Usciti almeno per ora come Dico-Cus dai portoni del Parlamento, le unioni civili provano a rientrare dalle finestre del Campidoglio. E quale quinta migliore, per chi punta a rimetterle in vetrina, di Roma, la Città Eterna, per far parlare dei famosi registri, che sono all’ordine del giorno dei lavori odierni in consiglio comunale attraverso due delibere? Da parte di alcuni settori massimalisti della maggioranza ricomincia, dunque, il pressing per ottenere il riconoscimento amministrativo delle coppie di fatto.
Proprio ieri, intanto, da Ancona è arrivata la notizia dell’istituzione di un simile elenco da parte della giunta guidata dal diessino Fabio Sturani. Il registro, dopo il via libera del consiglio comunale marchigiano arrivato l’8 gennaio scorso, sarà tenuto dall’Ufficio di Stato civile e vi si potranno iscrivere persone conviventi perché legate da vincoli affettivi o per reciproca assistenza. Senza che questo interferisca con l’anagrafe o lo stato civile.
Nello stesso senso vanno i dispositivi predisposti per il Consiglio comunale romano. Si tratta di due testi prodotti dalla Rosa nel pugno. La prima delibera, la 273, è di iniziativa popolare, con 10mila firme raccolte dai radicali romani. L’altra, che dovrebbe includerla e superarla, nasce invece nelle aule del primo Comune d’Italia e porta come firma iniziale quella del socialista Gianluca Quadrana. E se la prima non punta a prevedere un nuovo status anagrafico, ma un «effetto di pubblicità», come spiega il proponente Massimiliano Iervolino, responsabile dei radicali di Roma, la seconda non coinvolge neppure l’Ufficio di stato civile, ma fissa la tenuta del registro presso la Commissione consigliare ‘Immigrazione, nuovi diritti e multietnicità’. I titolari come per i Dico, sono persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, italiane o straniere, di cui una almeno residente nel Comune di Roma (art. 3-4). Pure in questo caso, come per i Dico, l’unione cessa i suoi effetti in caso di dichiarazione consensuale o individuale motivata (art. 6).
Ma l’iter dei provvedimenti non avrà vita facile. Perché a precederli nell’ordine del giorno odierno ci sono più di venti altre proposte. Ma soprattutto per contrarietà, perplessità e resistenze ben radicate e ben motivate all’interno dello stesso centrosinistra. «Probabilmente non si entrerà neanche nel merito», spiega il consigliere della maggioranza Amedeo Piva che ha già annunciato il suo voto contrario, al quale dovrebbero aggiungersi quelli di altri popolari del Pd, dell’Udeur e forse di altri settori della maggioranza. «Ed è impensabile – prosegue – che su un tema del genere non si dibatta, perché non è marginale. Prima di qualunque decisione, poi, penso che dovrà esserci una puntuale presa di posizione del Sindaco ». Piva, infine, motiva la sua opposizione alle due delibere, oltre che con un disaccordo nel merito, anche per «la loro inconcludenza, la loro insignificanza, perché lanciano dei proclami che non hanno nessuna efficacia, se non quella di fare una dichiarazione politica. Non vedo, infatti, gli esiti concreti. Cosa significa istituire un registro, riconoscere uno stato civile diverso da quello esistente? Non spetta senz’altro al Comune, ma fa parte delle norme nazionali». Un ragionamento che si pone nella stessa linea di quello sviluppato nei giorni scorsi dall’assessore al personale Lucio D’Ubaldo, che ha parlato di «improbabile legittimità» delle delibere «per l’assenza di una precisa legge d’inquadramento delle unioni civili».
Sui fatti anconetani e gli annunci romani interviene anche la senatrice di Forza Italia Laura Bianconi, che ricorda come lo Stato debba tutelare e proporre come modello alle nuove generazioni la famiglia fondata sul matrimoni tra uomo e donna. Poi sottolinea che i registri non corrispondono neppure alle necessità delle coppie di fatto, in grado di «ricorrere agli strumenti che il diritto già riconosce». E cita il caso di Empoli, « dove il registro esiste dal 1993 e vi sono registrate solo 14 coppie».