Giornali e televisioni hanno “disertato” come meglio non si sarebbe potuto fare la “tre giorni” organizzata dai radicali a Bruxelles; peccato: hanno perso una buona occasione. I documenti finali sono, nella loro essenzialità e chiarezza, da soli un “racconto” per chi ha occhi per vedere e non solo per guardare; chi fosse interessato li può trovare, nella loro integralità consultando www.radicali.it. In sintesi: apparentemente si è trattato di una sorta di “adunata dei refrattari” (e anche questo solo sarebbe stato evento straordinario, da registrare, analizzare, “raccontare”); ma se una quantità di “reprobi” si trova e ritrova, e individua un punto in comune che lega una quantità di situazioni tra loro le più disparate, e questo filo si chiama “Satyagraha mondiale per le e la democrazia”, bene: è avvilente il dover constatare che non ci sia un giornale, un commentatore, un editorialista che mostri di accorgersi dell’evento, e ci spenda una riflessione: un contributo foss’anche critico e polemico. Da solo, per esempio, basterebbe citare il messaggio del Venerabile Thich Quang Do, vice leader della Chiesa Buddista Unificata del Vietnam: “Cari amici, vi invio questo messaggio di amicizia e di solidarietà dal Vietnam mentre siete riuniti in occasione del vostro Consiglio Generale nella città di Bruxelles. Ho seguito le iniziative del vostro partito attraverso il mio rappresentante a Parigi, Vo Van Ai, e plaudo agli sforzi che compiete in sostegno a così tante e nobili cause per i tanti popoli oppressi di tutto il mondo. Grazie a voi, la voce delle vittime giunge nei parlamenti in Italia e in Europa, alle Nazioni Unite e altrove. Grazie a voi, le loro cause non vengono dimenticate. Sono profondamente commosso di apprendere che state lanciando una campagna per sostenere me e la Chiesa Buddista Unificata del Vietnam, nella nostra battaglia per ta libertà religiosa, i diritti umani e la democrazia. Il mio paese è molto piccolo e molto lontano da voi e ciononostante voi pensate a noi in questo momento così buio e difficile. Vi ringrazio davvero. E’ in momenti difficili come questi che si riconoscono i veri amici. Ci incoraggia molto sapervi al nostro fianco nella battaglia pacifica per la libertà in Vietnam. Vorrei estendere i miei ringraziamenti particolari a Marco Pannella che è nostro amico da oltre 40 anni. Dalla guerra in Vietnam, negli anni ’60, e per i tre decenni di regime comunista, egli ha fedelmente sostenuto il nostro movimento buddista nonviolento per la libertà e la pace. Signor Pannella, visti i lunghi scioperi della fame che lei intraprende in Italia per tante giuste ragioni, le auguro buona salute e forza, cosicché possa continuare a guidare il suo movimento in queste lotte. Ci lega la ferma convinzione nella nonviolenza e nel potere della solidarietà internazionale. Da Saigon, dove mi trovo agli arresti domiciliari, le mando i miei più sentiti saluti e auguro al vostro Consiglio Generale ogni successo”. Si possono aggiungere un altro paio di ulteriori elementi, a questo messaggio che già dice e contiene tutto, e comunque l’essenziale. Il primo elemento è la proposta – che da oggi è iniziativa politica – del Satyagraha mondiale, guidato dal Palai Lama. Una proposta-iniziativa di grande significato e portata politica; forse perfino i radicali ne devono acquisire pienamente la consapevolezza. Il secondo elemento lo si ricava dal secondo intervento di Marco Pannella quando ha individuato la necessità di riappropriarci del concetto e del valore, della stessa parola “pace” di rivestirla del suo più proprio significato liberale e spezzare quel monopolio “comunista” che fino a oggi lo ha di fatto egemonizzato. E qui si dipana un filo che viene da lontano: da quando, negli anni Sessanta, i radicali si impegnarono nella raccolta di firme per il progetto Hans Thirrings; le prime marce Perugia – Assisi con Aldo Capitini, e già allora il confronto-scontro con gli allora “Partigiani della Pace” filiazione mosco-comunista; le marce antimilitariste prima Milano-Vicenza, poi Trieste-Aviario; le iniziative contro lo sterminio per fame nel mondo, e l’individuazione e la denuncia – tra la generale indifferenza durata anni – di quel che accadeva nella ex Jugoslavia, la Cecenia ora come allora dimenticata, e l’olocausto nella regione dei Grandi Laghi; Israele e la Turchia nell’Unione Europea, la moratoria delle esecuzioni capitali…
E’ una lunga teoria, che ora sfocia e si “riassume” nella iniziativa del Satyagraha mondiale. Si tratta di un progetto e di una proposta politica così ambiziosa che a ben pensarci può atterrire, e farci dire se non si sta peccando di arroganza, nel proporla e indicarla, stante le esigue risorse ed energie umane ed intellettuali. Però a Bruxelles abbiamo visto accorrere tanti vecchi e nuovi amici, ognuno con la sua storia, la sua esperienza, con il suo vissuto; e tutti ci hanno detto: bene, siamo qui, cosa possiamo fare insieme? Ecco: questo avrebbero potuto raccontare giornalisti, commentatori, editorialisti che hanno invece preferito occuparsi delle non-notizie, dei non-commenti, dei non-editoriali in cui invece sono impegnati. A ognuno il suo, si dice. Il “loro”, si consenta, è ben misera cosa.