realtà penalizzati molti piccoli enti e alcune grandi organizzazioni.
Non solo: la nuova formula sopprime anche il contributo che la passata edizione della norma riservava all’Agenzia per le Onlus e agli enti di rappresentanza del non profit. Una quota di scarso rilievo finanziario (in pratica, il 5 per mille sull’ammontare del 5 per mille) ma di elevato valore simbolico, perché proprio l’Agenzia per le Onlus, a fronte dei controlli esercitati dall’Agenzia delle Entrate sul terreno fiscale, dovrebbe mettere a regime lo strumento e consentire pari opportunità di accesso a tutte le realtà candidate.
La mobilitazione lanciata con l’appello del Sole-24 Ore, dunque, vale anche per scongiurare ulteriori amnesie del legislatore, per il quale l’alibi della distrazione risulta ormai ampiamente abusato.